PERCHE’ “USO” L’EMPIRISMO COME PRINCIPIO PER I MIEI CONSIGLI

Qualcuno potrà pensare che sia un empirista convinto. Più che altro, invece, sono un convinto detrattore del metodo cartesiano e del metodo scientifico in genere che ritengo troppo inflazionato ai giorni nostri, perseguito perfino per farsi gli spaghetti al pomodoro.

“Uso” il metodo empirico per necessità ed il verbo “usare” in questo caso va virgolettato perché dovrei scrivere che, più che altro, “approfitto” del metodo empirico. Il metodo empirico permette di ritenere come percorribile una strada che parta da molte incertezze salva l’opportunità di andare a validarla con l’esperienza in tempi successivi. E’ ciò che con un gioco di parole un po’ strano io continuo a proporre qui sopra. Se mi fermassi ai dettati del metodo cartesiano, alla razionalità del metodo scientifico, questo sito non potrebbe esistere, dovrei solo scrivervi: “Iscrivetevi in una palestra, cercate un tecnico, interrogatelo e cominciate a muovervi…”. E’ il messaggio che viene lanciato comunemente ai giorni nostri in tema di attività motoria, più o meno verso i soggetti di tutte le età, ci manca solo che venga lanciato anche con riferimento al gioco dei bambini (ma ci siamo quasi arrivati…) così poi abbiamo la scusa per bloccare anche quelli. E’ un messaggio deleterio, non al passo con i tempi, che ignora la realtà attuale e serve solo il mercato che lo spinge in modo irrazionale e assurdo. La razionalità del metodo cartesiano è sostenuta in modo del tutto irrazionale, questo è il paradosso. Come io mi servo del metodo empirico per suggerire a tutti i sedentari di muoversi con urgenza, di affrontare oggi, anzi adesso, in questo momento, il loro grave problema di sedentarietà senza aspettare la benedizione eterna di nessuno, il mercato si serve del metodo cartesiano per pubblicizzare la scienza del movimento che si “acquista” in ben precisi punti vendita e senza la quale non puoi muoverti perché fai solo danni.

Ciò che mi da più fastidio è che si è travestito questo squallido gioco commerciale da presunta professionalità, dicendo che solo chi consulta un esperto del movimento può rendere un servizio al suo corpo muovendosi altrimenti va solo a caccia di guai e non è certamente sensato muoversi senza la supervisione di un tecnico.

Abbiamo barattato la necessità assoluta ed urgente di circa 20 milioni di italiani (non pochi, circa un  terzo della popolazione) con l’opportunità di coccolare un numero ben inferiore ci cittadini che possono permettersi il lusso (o lo fanno anche senza potersi permettere quel lusso…) di beneficiare di una costosa assistenza tecnica sull’attività motoria che nove volte su dieci viene richiesta fondamentalmente per buttare giù la pancia. Del resto muovono molti più capitali un paio di milioni di soggetti benestanti o comunque disposti a spendere soldi che non venti milioni di personaggi squattrinati che il problema non se lo pongono  nemmeno perché non hanno il becco di un quattrino da destinare ad un presunto istruttore o tecnico del movimento.

E così il concetto che ci si muove solo se si ha l’assistenza tecnica per farlo dilaga. Si prendono le medicine senza consultare il medico perché se ne vede la pubblicità per televisione (ed anche lì è una questione di squallido business, questa volta delle case farmaceutiche e che dovrebbe essere vietato per legge) ma non ci si prova a muovere senza aver consultato un tecnico altrimenti si ha paura di fare disastri.

Quando scrivo così mi dicono che denigro la categoria ed invece è proprio perché ho un profondo rispetto per la mia professione che voglio che faccia un passo avanti a livello culturale.

La mancanza di movimento è un’emergenza sanitaria planetaria, non solo in italiana, in Italia è particolarmente sentita ed è per questo che come insegnanti di educazione fisica dovremmo sentirci tutti chiamati in causa io dico pure chi coltiva l’orticello della scuola come insegnante assunto a scuola perché in ambito scolastico la situazione non è che vada molto meglio ed anzi quell’ambiente è un’ottima cartina al tornasole di tutto un sistema che coinvolge i cittadini di tutte le età, studenti e non.

L’insegnante di scuola non può fare il secondo lavoro d’accordo, ma in quanto insegnante di una materia che ha a che fare con la salute è tenuto ad osservare il ragazzo in un ottica ampia, per come la vedo io vi dico pure che dovrebbe essere anche quell’insegnante che si fa carico di risolvere l’annoso problema degli zaini pesanti che è un problema che non può essere certamente risolto dall’insegnante di inglese o di italiano. Chi ravvisa il problema è proprio l’insegnante di educazione fisica perché il ragazzo non riesce normalmente ad arrivare a scuola a piedi o in bicicletta anche per colpa dello stramaledetto peso dello zaino strapieno, a quel punto è fondamentale il rispetto della legge (esiste, è fatta bene e prevede zaini decisamente sopportabili…) che consentirebbe a tutti gli studenti italiani di andare a scuola a piedi o in bicicletta e comunque con un fardello normalmente trasportabile e non come se si stesse facendo un trasloco tutti i giorni ed in questo senso la supervisione può diventare del dirigente scolastico dove i destinatari finali dell’intervento organizzativo sono evidentemente anche l’insegnante di italiano, di inglese, di matematica etc, ma dove l’iniziativa non può certamente partire da loro.

