TECNICO E MOTIVATORE

Tratto, in questo articolo, soprattutto di sport individuali perché gli sport di squadra hanno delle dinamiche complesse che coinvolgono più aspetti.

Trattando di sport individuali io distinguo tre grandi fasce di età sulle quali fare discorsi diversi con riferimento a tecnici e motivatori, che sono figure che anche se possiamo trovare nella stessa persona, sono molto diverse fra loro.

Come sempre premetto che le seguenti opinioni sono squisitamente personali e troverò orde di colleghi a sostenere proprio l’opposto di quanto vado teorizzando. Questa è la mia versione, non ho il verbo, mi permetto il lusso di esprimerla.

Una grande ed importantissima fascia di personaggi dello sport è quella che va da zero a 14 anni circa. E’ una fascia decisamente importante numericamente, diciamo che fanno sport ma potremmo anche dire che giocano ed avete già capito dove voglio arrivare. Fino ai 14 anni per conto mio è importante “tecnicamente” aumentare esclusivamente il bagaglio motorio e pertanto è importante “proprio tecnicamente” non perdere tempo in nessuna specializzazione, perché è tempo perso, gli schemi motori acquisti a quell’età dovranno essere ristrutturati in tempi successivi e non ha tanto senso investire tempo su un qualcosa di provvisorio.

Attenzione che non sto affermando come non sia “necessario” specializzare il ragazzino in tenera età. Mi sto spingendo oltre, non solo non è necessario ma è proprio tempo perso perché questo difficilmente potrà portarsi qualcosa dietro di quella specializzazione.

Cosa che invece ritengo necessaria è la motivazione. Il ragazzino sano gioca istintivamente, è motivato a giocare, se c’è un buon motivatore questo può portare a giocare anche di più, sa dare notevoli stimoli di gioco e sa anche orientare questo gioco verso stimoli nuovi e sempre molto vari.

La mia disamina verso questo categoria di “sportivi” (chiamiamoli già così…) è ben netta. Occorre un buon motivatore che li sappia far giocare e divertire, quanto all’aspetto tecnico specifico in sé per sé ritengo che sia marginale e bisogna stare invece attenti a non essere troppo tempestivi nell’avviare la specializzazione sportiva. In tal senso sono “antisovietico” e non me ne frega niente se con alcuni studi hanno dimostrato che in relazione alla produzione di campioni specializzare precocemente a volte piuò anche avere una sua utilità.

C’è un’altra grande categoria di sportivi (e questi sì sono sportivi a tutto tondo) che dovrebbe essere numericamente importante quasi come la prima ma che purtroppo per problemi sociali coinvolge molta ma molta meno gente. E’ quella che io colloco nella fascia di età compresa fra i 15 ed i 20 anni circa. In quella fascia di età si potenzia la motivazione allo sport anche grazie al lavoro del tecnico e si danno gli imput determinanti per creare una motivazione forte che in tempi successivi non dovrà più aver bisogno di essere alimentata. Con riferimento a questa fascia di età io sono convinto che il tecnico deva essere sia un tecnico che un buon motivatore, perché l’aspetto tecnico diventa imprescindibile per poter ottenere buoni risultati e l’aspetto motivazionale non è ancora radicato del tutto ed in continua evoluzione.

Dai vent’anni in su penso che il tecnico deva essere essenzialmente un buon tecnico, magari simpatico ma anche se non è un buon motivatore temo che non sia più una questione determinante. Mi spingo oltre, se l’atleta è maturo e ben motivato con una motivazione che può essere minata solo da problemi di salute ma nemmeno da problemi di lavoro perché uno il lavoro se lo sceglie in base ai progetti di vita, è lui a motivare il tecnico che può anche avere delle paturnie personali ed essere tentato di mollare tutto. Se il tecnico è un buon tecnico può pure essere l’atleta a motivare il tecnico ed a costringerlo a restare in gioco anche se è demotivato e non ha più voglia di allenare.

Vista così la fascia di età più complessa e difficile da gestire sembra quella compresa fra i 15 ed i 20 anni circa e probabilmente è proprio così, è in quella fase che ci giochiamo una gran parte di soggetti che praticano lo sport che improvvisamente perdono la motivazione e si defilano dallo sport vero per mettersi a praticare chissà quale attività fisica a tempo perso con scarso impegno e giusto per dire che non si sono trasformati in sedentari in un amen.

