L’INSEGNANTE DEVE ESSERE DIVERTENTE

E’ questa l’affermazione con la quale mi attiro le ire dei miei colleghi perché la maggior parte di essi affermano che l’importante è che l’insegnante sappia insegnare poi se è anche divertente quella è un’opzione ma non certo fondamentale.

In effetti il nome è insegnante e non “comico” ed istintivamente si potrebbe pensare che per chi si chiama insegnante l’importante sia saper insegnare.

C’è un problema, che, soprattutto trattando di giovani, pur senza farli ridere a crepapelle come potrebbe fare un comico, se non riesci anche a farli almeno divertire un po’ e sei noioso hai pochissime possibilità di riuscire ad insegnarli qualcosa. Insomma se si divertono forse qualcosa apprendono e ritengono, se non si divertono non ci sono proprio speranze, fanno il compitino per passare la verifica e prendere il bel volto ma non imparano un bel niente e soprattutto non prendono entusiasmo per ciò che hanno studiato senza sentire nessuna esigenza di approfondire in tempi successivi. Uno studente che ha voglia di approfondire un certo argomento dopo che su quell’argomento ha passato la verifica viene visto come un mezzo psicopatico, non come uno studente normale anche perché lo studente normale non ha assolutamente tempo da perdere sugli argomenti sui quali ha già passato le verifiche perché nuove verifiche incombono a ritmo incalzante.

Allora la scuola italiana è vista un po’ come quel luogo dove per i primi cinque anni effettivamente studi e riesci pure a divertirti. Poi ti diverti un po’ meno e più che studiare inizi a ripetere le cose, ancora più avanti ti ingolfi alla grande di informazioni e all’università sei talmente meccanico nello studio che quando ne esci sei pure pronto per andare ad alimentare questo tipo di scuola così com’è senza cambiarla in nulla.

Sul campo sportivo dobbiamo tentare di essere un po’ meno dogmatici altrimenti perdiamo i ragazzi ed è ciò che succede ancora perché, mentre a scuola ti danno la patente, al campo sportivo non ti danno nessuna patente e se sei in quella ristretta elite di personaggi che potranno fare dello sport il loro mestiere hai un motivo più che valido per insistere anche a 18-20-22 e pure 25 anni, altrimenti dopo i 18 anni con tutti gli impegni che ci sono cosa stai lì ad allenarti tutti i giorni che tanto se non sei un campione non hai incentivi di alcun tipo.

L’obiettivo principale non deve essere portare questi ragazzi a risultati molto significativi nello sport per potergli dare motivi per resistere anche dopo la maggior età, l’obiettivo deve essere insegnare loro a divertirsi con lo sport e pertanto ad amarlo così com’è anche se non produce risultati e vantaggi sociali di alcun tipo altrimenti cadiamo nello stesso errore della scuola che insiste in una competizione perenne a suon di verifiche, valutazioni, promozioni e diplomi e tutto quanto è vero apprendimento e passione per lo studio viene soffocato da questi obiettivi che più che obiettivi dovrebbero essere strumenti per imparare meglio ed invece si rivelano terribili freni all’apprendimento.

L’atleta che si diverte non ha bisogno di bruciare le tappe, non ha bisogno di affrettare la preparazione per raggiungere stramaledetti risultati che sono tappe imprescindibili per poter percorrere una carriera di buon livello. Se ha i numeri per emergere emerge anche dopo i 20 anni e trova il tempo per allenarsi come deve allenarsi un ventenne che pratica davvero sport anche se fino a quel momento non ha mai ottenuto risultati particolarmente significativi. Per assurdo inizia a fare sul serio proprio quando i suoi coetanei più performanti sono già spariti dalla scena perché dopo un inizio scoppiettante sono arenati nell’impossibilità di risultati ritenuti mediocri per lo sport di alto livello. Ed è questa la tragedia dell’attuale strutturazione dello sport: mentre un ragazzino che salta 2 metri nel salto in alto viene caricato come una molla perché si spera che qualche anno più tardi faccia chissà che cosa, uno che a 20 anni salta due metri e dieci viene quasi ignorato perché si pensa che sia troppo tardi per portarlo a risultati veramente di vertice. Insomma è più importante salare 2 metri a sedici anni che due metri e dieci a vent’anni. Non conta il punto di arrivo conta che sia sempre ben presente la possibilità di tirare fuori il campione.

E’ chiaro che l’insegnante per insegnare bene deve essere preparato ma se non riesce a trasmettere entusiasmo e a divertire non ha alcuna possibilità di trasferire con successo il suo insegnamento.

Una buona scuola è quella che da voglia di studiare per tutta la vita, anche quando gli studi sono terminati, uno sport divertente è quello al quale non rinunci più anche quando hai capito che il record del mondo non lo farai mai, anche quando minacciano di licenziarti se non ti pieghi ai ritmi di lavoro della società tritatutto. Lo sport vero è il miglior antidoto contro la società tritatutto perché la mina nei suoi tratti fondanti. Il diritto allo sport è il diritto alla vita e ad essere rispettati anche se non si vince un bel nulla.