SE VUOI DIVENTARE UN CAMPIONE NON PUOI SMETTERE DI GIOCARE A 13 ANNI

Non ho nulla da dire sull’eliminazione dell’Italia dai mondiali di calcio. Forse non ci capisco nulla di calcio ma ho visto pure una discreta partita contro la Svezia. Fra l’altro c’è pure stato un bel pubblico che non mi pare nemmeno che si sia perso in menate di cori razzisti o quant’altro. Che l’Italia vada fuori dalla qualificazione dai mondiali dopo 60 anni dimostra che generalmente nel calcio di alto livello ci siamo. Quest’anno non ci siamo e forse la cosa sarà tragica per gli sponsor ma io, da appassionato di atletica, continuo ad avere un’invidia terribile per il settore giovanile che ha il calcio italiano e mi basterebbe che quello dell’atletica fosse anche solo un quarto di quello per potermi dichiarare pienamente soddisfatto anche di quello dell’atletica.

Al limite, se proprio devo muovere una critica a questo splendido settore giovanile, osservo che pure se su numeri di tutt’altro spessore presenta degli andamenti e delle dinamiche che purtroppo sono tipici anche dell’atletica e praticamente di tutti gli altri sport in Italia. In particolare rilevo che se fino ai 13-14 anni il numero dei praticanti è semplicemente fantastico poi, negli anni immediatamente seguenti, va ad assottigliarsi in modo considerevole e si arriva alla fatidica soglia dei 18-20 anni quando bisogna cominciare a fare un po’ sul serio per raccogliere i frutti di quanto si è seminato fino a quel momento, che quel movimento non ha più quei numeri fantastici e oserei dire anche quella qualità fantastica che poteva vantare solo 5-6 anni prima.

E’ un problema di filosofia dello sport che deve essere un po’ cambiata. C’è un sogno alla base che va benissimo ed è giusto che deva continuare ad essere supportato ma che deve essere accompagnato anche da un altro sogno che più che un sogno deve essere un progetto, un impegno per poter portare avanti nel modo migliore possibile quel sogno. Il sogno anche se bellissimo è abbastanza banale ed è quello di poter diventare un campione. Questo sogno è più che sacrosanto ma se non vogliamo che faccia danni deve essere sostenuto da un progetto non troppo complesso che è più o meno questo: “In ogni caso, che riesca a diventare un campione o meno voglio continuare a giocare almeno fino a 18-20 anni per capire a che livelli posso arrivare in questo sport che mi piace tanto”. Questo ragionamento lo fanno in pochi, troppo pochi e quei troppo pochi non sono per nulla sostenuti in questo bel ragionamento anzi ben prima, a 14-15 anni si comincia a dirgli “Beh, adesso con lo sport tenta di darti una regolata perché ormai si è già capito che un campione non lo diventi più…” E questa è un’autentica mazzata su un atleta che a quel punto invece avrebbe bisogno di nuovi stimoli perché dovrebbe già cominciare ad incrementare il numero degli allenamenti in vista di un’autentica possibile specializzazione che potrebbe avvenire poco più tardi. Praticamente di tre livelli di impegno agonistico dove almeno i primi due sono praticamente del tutto auspicabili anche per la salute del ragazzo ci si ferma quasi sempre al primo. Il primo livello è quello del gioco infantile supportato dal disincanto e dall’alimentazione del sogno, il secondo è quello della concretizzazione nell’impegno sportivo di una passione che è cominciata da piccoli, il terzo è quello della resa dei conti nello scontro con i protagonisti di vertice dello sport che si pratica. L’ambizione di fare sul serio nello sport del quale si è appassionati deve essere di tutti, quella di riuscire ad entrare nell’alto livello della disciplina purtroppo non può essere per tutti ma, a quel punto, quando uno si è impegnato per quasi una decina di anni può certamente offrire un rendimento più che decoroso per trovare spazio nello sport dilettantistico evoluto più che in quello riservato ai neofiti.

Tanto per dare i numeri, altrimenti non ci capiamo, il ragazzino può anche allenarsi solo due volte la settimana anche se poi con gli amici sarebbe bene che ci giocasse tutti i giorni come si faceva una volta. L’adolescente deve cominciare ad allenarsi almeno tre o quattro volte alla settimana perché non è che quando non si allena vada a giocare per strada ed il diciottenne dovrebbe allenarsi praticamente tutti i giorni perché non è che abbia molti anni a disposizione per vedere cosa può combinare nel suo sport preferito.

Questa è la cultura dello sport. Se non si trova il tempo per farcela stare vuol dire che non abbiamo una cultura dello sport, forse avremo una cultura della televisione, della cucina, dell’automobile a diciotto anni o di chissà che cosa ma non dello sport. Il calcio è lo sport nazionale basta vedere i campi di periferia al sabato pomeriggio per capirlo, che poi noi abbiamo l’abitudine di pensare che lo sport vada progressivamente mollato già dai 13 anni quella non è certamente colpa del calcio ma di modelli culturali che con il calcio c’entrano ben poco.