UN MONDO A DUE VELOCITA’

Qualcuno si è lamentato perché l’Italia che pare avere intenzione di beneficiare degli aiuti europei spende soldi in favore di progetti di aiuto all’Africa. L’osservazione (e si noti bene l’osservazione, non il fatto) mi pare assurda e mi pare riconducibile all’ira di quel presunto genitore che avendo dato la mancia al figlio lo vede passare parte di questa mancia nelle mani di un mendicante. Se nessuno aiuta l’Africa, chi deve aiutarla?

Il problema è che questo è un mondo a due velocità se non a tre, a quattro o a cinque.

Siccome qui devo sempre fare il collegamento con lo sport altrimenti pare che stia trattando cose che non hanno nulla a che fare con la nostra sana attività fisica (quella che ci fa stare bene tanto per dire, non quella edonista) il collegamento con lo sport è fin troppo facile e spiega abbastanza bene l’assurdità dell’osservazione.

Anche nello sport dove la competizione regna sovrana (fra stati non dovrebbe essere così) è molto più facile che il penultimo si fermi ad aspettare l’ultimo, quasi impossibile che il primo si fermi ad aspettare il secondo a meno che non ci siano sotto accordi di squadra. La solidarietà è più probabile fra gli ultimi che fra i primi dove la competizione e la presunta necessità di vincere sono ancora più sentite.

E’ più facile che delle disgrazie dell’Africa se ne occupi l’Italia che non la Svezia. Gli svedesi sono più distanti geograficamente da quel tipo di problemi e pure mentalmente visto che fanno fatica ad immaginarli.

Ho sempre scritto che l’Italia ha un tipo di impostazione dell’attività fisica più o meno da terzo mondo, assolutamente improvvisata e senza alcuna pianificazione. Ecco, forse è proprio per questo che riusciamo a capire di più gli africani. Il sistema sanitario, con tutti i miglioramenti possibili, non è certamente da terzo mondo e ci immaginiamo cosa succede laddove non solo il sistema di erogazione dell’attività motoria è da terzo mondo ma pure l’essenziale sistema sanitario. Qualcuno dice che sia da terzo mondo pure il sistema sanitario degli Stati Uniti ma a parte che non è così, se proprio lo fosse quello sarebbe per scelta e non per condizione imprescindibile.

E’ un po’ l’accusa che viene fatta al nostro sistema di organizzazione di distribuzione dell’attività fisica: noi ce l’abbiamo così non perché abbiamo una situazione di partenza sovrapponibile a quella degli stati africani ma per scelta. Così come gli Stati Uniti decidono di avere un sistema sanitario non al passo con i tempi anche noi giochiamo ad avere un sistema di distribuzione dell’attività motoria che gioca sull’improvvisazione. Delle due scelte decisamente eccentriche quella degli Stati Uniti probabilmente è la meno razionale, con l’attività motoria forse (e sottolineo “forse”, perché non mi rimangio fiumi di critiche al nostro sistema…) si può ancora giocare ma con il sistema sanitario giocare ancora nel terzo millennio è quanto meno folle e sconsiderato.

Il problema nasce dal fatto che è un mondo a due velocità, non tutti possono disporre del necessario e laddove una pandemia con riferimento a certi paesi ricchi è un vero disastro che fa vittime assolutamente evitabili e sconquassa l’intera economia in altri paesi tale pandemia passa quasi inosservata per il semplice motivo che non c’è nessun sistema economico da sconquassare e quanto alle morti evitabili è il tema di tutti i giorni che viaggia a cifre esorbitanti ben superiori a quelle altrettanto evitabili provocate dalla pandemia.

Insomma mentre il parametro per definire la pandemia catastrofica nei paesi occidentali è più o meno il confronto con i numeri delle vittime degli incidenti stradali e quando questo è superato di gran lunga la pandemia si definisce catastrofica e non a caso si fa per questa ciò che non è mai stato fatto contro gli incidenti stradali, si blocca tutto, nei paesi sottosviluppati il parametro è ben altro ed il confronto è con tragedie ben peggiori alla già non trascurabile calamità degli incidenti stradali.

Nei paesi occidentali ci si preoccupa di mettere a punto al più presto possibile un vaccino che ci salvi dalla pandemia. Nei paesi sottosviluppati questo problema non è stato ancora risolto per vaccini che sono già pronti e supercollaudati già da decenni. Nei paesi occidentali ci si preoccupa del fatto se questo vaccino dovrà essere obbligatorio o meno. Nei paesi sottosviluppati sono preoccupati perché non hanno ancora le dosi sufficienti per coprire la popolazione su malattie dove noi siamo già arrivati ad una copertura del 95%.

Non si capisce come sia tecnicamente tollerabile che in alcuni paesi possa essere ritenuta insufficiente addirittura una copertura vaccinale del 95% mentre in altri paesi non crei disagio nell’opinione pubblica nemmeno una copertura vaccinale ben inferiore.

E’ un mondo con problemi di ipotrofia in alcune zone e con problemi di ipertrofia in altre. Ed è strano perché con i mezzi di comunicazione che ci sono non dovrebbe essere così.

Purtroppo succede ancora che se uno, pur avendo la sfortuna di nascere in un paese dove manca tutto, non solo i vaccini, riesce ad avere la fortuna di arrivare ad un paese di quelli dove non si muore di fame può venire rispedito indietro perché questa cosa del mondo a due velocità non è molto sentita, non è ben sviscerata a livello educativo e così è tollerata, o meglio ignorata.

Molti dicono che il peggior odio è l’indifferenza.

Ecco a livello educativo noi siamo indifferenti su questo. Così come non studiamo per niente l’improvvisazione del nostro sistema interno di distribuzione dell’attività motoria perché ci va bene così, ci va bene che si pedali in palestra e non si possa pedalare in centro città, con lo stesso stile ma in modo ancor più grave non ce ne frega niente che esista ancora un’economia che viaggia a due velocità, dentro e fuori dai nostri confini. Se non cominciamo a studiare queste cose e che sia dal vivo o “on line” poco conta, continueremo ad avere una gioventù che non va al cuore del problema e che si perde in mille dettagli di poca importanza. La sostanza delle cose è importante. Molto di più dell’apparenza,