PSICOLOGIA DELL’ULTIMO

In una competizione c’è sempre un primo e un ultimo. Il primo vince premi, è osannato, ha gli onori della cronaca ed è indubbiamente in una situazione di privilegio. L’ultimo molto spesso è ignorato e non si capisce se questo essere ignorati sia una mitigazione o un peggioramento dell’onta di essere ultimo. In realtà l’ultimo dovrebbe ricevere un applauso ancora più caloroso di quello riservato al primo classificato perché, per certi versi, è più facile arrivare primi che ultimi.

Nelle gare di atletica il pubblico capisce questa cosa e talvolta accade che l’ultimo “subisca” un applauso ancora più caloroso di quello che riceve il primo classificato. Potrebbe sembrare la comprensione del vero sport ma poi succede che, per esempio, nelle gare degli amatori (i cosiddetti “master”) fra colleghi ci si dica “Dai che oggi prendi l’applauso…” battuta alla quale inevitabilmente si risponde: “Se anche arrivo ultimo spero di non prendere un distacco tale da far partire l’applauso…”

Ricordo uno degli applausi più fragorosi che abbia mai sentito in una manifestazione di atletica, ero a Padova molti anni fa, si stava correndo la gara dei 3000 metri siepi dei campionati di società e l’ultimo classificato dei 3000 siepi prese un distacco non indifferente dal penultimo. Pian piano dalla tribuna piuttosto capiente ed affollata dello stadio Arcella partì un applauso prima sommesso poi sempre più chiaro, forte e netto che coinvolse tutta la tribuna, cosa piuttosto insolita questa a margine di una manifestazione dei campionati di società dove più o meno l’attenzione non è mai concentrata su un’unica gara ma distribuita su più punti d’attenzione che coinvolgono gli spettatori interessati a gare diverse.

L’ultimo per la competizione è necessario, se non c’è l’ultimo non c’è nemmeno il primo perché a far fuori sempre l’ultimo (come talvolta accade se non c’è vera cultura dello sport) si arriva alla fine che il primo è solo e dunque diventa automaticamente anche l’ultimo.

Grazie (o per colpa) a Internet siamo arrivati alla situazione che talvolta l’ultimo (o il “potenziale” ultimo) non si fa nemmeno vedere alla gara perché consultando su Internet la lista dei partenti capisce che l’onta dell’ultimo posto è in agguato e pertanto pensa bene di disertare la gara un po’ come a scuola quando non essendo molto preparati il giorno del compito in classe si pensa di non andare a scuola.

A scuola più ancora che nello sport (ma ormai la scuola è ancora più competitiva dello sport) si percepisce bene il ruolo dell’ultimo o meglio ancora degli ultimi. I peggiori della classe sono quelli che rendono la classe vivibile e se questi sono abbastanza ed effettivamente uno scalino sotto agli altri rendono la vita degli altri meno difficile. Se l’ultimo non è ben identificato rende gli altri quasi tutti potenziali ultimi e pertanto questa cosa gioca un effetto al rialzo dove la classe rischia di diventare una classe di tutti secchioni per sfuggire dall’incubo di essere i peggiori un po’come in quelle gare ad eliminazione nel ciclismo su pista dove l’ultimo è costantemente eliminato e se quest’ultimo è discretamente performante costringe tutti gli altri a tenere un ritmo decisamente elevato e stressante.

Insomma in più ambiti, non solo nello sport, l’ultimo è il servo di tutti come scritto nel vangelo.

In ogni caso l’ultimo è un protagonista se non altro perché è uno degli estremi del gruppo e, per certi versi si può dire che, a parte il primo, nemmeno il secondo classificato può godere della visibilità dell’ultimo classificato. In una curva Gaussiana che rappresenta la popolazione totale sono ben distinguibili sia il primo che l’ultimo, potrebbe essere significativo anche il personaggio che sta perfettamente al centro del gruppo se non fosse che è in mezzo ad una moltitudine di personaggi che hanno un comportamento molto simile al suo e lo rendono difficilmente distinguibile. Ci sono pochi soggetti paragonabili al primo ed all’ultimo nel senso che il secondo ed il penultimo lo possono essere ma sono comunque facilmente distinguibili mentre non altrettanto si può dire di molti soggetti che stanno nel mezzo dei quali di molti si può dire che stanno al centro quando in realtà perfettamente al centro ce n’è solo uno oppure al massimo un paio se trattiamo una popolazione di numero pari.

Tutto sommato l’ultimo nello sport, anche se talvolta ignorato, ha vita meno difficile dell’ultimo in tanti altri campi, in ogni caso rientra in classifica ed ha diritto ad un trattamento simile a quello di tutti gli altri classificati, cosa che non accade sempre nella vita civile, anche senza enfatizzare come nello splendido applauso di Padova probabilmente lo sport può insegnare a trattare gli ultimi con il necessario rispetto ed in quel senso si può ipotizzare anche di essere ultimi senza nessun disagio.