ATTIVITA’ MOTORIA E PUBBLICITA’

La pubblicità ai nostri giorni condiziona l’informazione in modo determinante. Si può praticamente dire che tutta l’informazione è pubblicità e quindi un vero concetto di informazione che non sia elitaria e ristretta a certi canali non percorribili dalla pubblicità non esiste più.

Tutto ciò che passa dai canali di comunicazione di massa è fortemente controllato dalla pubblicità e quindi distorto per offrire un buon servizio al mercato che poi è il vero padrone della pubblicità. Abbiamo sempre pensato che la pubblicità condizioni il mercato quando è vero esattamente il contrario: è il mercato a manipolare la pubblicità e ad usarla come strumento per raggiungere i suoi obiettivi.

Se possa esistere dell’informazione al di fuori della pubblicità è un dubbio amletico e molto importante per la società attuale. Si può pensare che una sorta di informazione possa essere generata dal movimento. Se ci muoviamo acquisiamo informazioni, almeno quelle fornite dal movimento al nostro organismo e sulla base di quelle possiamo avere almeno un minimo di Realtà sulla quale innestare altre cose potenzialmente reali.

Alcuni dicono che anche il movimento è fortemente condizionato dalla pubblicità e quindi dal mercato e probabilmente non hanno tutti i torti. Penso anch’io che una buona fetta di attività motoria indirizzata ai cittadini sia stravolta da mezzi pubblicitari che sono inevitabilmente pilotati dal mercato. Poi può esistere un altro tipo di movimento che non parte direttamente dalla pubblicità, penso per esempio all’attività fisica che si fa all’aperto che non gonfia le tasche di nessuno, ma che non avendo canali pubblicitari efficienti finisce per restare confinato in ambiti modesti. E’ in tal senso che si spiega il motivo per cui in Italia, con un bisogno disperato di piste ciclabili sia per motivi logistici che per motivi di movimento della popolazione, in realtà non c’è un’ informazione capillare tesa a sviscerare questo tipo di problema e a manifestarlo urgente quanto è in concreto. Anche in questo caso la pubblicità orchestrata dal mercato è soffocante e arriva a deviare efficacemente la richiesta di attività motoria del cittadino comune. Ci sono cittadini che chiedono di pedalare su cyclette in batteria ben stabili su una pedana che non si muove nemmeno di un millimetro e non si sognano nemmeno di chiedere la costruzione di una pista ciclabile che consenta di fare lo stesso movimento all’aria aperta a costo zero e durante l’espletamento dei normali impegni quotidiani. Insomma siamo educati a chiedere ciò che fa comodo al mercato un po’ come quando andando a votare siamo ben indottrinati su qual’è l’uomo giusto per non cambiare nulla, per dare stabilità ai mercati e continuare in modo eterno sulla via dell’economia di mercato.

Informazione e pubblicità indubbiamente non vanno d’accordo, anzi molto spesso viaggiano su linee parallele che non si incontrano mai.

Pensare che la pubblicità abbia una sua autonomia e possa cambiare la società è abbastanza sciocco perché la pubblicità è la prima cosa a dover rispondere rigidamente a dinamiche che sono dettate dall’economia di mercato. Mentre può esistere un mercato senza pubblicità, anche se magari funziona male, non può esistere una pubblicità senza mercato perché in tal caso si chiama informazione e non pubblicità.

L’attività motoria ha un minimo di autonomia in tal senso se non fosse perché ossigenando il cervello può aiutare a pensare meglio. Svincolarsi dalla logica della pubblicità nel mondo della televisione e dei social è comunque impresa titanica ed in tal senso il movimento può anche favorire quel passaggio di informazioni che non possono essere trasferite da mezzi di comunicazione che non hanno nessun interesse a divulgare un certo tipo di informazione.

In tal senso l’attività motoria fa pubblicità solo a se stessa e all’individuo inteso come soggetto libero dalle pressioni dell’economia di mercato. E’ un concetto un po’ futuribile ma in un mondo dove una ragazzina ecologista riesce a fare politica più efficacemente di decine di burattini ingessati dall’economia di mercato non è del tutto utopistico. La speranza è l’ultima a morire e fin tanto che riusciamo a muoverci e non abbiamo assunto del tutto la forma del sedile della nostra auto abbiamo pure possibilità di acquisire informazioni dal movimento.