Se questa è l’ottica di un insegnante che insegna a scuola ci vuole poco a dire che l’ottica di un insegnante che insegna agli adulti va decisamente oltre quello che questi fanno in palestra due o tre volte la settimana.

Qui la vera professionalità si gioca su due livelli: il più immediato, quello che non occorre molto per affrontare e sono convinto che molti miei colleghi abbiano già affrontato, è quello di inquadrare l’intera attività motoria del soggetto con il quale abbiamo a che fare. Non me ne frega niente che esegui molto bene i movimenti che ti propongo quando sei in palestra da me due o tre volte la settimana se nelle restanti 165 ore della settimana sei costantemente in macchina, in ufficio o davanti alla televisione. A quel punto le tre ore di palestra, comunque utili, restano in ogni caso insufficienti per garantirti la salute ed è opportuno studiare le strategie necessarie per aumentare la quota di movimento settimanale che deve aumentare non necessariamente aumentando le ore in palestra. E’ qui che l’insegnante gioca la sua professionalità e se ha paura di perdere il cliente perché diventa troppo invadente o gli offre gli strumenti per fare a meno della palestra allora non ha capito niente perché il secondo aspetto della professionalità, collegato con questo, è che potenzialmente noi abbiamo a che fare almeno con venti milioni di italiani che hanno problemi di sedentarietà e questo è il problema grosso della questione. Il discorso è anche e soprattutto politico perché la maggior parte di questi sono assolutamente squattrinati e non possono giungere a noi secondo i canali convenzionali. Qui ci giochiamo davvero la nostra professionalità come categoria, una potenziale equiparazione alla categoria medica perché questa è la realtà del momento, perché il problema della sedentarietà è un problema di ordine medico che affligge soprattutto il ceto basso della popolazione e che può essere affrontato in modo organico e vincente solo dalla categoria degli insegnanti di educazione fisica che studiano queste cose.

Vedete che alla fine sono cartesiano anch’io, ammetto che occorre un approccio scientifico alla piaga della sedentarietà ma questo appoggio non può fondarsi sul postulato che chi ha bisogno di muoversi deve affidarsi ad un professionista del movimento bensì, al contrario, che la categoria dei professionisti del movimento deve trovare gli strumenti sociali e politici per intercettare la categoria dei sedentari che ha decisamente bisogno di noi. Se stiamo dietro solo al panzone che ha tanti soldi da spendere e lo coccoliamo come se il problema fosse solo lui allora non abbiamo capito niente. Qui il problema è sociale e di vastissima portata, non è di una singola elite di benestanti, si fa a fatica a capire perché ma una panza spropositata se la trovano anche quelli che non hanno nemmeno i soldi per comprarsi da mangiare.

Allora arrivo al mio anatema, quello che mi fa meritare l’etichetta di pressapochista e che da vita al mio motto: “Muovetevi in qualsiasi modo ma muovetevi, quando comincerete a capire che errori fate, siete a buon punto, non prendete assolutamente la scusa che state facendo qualche errore per smettere di muovervi e accettate la cosa come un ottimo primo segnale di consapevolezza, se avrete la fortuna e la possibilità di farvi aiutare da chi ci capisce più di voi di movimento bene, tanto meglio, se invece non ci riuscirete sarete comunque in una posizione molto privilegiata rispetto a chi non avendo soldi per andare in una palestra continua ad ammazzarsi di televisione e non capisce che esiste un’ alternativa alla sedentarietà anche senza consigli di nessuno”.

Non abbiamo bisogno di convincere i benestanti che siamo i migliori professionisti del movimento esistenti sulla terra, dobbiamo convincere tutti i sedentari che hanno un bisogno infinito di muoversi e siccome questi molto spesso sono completamente al verde dobbiamo studiare le strategie sociali per poter diffondere il movimento anche a loro. Altro che marketing e business, solo perfetta consapevolezza della realtà, che ha bisogno anche di un sano empirismo per poter essere affrontata in questa situazione di emergenza. I movimenti sbagliati non esistono, i movimenti sbagliati sono solo quelli che non facciamo perché abbiamo paura di sbagliare e ci lasciano cronicamente in balia della sedentarietà e comunque fra un movimento sbagliato (se può esistere un movimento “sbagliato”) ed un “non movimento” è sempre per meglio il primo perché offrire delle opportunità di miglioramento che il secondo non può offrire. Muovetevi, in modo empirico o in modo razionale ma muovetevi…