CONFRONTO CAMMINO LENTO – CAMMINO VELOCE: ILLAZIONI

Premetto che le seguenti considerazioni sono da ritenersi del tutto personali. Torno a ripetere come la scienza del movimento non sia una scienza esatta. Tuttavia si costruiscono dei “miti” che se uno tenta di smontare rischia di essere scomunicato. In questa mia dissertazione  potrei essere violentemente criticato, peggio, potrebbero volermi togliere il mio “vintage” diploma ISEF. In realtà ai tempi del diploma ISEF non esisteva ancora il mito del “cammino veloce” e, pertanto, posso anche affermare che, da buon “vecchio” diplomato ISEF sono poco sensibile a questo mito.

Anche per prudenza tento di sostenere il cammino lento più che smontare il cammino veloce. Purtuttavia non posso esimermi dal rilevare come, quando mi viene posta la questione, io sia sempre titubante e riflessivo e mai nettamente favorevole al cammino veloce come la maggior parte dei miei colleghi “giovani”.

Intanto la puntualizzazione sulle ricerche scientifiche. Le ricerche scientifiche sono ben chiare e poco contestabili su ciò che riguarda il confronto fra sedentarietà ed attività motoria. Lì il dibattito non si pone nemmeno, la letteratura pullula di lavori che dimostrano in modo incontrovertibile l’efficacia del movimento per la salute. Non ci sono dubbi: muoversi fa bene, non muoversi è pericoloso per la salute. Chi afferma il contrario, a mio parere, va davvero scomunicato.

Il dettaglio diventa più cavilloso quando andiamo ad analizzare lavori scientifici sul confronto fra cammino lento e cammino veloce. Intanto bisogna definire bene i termini. Per cammino veloce io definisco un’andatura di cammino che crea un po’ di disagio e necessita di una certa concentrazione oltreché di un certo impegno fisico per essere mantenuta. E’ un’andatura che, per esempio, crea qualche problema alla conversazione e può portare ad una respirazione un po’ alterata rispetto a quella necessaria per il cammino normale. Manco a  dirlo anche la frequenza cardiaca cresce sensibilmente e, pur non essendo pericolosa nemmeno per la maggior parte dei cardiopatici, è comunque una frequenza cardiaca significativamente alterata rispetto a quella delle principali attività quotidiane.

Alcuni lavori scientifici hanno dimostrato come questo tipo di attività sia molto più utile rispetto ad un’attività di cammino normale o lento.

Domanda: “Per chi?” E’ il solito discorso dell’interlocutore in carne ed ossa. Conosco persone che fanno fatica a camminare a 4 chilometri all’ora ed ai 5 chilometri all’ora sono già in affanno.

Oltre che per chi vorrei dire anche “Per che cosa? Qual’è l’obiettivo?”. Parlando di cardiopatici giovani ci sono dei cardiopatici ai quali può essere consigliata addirittura la corsa per riacquistare la miglior efficienza cardiaca. Ma se parliamo di persone molto anziane, già scendere dal letto è “riabilitazione cardiologica”.

Ma non c’è solo il cuore. In un concetto di salute generale troppo spesso ci dimentichiamo il concetto di salute psichica che nelle nostre città dominate dallo stress non è un argomento da poco. Non penso di scontrarmi con la categoria degli psicologi se affermo che dal punto di vista della serenità una bella camminata senza i minuti contati, in un ambiente naturale, al ritmo che proprio viene più spontaneo fare e magari anche chiacchierando con qualche persona con la quale è piacevole chiacchierare è la cosa più bella che ci sia.

Un noto cuoco veronese, intervistato a fine conferenza su cosa potesse essere un buon digestivo, rispose categorico: “Il miglior digestivo che ci sia è una bella camminatina” Non alludeva certamente al cammino veloce, che, se è davvero veloce, la digestione può pure ostacolarla.

Insomma prima di affermare senza mezzi termini che il cammino veloce è sempre meglio del cammino lento io soppeserei bene la questione.
Sempre con riferimento alla psicologia di questa attività io affermo che il cammino lento ha certamente più capacità di reclutamento nei confronti dei sedentari cronici. Al vero sedentario cronico è pressoché impossibile proporre l’avvicinamento traumatico al cammino veloce. E’ come mettere un neopatentato su una macchina di Formula 1. Il sedentario cronico ha terribilmente paura della fatica ed è inutile che ci diciamo bugie: camminare velocemente è molto più faticoso che camminare lentamente.

Il problema della fatica informa un’altra questione. Con riferimento ai sedentari il più grosso problema iniziale è riuscire ad approdare gradualmente a quelle quantità di movimento sufficienti a creare dei discreti adattamenti. Premesso che ogni intensità ha una sua efficacia, certe quantità minime di movimento devono essere raggiunte possibilmente in tempi non biblici. Certamente produrre una camminata veloce comporta una diminuzione significativa dell’autonomia e, tanto per dare i numeri, all’inizio è certamente meglio mezz’ora di cammino lento piuttosto di un  quarto d’ora di cammino veloce. Queste sono le disponibilità in termini di autonomia di chi è davvero disabituato al cammino ed, in questi termini,  non si può certamente dare la precedenza alla velocità.

Il discorso della velocità può più facilmente e giustamente riguardare chi ha già una certa dimestichezza con le camminate di una certa durata e, anche per problemi logistici ed organizzativi, deve razionalizzare il suo tempo dedicato al movimento. Ecco che un’ora di cammino a buon ritmo può tornare ad essere uno stimolo interessante per chi magari era già arrivato a camminare più di un’ora tutti i giorni. Non potendo, per mancanza di tempo, insistere sulla durata, ci si concentra sull’intensità per offrire ugualmente al proprio organismo stimoli significativi. Stiamo parlando di camminatori evoluti che per lo stesso motivo potrebbero fare un pensierino anche alla corsa.

Dunque non solo non condanno il cammino veloce, ma per certi soggetti suggerisco anche prudenti tentativi con la corsa, anche se non ci hanno mai pensato. Tuttavia resto un grosso sostenitore del cammino lento, che, per altri soggetti, è proprio la soluzione migliore.