DALLA TEORIA DI FRASSICA ALL’OTTIMISMO

Girare la frittata è un’ottimo sistema, talvolta, per passare dalla negatività all’ottimismo su qualcosa. Invece di fare la “popò” (polemica politica) io posso dilettarmi in quella filosofia della scienza che l’arte dell’attività motoria ci permette essendo permeata di un possibilismo fantastico.

Per non far arrabbiare nessuno chiamiamola filosofia e basta o neanche filosofia ma semplice “sproloquio” senza senso, che però. ed è questa la cosa fantastica, le gesta sportive ci consentono perché molte volte non ci capiamo proprio nulla di un certo risultato sorprendente e l’unica cosa chiara che ci dice la scienza é che non è avvenuto casualmente o per magia ma per un certa concomitanza di cause ben precisa che però noi non riusciamo a comprendere.

Questo enorme possibilismo ci permette di partire nientepopodimenoche dalla teoria di Frassica e, dribblando agilmente ogni presupposto scientifico, poter condurre qualsiasi indagine su argomenti di attività fisica con un ottimismo spinto. La teoria di Frassica, poco scientifica a dire il vero (anzi, assolutamente respinta dalla scienza ufficiale…) dice essenzialmente che di ogni cosa ci sono due possibilità: 1°) Che sia vera; 2°) Che sia falsa. Pertanto di ogni ipotesi o progetto dice che c’è il 50% delle possibilità che questa cosa si concretizzi come c’è il 50% che questa cosa resti pura teoria.

Messa in politica, ma di politica voglio scrivere solo due righe su questo articolo per essere meno polemico possibile, sarebbe come a dire che quando un politico fa delle promesse elettorali ci sono il 50% delle possibilità che poi una volta eletto le mantenga ed il 50% delle possibilità che non le mantenga. Sappiamo benissimo che non è così e basterebbe ciò per dar credito alla scienza che prende le distanze dal teorema di Frassica ma andiamo avanti con ottimismo e diamo invece per buono il teorema di Frassica.

Il teorema di Frassica è indubbiamente portatore di ottimismo se usato in un certo modo e così, per esempio, lui dice (in realtà lo diceva un po’ di tempo fa, non so se lo dica ancora…) che con le ragazze ci provava praticamente con tutte perché c’era il 50% di possibilità che andasse bene, anzi, proprio per questo tendeva a concentrarsi sistematicamente su quelle più belle e considerate “inarrivabili” dai suoi amici.

Nello sport, e qui non sto scherzando (a volte quando tratto lo sport sono fin troppo serio…), in realtà non si può dare per fallimentare nessuna teoria di approccio al gesto sportivo e quando facciamo così veniamo giustamente puniti dal campione che si è allenato proprio nel modo che noi abbiamo osato definire impossibile.

Se usiamo bene questa teoria potremmo farla funzionare in modo fantastico per avvicinare allo sport tutti i ragazzi e non solo una certa parte, ottenendo così una profilassi sanitaria efficace e portatrice di indubbi benefici sulla popolazione giovanile e su tutto il sistema sanitario nazionale.

Invece che fare le cassandre e spronare i ragazzi a stare con i piedi per terra si potrebbe proprio aiutarli a volare e dire che fintanto che non ci sono segnali proprio evidenti ed inconfutabili in senso contrario, ogni ragazzo dotato di buona volontà può giungere a risultati sportivi sorprendenti anche se all’inizio parte con credenziali tutt’altro che incoraggianti.

Nel mio piccolo io sono stato una brutta copia (molto brutta…) di un grande campione del mezzofondo degli anni ’60: Jim Ryun. Il mezzofondista americano è giunto al record del mondo del miglio molto giovane, forse fin troppo presto. Ebbene solo fino a cinque anni prima era un autentico disastro dello sport. La sua unicità non è stata nel riuscire a tirar fuori risultati sensazionali da un fisico che non prometteva nulla di buono ma di operare questa grossa rivoluzione in soli cinque anni facendo di un ragazzino in ritardo di crescita un campione precoce che, a un certo punto, poteva promettere anche molto di più di ciò che ha fatto.

Nella fase iniziale della mia carriera io sono stato anche peggio di Jim Ryun. Mi è venuto con una naturalezza incredibile far peggio di lui, perché ero in un ritardo di crescita anche più grave del suo. Verso i 16 anni ero ancora peggio nel senso che niente poteva far presagire ad una inversione di tendenza. Poi, in tre o quattro anni mi sono creduto Jim Ryun (che non crediate che non abbia letto delle sue gesta, avvenute una quindicina di anni prima…). A vent’anni ero già semplicemente massacrato di allenamento, praticamente finito precocemente (in gergo si dice “bruciato”) ma con risultati che se fossero stati ottenuti da uno qualsiasi avrebbero potuto far sperare in un futuro da campione.

Insomma mentre a 14 anni di me si poteva dire “Questo non va proprio da nessuna parte e anzi ha un bel coraggio a presentarsi al via perché prende distacchi umilianti dagli altri” a 20 anni si poteva pensare “Questo, se continua così, spacca tutto…” e invece ho spaccato solo me stesso con allenamenti troppo impegnativi.

Pertanto entrambe le volte ho sovvertito il pronostico. Facendo una strana dietrologia si potrebbe dire che quel ritardo di crescita “alla Jim Ruyn” ha condizionato doppiamente la mia carriera sportiva. L’ha fatto in senso positivo incitandomi ad insistere a dispetto dei risultati. L’ha fatto in senso negativo perché procurandomi una serie infinita di risultati negativi mi ha costruito una voglia di vincere troppo forte, tale da farmi bruciare le tappe e togliermi la necessaria lucidità per pianificare con calma una carriera da atleta di alto livello. La fiammata che i miei rivali di quando ero ragazzino hanno fatto a 14-15 anni io l’ho fatta a 20, era molto meglio se la facevo a 25 ma non ho avuto la pazienza di aspettare. Del resto molti miei coetanei hanno smesso molto prima e pertanto posso dire di essere stato meno impaziente di altri.

Tutto questo per dire dell’alta imprevedibilità dello sport e dunque di incentivare alla sana attività sportiva anche chi non sembra avere i numeri per fare grandi cose.

Dal mio punto di vista poi, e dopo ciò che ho scritto si può facilmente capire perché, io esorto sempre i ragazzi a fare le cose con calma e non avere fretta, la maturazione sportiva é molto lunga e più lenta di ciò che si possa pensare e purtroppo la stragrande maggioranza dei ragazzi mollano lo sport vero ben prima di questa stramaledetta maturazione sportiva.

Che poi facciamo anche fatica a capire dove è ben collocata, perché per esempio, io adesso ho un po’ di mal di schiena ma penso che la mia piena maturazione sportiva non sia ancora arrivata, funestata fino ad ora da una serie di eventi che l’hanno ritardata di qualche decennio… Frassica docet.