SPEGNERE LA TELEVISIONE E ANDARE IN BICICLETTA

Le tre rivoluzioni industriali, quella tessile, quella del petrolio e quella informatica hanno avuto in comune una cosa: sono state guidate, comandate ed orchestrate dai ricchi e sono state fatte digerire in qualche modo al popolo.

La rivoluzione “non” industriale, per essere decisiva, dovrà essere non violenta e soprattutto comandata dal popolo altrimenti non potrà sortire gli effetti per poter riassestare questo pianeta un po’ scancanato messo in ginocchio da tre rivoluzioni per certi versi poco rivoluzionarie.

Come può partire? Spegnendo la televisione e mettendosi ad andare in bicicletta. Quando tutto il mondo corre all’impazzata verso le esasperazioni del sistema capitalista e si fanno ancora le guerre per sostenere questo sistema che chiaramente non funziona più, bisogna avere il coraggio di tornare indietro. Le resistenze più grosse le offriranno indubbiamente quei paesi che hanno potuto accedere alle ricchezze del sistema capitalista solo in questi ultimi anni e vorrà dire che così come sono stare le ultime ad accedere a questo sistema saranno anche le ultime ad abbandonarlo. Nei paesi cosiddetti ricchi la gente ne ha abbastanza del sistema degli squilibri sociali ed è pronta per un clamoroso passo indietro. La mossa più difficile è spegnere la televisione poi tutto il resto verrà da sé.

Non potrà essere una dittatura, dopo la dittatura della televisione e dell’automobile non si potrà andare certamente alla dittatura della bicicletta ed è per quello che non potrà partire dall’alto, orchestrata dai ricchi e dai politici come tutti i pochi cambiamenti dell’era moderna, ma dovrà partire dal basso, dalla volontà popolare.

I primi che avranno il coraggio di rifiutare il modello televisivo, il modello della pubblicità, saranno quelli che potranno illustrare la strada agli altri e lo sconquasso sociale che ne conseguirà dovrà essere abilmente contenuto dalla popolazione per non cascare nelle trappola della repressione di ogni rivoluzione voluta dal popolo che è quella della repressione della violenza. La violenza, i disordini, le barricate e gli incidenti di piazza sono le uniche armi che la classe dominante ha per impedire ogni sorta di rivoluzione autentica promossa dal popolo. In tal senso le comunità che stanno tentando di organizzarsi con il baratto, tornando indietro di qualche migliaio di anni, sono di una pericolosità notevolissima per questo sistema in quanto sono praticamente inattaccabili. Non c’è scontro di piazza che tenga, una comunità che si organizza con il baratto è assolutamente lecita, per nulla violenta, praticamente inattaccabile, mette alle corde questo sistema perché lo delegittima e mina le condizioni per la sua sopravvivenza (bocciando il sistema del danaro si appianano tutti gli squilibri) per certi versi è di una violenza esagerata ma lo è solo per questo sistema economico, non per le persone che lo sostengono perché queste sono libere di convertirsi al nuovo sistema semplicemente rinunciando ad arricchirsi ulteriormente.

E’ chiaro che chi comanda i sistemi di informazione ha una freccia in più al suo arco. Non è che si veda molta pubblicità in televisione che istighi ad andare in bicicletta a fregarsene se la borsa non sale e se il Prodotto Interno Lordo va in picchiata, a lavorare di meno per lavorare tutti, a contrastare davvero le guerre smettendo una volta per tutte di produrre armi che sono l’ingrediente numero uno per sostenerle.

Che i sistemi di informazione siano governati dai ricchi non ci vuole questa gran fantasia a capirlo, che il mondo possa sopravvivere anche senza seguire le istruzioni di questi, anzi possa funzionare anche parecchio meglio di quanto funziona adesso facendo l’esatto contrario, è un ragionamento anche piuttosto semplice e anche se è molto difficile da mettere in atto prima o poi si troveranno i sistemi per arrivarci.

La città delle biciclette che non pensa più solo a produrre di più ma soprattutto alla solidarietà sociale, è una città che si sveglia e trova un nuovo entusiasmo, assolutamente inaccettabile per gli attuali equilibri politici ma non per questo non ipotizzabile ed impossibile da costruire. Ci attende un futuro un po’ strano dove per la prima volta dopo duecento e passa anni ci renderemo conto che si può vivere bene anche senza tante cose, la “cosa” più difficile sarà far capire la fine di questa esigenza a chi su questa esigenza ci ha costruito ricchezze per generazioni e generazioni, tramandando l’arte dell’arrampicamento sociale di padre in figlio. Non si tratta di tirare giù dagli alberi nessuno, chi si è arrampicato per una vita resti pure nella sua posizione di privilegio, noi vogliamo vivere bene anche sulla terra senza direttive magiche da chi sta più in alto. La magia è finita, forse ora c’è davvero spazio per l’era della ragione.