CHI SI FERMA E’ PERDUTO

Dal modo nel quale tratto l’argomento “Pasquetta – gita fuori porta” spesso mi dicono che ho sbagliato paese nel quale nascere, non sono italiano.

In effetti l’argomento delle gite “fuori porta” è quello nel quale mi sento più in contrasto con le abitudini degli italiani.

Parto dalla cosa che ritengo più ipocrita e che non  mi va giù. Quella di considerare la presenza dei nonni in famiglia particolarmente importante in questi giorni se non solo in questi giorni. Qui faccio addirittura una critica ai nonni italiani che ritengo più o meno tutti in odore di santità e dovrebbero appunto approfittare di queste circostanze per far capire le loro esigenze. I nonni italiani, che sono molto spesso trascurati se non addirittura “sfruttati”, a “Pasquetta” diventano i protagonisti. E’ come se gli si dicesse: “Tu non rompere le scatole tutto il resto dell’anno che tanto Pasquetta è tua…”. Ed invece dovrebbero essere proprio loro a dire al resto della famiglia: “Sentite è inutile che stiamo assieme dieci ore a Pasquetta che dopo si e no che ci vediamo per dieci ore in totale tutto il resto dell’anno, quelle dieci ore lì tentiamo di spalmarle in modo razionale.”.

I nonni diventano protagonisti a Pasquetta perché è la vera scusa per mettere in atto quella tragedia tipicamente italiana che è il “pic nic”. Il pic nic, che è una delle cose più sedentarie che ci sia, viene organizzato perché i nonni “non possono camminare tanto” ed è la scusa per fare i sedentari anche a Pasquetta. La Pasquetta italiana così è a base di Station Wagon, tavolini per il pic nic, cibo in quantità industriale, pallone per i bambini che non si sognino di rompere le scatole alla gente che sta seduta per ore ed ore a mangiare a tavola.

Dovrebbe essere una festa nella quale si va a camminare e ci si porta via un panino da mangiare al sacco. L’acqua, se cammini, in un paese civile la trovi per strada, se invece è il paese del pic nic non la trovi perché vogliono che ti fermi a comprarla da qualche parte.

Stavolta partiamo dal pallone dei bambini trattando di movimento. I bambini a pallone (o a pallavolo) ci dovrebbero giocare tutti i giorni e non solo a Pasquetta tanto per non rompere le scatole agli adulti che mangiano. Passiamo poi un po’ agli adulti. Ogni tanto ce n’è qualcuno che rischia di lasciarci le penne perché stufo di stare a tavola, dopo tre ore si decide a mettersi in campo per vedere se sa ancora calciare la palla come l’anno prima. Perché anche lì, la palla non devi provare a calciarla solo a Pasquetta ma devi provarci, non dico tutti i giorni, ma almeno una o due volte alla settimana se ti piace tanto la palla come alla maggior parte degli italiani. Invece gli italiani sono quei soggetti che amano tanto il calcio ma, generalmente, lo mollano a sedici anni, dopo di che un numero troppo ristretto di lungimiranti continuano a praticarlo in qualche modo anche se non in forma istituzionale e la maggior parte si mette a giocarlo una volta all’anno, a Pasquetta appunto. Se guardassero la loro squadra del cuore solo una volta all’anno a Pasquetta si renderebbero conto che il loro cuore ha bisogno di ben altro.

L’ideale sarebbe un qualcos’altro, via i palloni (puoi usarli tutti gli altri giorni) via le Station Wagon (la usi già tutti i santi giorni), i nonni se li vai a trovare quando ce n’è bisogno, e non solo nelle feste, a Pasquetta puoi lasciarli anche fra loro e non si arrabbiano certamente, a quel punto la Pasquetta diventa un giorno per camminare e non per mangiare.

Purtroppo, con il nostro stile, dopo due tre chilometri ci sarebbe già qualcuno pronto a dire: “Quando ci fermiamo a mangiare e quando ci fermiamo dove ci sediamo?”. Perché questo è il concetto, non ci fermiamo mai a pensare, siamo sempre in movimento cronico, devastati dalla fretta, ma quando siamo a contatto con la natura, passeggiando in modo pericolosamente bucolico (che potresti fare addirittura riflessioni di refrattarietà al sistema dello stress…) allora ci viene in mente che entro pochi chilometri dovremo certamente fermarci a mangiare da qualche parte perché potremmo morire di fame.

Forse questa è proprio una delle caratteristiche dell’italianità, abbiamo patito la fame fino all’altro ieri, psicologicamente siamo ancora dei morti di fame e non abbiamo superato del tutto la paura di restare senza cibo. Ma almeno, allora, non lamentiamoci del centimetro in più sulla cintura che è quello che ci provoca più stress di tutto e la paura del quale ci fa ingrassare perché poi ci mettiamo a giocare con le diete assurde che a lungo andare fanno solo che ingrassare. Se non ce la facciamo culturalmente insistiamo pure con la Pasquetta del pic nic votata all’ingrasso, ma poi almeno abbiamo il coraggio di muoverci durante la settimana invece di metterci a giocare con le diete pericolose.