ORGOGLIOSO DI ESSERE “QUELLO DEI 30 ALL’ORA”

Ho assistito ad un convegno via web sulla mobilità urbana stamattina ed ho capito che se avrò la fortuna di diventare davvero vecchio (vecchio lo sono già ma non proprio “davvero”) ai miei nipotini potrò raccontare di una strana scena in un tranquillo consiglio di circoscrizione di inizio millennio.

Andai con il preciso scopo di difendere la “Zona 30” del mio quartiere attaccata da un gruppo di cittadini stufi di prendere la multa ai 38 Km/h (la polizia municipale non si era resa conto che, almeno all’inizio, nelle zone 30 bisogna essere un po’ elastici per non creare troppi malumori in certe fasce di popolazione più refrattarie ai cambiamenti). Ad un certo punto feci una battuta che non mi resi conto che doveva entrare nella storia della mobilità urbana. Al politico che con molta saccenteria difendendo l’anacronistica pretesa del limite dei 50 chilometri all’ora anche nel mio quartiere disse “Allora, se ben guardassimo, tutta la città dovrebbe essere messa ai 30 chilometri all’ora” risposi con un disorientante “Sì”. Quel “Sì” mi fece appioppare subito l’etichetta di pazzo scatenato che non si rendeva nemmeno conto di cosa diceva e adesso, invece, alla luce degli sviluppi recenti, mi tocca dire che ero semplicemente un profeta. Le città vanno messe interamente ai 30 chilometri all’ora, non ci sono banane. Se vogliamo davvero privilegiare la mobilità ciclabile nei fatti, e non solo a parole, non è necessario costruire chilometri e chilometri di piste ciclabili ma è già sufficiente mettere il limite dei 30 chilometri all’ora in tutte le strade dove non c’è la pista ciclabile. Ai 30 chilometri all’ora qualsiasi strada diventa automaticamente una pista ciclabile e occorre solo che gli automobilisti si rendano conto che in quella strada ci vanno anche le biciclette ed hanno pure la precedenza perché non hanno una pista per loro.

Per cui aveva ragione l’altro pazzo, più pazzo di me, svizzero produttore di bici elettriche che anni prima della mia uscita profetica sosteneva che non c’è bisogno di piste ciclabili in quanto tutte le strade sono delle piste ciclabili e definirle tali o meno è semplicemente una scelta politica.

Se la scelta politica è di privilegiare la bicicletta semmai si tratterà di costruire le strade per le auto, laddove effettivamente necessarie. L’urgenza delle piste ciclabili non esiste perché con una semplice norma del codice della strada tutte le strade diventano piste ciclabili, dall’oggi al domani.

Quando ancora oggi mi batto per cose che sembrano futuribili, quali la casetta avanzata per le biciclette non faccio che ribadire il concetto del limite dei 30 all’ora in tutti i centri abitati. In effetti se ci abituiamo all’idea che la bici ha la precedenza sull’auto e non viceversa allora la casetta avanzata non è più nemmeno necessaria perché normalmente ai semafori ci saranno davanti le bici e le automobili, riservate essenzialmente ad anziani e disabili, dovranno regolarmente mettersi in coda ed usare molta prudenza per non intralciare il traffico dei ciclisti.

Qualcuno ravvisa che tale atteggiamento è discriminatorio nei confronti di anziani e disabili che, non potendo andare a piedi o usare la bicicletta si trovano ingabbiati in un mezzo troppo lento e penalizzato rispetto agli altri. A chi osserva ciò rispondo che con i regolamenti attuali si tende ad essere molto severi nei confronti di anziani e disabili perché ritenuti potenzialmente pericolosi in un traffico che deve fluire agile e scorrevole dettato dai ritmi dei giovani ben pronti alla guida. Un nuovo uso dell’auto prevede che soprattutto in città questa sia essenzialmente riservata ad anziani e disabili che come tali possono avere anche tempi di reazione un po’ alterati e, proprio per questo l’uso dell’auto in città deve essere regolamentato in modo molto severo a scopo precauzionale con limiti decisamente prudenziali. Il ciclista deve fare sempre molta attenzione all’automobilista che può anche sbagliare ma è evidente che l’automobilista non può compiere l’errore clamoroso di percorrere le vie ciclabili a velocità che non sono idonee alla convivenza con la bicicletta.

E’ chiaramente un nuovo modo di intendere l’utilizzazione dell’auto che fino ad ora è stato ritenuto il mezzo per tutti. Aver il coraggio di dichiarare che ormai non è più così perché nuove emergenze ambientali hanno fatto cambiare la situazione è la prima cosa da fare per  non prendersi in giro. A quel punto non saremo più a protestare perché le corsie ciclabili sono troppo strette o mancano i raccordi fra i vari pezzi di pista ciclabile.

E’ chiaro che certe comodità di automobilisti incalliti ci saranno precluse ma ormai siamo a scegliere fra la comodità e la salute.

E allora la risposta alla fatidica insinuazione “A ben guardare tutta la città sarebbe da mettere ai 30 all’ora” è proprio un perentorio ed ormai non più profetico “Sì”.