TENTIAMO SEMPRE DI SPIEGARE E POCO DI CAPIRE

La morte di Loris Pimazzoni mi ha lasciato un grosso buco dentro. Era mio amico, lo conoscevo dal 1978 ed avevo sempre tenuto i contatti anche quando avevamo troncato le rispettive carriere atletiche.

Questo lutto, che fatico a metabolizzare, mi fa scrivere un paio di cose, la prima banale che è proprio mia, la seconda meno banale e che non è farina del mio sacco ma non per questo voglio tralasciarla.

Prima cosa: gli psicologi ci scavano dentro e tentano di motivare tutto scientificamente, dando una spiegazione razionale. Io razionalmente dovrei reagire e spiegare a me stesso (o farmi spiegare da uno psicologo) perché ho reagito così male a questo lutto. Invece penso che una cosa così faccia fatica a spiegarla anche un prete. Tendenzialmente ho più stima dei preti che degli psicologi così mi scopro pure “bigotto” che non avrei mai sospettato di esserlo.

Seconda cosa, collegata alla prima, ho letto da qualche parte (e chi si ricorda dove…) che tendiamo sempre  spiegare le cose piuttosto che tentare di capirle. E’ assurdo ma è come se spiegare una cosa fosse più facile che capirla. Evidentemente questa è una contraddizione perché non si può tentare di spiegare ciò che non si è capito.

Del Loris molti hanno tentato di spiegarci perché non avesse ottenuto i risultati che era in grado di ottenere. Perché l’unico che era in grado di correre a 3′ al chilometro come se stesse correndo un allenamento su un medio non sia riuscito ad ottenere almeno i risultati che altri atleti di quel bel movimento atletico di tempi andati erano riusciti ad ottenere.

Ecco, la mia ipotesi è che quel perché in realtà non l’abbia mai capito nessuno. Non solo, forse nessuno ha mai provato nemmeno a domandarselo perché era molto più facile spiegare perché questo atleta così talentuoso poi non avesse concretizzato in manifestazioni importanti le sue capacità che non tentare di capire i veri motivi di questi accadimenti.

Loris Pimazzoni resta l’atleta delle sorprese. Purtroppo è una sorpresa, e triste, anche la precocità con la quale se n’è andato.