Ci sono certamente delle insidie anche trattando gli altri gruppi di atleti ed in particolare: chi è solo un buon tecnico ma non un buon motivatore non può seguire gruppi di ragazzini. La sua grande competenza tecnica è sprecata e serve invece che i ragazzini siano ben motivati altrimenti presi fra mille fuochi sono molto tentati ad orientarsi verso altri lidi. Chi è solo un un buon motivatore non ha i numeri per allenare atleti evoluti. L’atleta evoluto è fortemente motivato e non ha bisogno di ulteriori stimoli ma ha bisogno di importanti indicazioni tecniche per affinare una preparazione tecnica che è sempre molto evoluta e complessa.

Tornando sul gruppo di età compresa fra 15 e 20 anni si può formulare la disputa se sia più importante essere buoni motivatori o buoni tecnici un po’ come quando nella preparazione della gara degli 800 metri ci scanniamo a sostenere se siano più importanti le doti di resistenza o quelle di velocità. Occorrono entrambe, non c’è dubbio, ma è evidente che quando privilegiamo le une rischiamo di trascurare le altre.

Personalmente ritengo che in questo tipo di società sia ancora più importante il motivatore rispetto al tecnico ancora oltre i 15 anni non perché i giovani di oggi siano dei grandi bambinoni ma perché ci sono, a livello sociale, un’infinità di stimoli a creare confusione. Se andiamo ad analizzare la tipologia delle cause di abbandono allo sport in questa fascia di età notiamo che la maggior parte degli abbandoni dipendono fa cause motivazionali e non da cause tecniche. Il ragazzo che abbandona la pratica sportiva nell’anno degli esami di maturità vuol dire che è semplicemente poco motivato e non chè è stato seguito male tecnicamente, Non c’è alcun ritardo tecnico insanabile a quell’età, nemmeno il più grave perché se un atleta è sufficientemente motivato alla pratica agonistica ha un gran numero di anni ancora avanti a sé per mettere a punto l’evoluzione tecnica. Addirittura, se è sufficientemente motivato, può anche cambiare tecnico se ritiene che quello con il quale sta collaborando non abbia i numeri per mettersi in sintonia con lui.

Insomma dobbiamo “tecnicamente” analizzare se forse non abbiamo bisogno di essere migliori motivatori e forse non necessariamente tecnici infallibili nell’età della prima vera specializzazione sportiva perché quasi certamente, restando questa la situazione, fra qualche anno più che un atleta poco evoluto tecnicamente avremo a che fare con un “non atleta” e pertanto da un gruppo di cinquanta atleti della categoria cadetti (non difficile da trovare in molte società sportive anche piccole del Bel Paese) ci ritroveremo con un gruppo di si e no una dozzina di atleti della squadra senior. Troppo pochi decisamente partendo dai presupposti di qualche anno prima.

Per certi versi è facile allenare i campioni avendo le nozioni tecniche in possesso per poterli seguire. Altrettanto facile seguire i ragazzini portati al campo sportivo dalla mamma mettendo a frutto le competenze pedagogiche di cui dobbiamo essere in possesso, meno facile formulare il giusto cocktail fra motivazione ed aspetto tecnico con riferimento a quei ragazzi che pur non avendo la necessità di andare all Olimpiadi hanno l’ambizione di ottenere risultati di una certa qualità che è giusto che vengano ottenuti da tutti gli atleti che si impegnano con una certa continuità da ormai 7-8 anni. o più.

Il processo di allenamento è un qualcosa di complesso che coinvolge tecnico ed atleta, come l’atleta continua a mettere in discussione continuamente tutto ciò che fa anche il tecnico deve saper mettere in discussione tutto ciò che propone. La standardizzazione della preparazione secondo i programmi agonistici è una bella cosa per scrivere i libri poi la realtà di campo ci insegna che ogni giorno è un giorno nuovo ed è difficile andare al campo sapendo già prima quale sarà la cosa più opportuna per un certo atleta quel giorno lì. La scelta sarà ispirata da diversi criteri a seconda del tipo di atleta con il quale abbiamo a che fare, Molte volte la scelta tecnica non c’entra nulla con quella che da un punto di vista motivazionale è la più opportuna. E quello è un bel giochino da affrontare di volta in volta.