PUO’ ESISTERE UNO STILE DI CORSA ANONIMO?

Personalmente penso di no. Se ci sono circa un miliardo di persone che corrono (attenzione che corrono anche i bambini e “soprattutto” i bambini, mica solo gli adulti) penso che ci siano anche un miliardo di stili di corsa. Se invece siamo un po’ meno di un miliardo a correre (anche se qualcuno mi dice che sembra che stia marciando provo pure io a correre…) allora penso comunque che ci sia almeno un miliardo di stili di corsa (io stesso ho la versione artrosica che è quella più radente possibile che mi fa sembrare un marciatore e quella “meno artrosica” che fa intravvedere un ex ottocentista di qualche decennio fa) perché più o meno tutti sappiamo correre in almeno un paio di modi diversi.

La prassi corrente è che lo stile di corsa vada “corretto” quando il più delle volte invece andrebbe corretta la testa di chi vuole correggere lo stile di corsa. Giusto pensare alla tecnica di corsa, purtroppo la fobia dei cardiofrequanzimetri ci ha fatto passare un po’ in secondo piano questo fondamentale aspetto della corsa ma è proprio perché non siamo allenati a pensare a questo importante fattore di prestazione che quando lo andiamo a trattare lo consideriamo essenzialmente in termini di “possibile correzione e rettifica”.

In realtà quando studiamo la tecnica di corsa di un certo soggetto dovremmo anzitutto tentare di comprenderla prima che suggerire improbabili modelli di corsa universalmente riconosciuti. E’ come uscire con una donna e proporle subito il look della modella più in vista del momento per renderla attraente quando magari questa è decisamente attraente per cose che proprio non hanno nulla a che fare con l’aspetto della modella più in vista del momento.

Per cui, se vogliamo trattare coerentemente di tecnica di corsa, probabilmente dobbiamo proprio partire dal concetto che non esiste un unico modello di corsa funzionale e redditizio universalmente accettato ma esistono tanti modelli di corsa (se non di più appunto) quanti sono i soggetti che praticano la corsa.

Un quesito interessante invece, con riferimento ad un soggetto che vuole speculare attorno alla tecnica di corsa, è capire che possibilità di variazione della tecnica di corsa ha il soggetto con il quale abbiamo a che fare. Se questo sa correre in un solo modo (ed indubbiamente sarà il “suo” e non quello di qualcun altro) allora questo è già un piccolo problemino perché vuol dire che sa usare solo un linguaggio ed il primo freno per chi vuol imparare ad usare nuove lingue è proprio essere abituati ad usare una lingua sola (un po’ come gli italiani tanto per dire, che hanno una difficoltà terribile nell’apprendimento delle lingue perché si ostinano a parlare sempre l’italiano, anche all’estero).

Saper correre in modi diversi è un’ottima cosa per ampliare il proprio alfabeto motorio in termini di corsa, per riuscire a prevenire un certo tipo di infortuni, per saper correre in modo appropriato in base al tipo di corsa che si va a fare. Ci sono certi velocisti che sanno correre sempre ed esclusivamente da velocisti, ci sono certi podisti che sanno correre sempre ed esclusivamente da corridori di lunghe distanze. In genere è il velocista che prende in giro il corridore di lunghe distanze dicendo che è un trattore legato incapace di esprimere velocità di punta interessanti (in effetti si può anche giungere alla miglior prestazione mondiale della maratona o quasi senza mai aver superato i 30 km/h in vita, cosa che anche un mediocre velocista sa fare pure in tenera età) però tale velocista non si rende conto che anche saper correre solo da velocista, per quanto elegante sia, è un grosso limite e toglie possibilità alla capacità di economizzare il gesto corsa al punto tale che quel velocista magari capace di 10″6 sui 100 non è nemmeno in grado di correre i 400 metri in meno di 50″ quando c’è chi ottiene tale tempo partendo da una base di 11″5 sui 100 metri.

In ogni caso ognuno ha i suoi obiettivi e magari al velocista da 10″6 non gliene frega nulla di correre in 50″ i 400 ma è molto più interessato a portarsi a 10″3 sui 100 così come all’ottocentista da 1’48” sugli 800 può non interessare nulla correre anche i 1500 in 3’40” (magari fra 3’50” o peggio) ma correre gli 800 in 1’45”, ciò non toglie che sia sempre utile saper variare la tecnica di corsa in base alle circostanze.

Tornando alla correzione del presunto “errore” c’è da puntualizzare come a volte l’errore più grande sia proprio definire errore un particolare della corsa che proprio non è un errore e così facendo qualche esempio proprio banale, chi si ostina a dire “usa i piedi” non comprende che “usare i piedi” in un certo modo è costosissimo e aumenta il costo della corsa in modo esorbitante, così come il famoso “alza le ginocchia” altro costo difficilmente calcolabile e così come il leggendario “Pensa a come corri!” che trascura il fatto che gli atleti con la miglior tecnica di corsa spesso li troviamo fra soggetti che riguardo alla corsa pensano esclusivamente a quanti dollari riescono a buttare dentro con una certa prestazione e non a come corrono perché hanno una corsa istintiva già più che efficace e funzionale (ed ogni riferimento agli africani delle lunghe distanze non è assolutamente offensivo perché corrono effettivamente bene anche se non pensano a come corrono e hanno spasmodicamente bisogno di quei dollari per mantenere la famiglia disagiata).

E’ importantissimo pensare alla tecnica di corsa, lo è per chi corre male ma anche per chi corre bene. Purtroppo in tempi di evoluzione esponenziale di applicazione della farmacologia alla prestazione sportiva abbiamo un po’ perso d’occhio questo importante aspetto della preparazione sportiva. Molti che si occupavano della tecnica di corsa hanno anche operato in modo abbastanza maldestro finendo per essere etichettati per quelli che dicevano “Spingi di più!” oppure “Alza le ginocchia!”. C’è da augurarsi che quelli che si sono occupati davvero di tecnica di corsa non si siano smontati di fronte al proliferare di problematiche di miglioramento della prestazione che hanno un po’ poco a che fare con l’aspetto metodologico, in ogni caso è opportuno precisare che comunque qualsiasi intervento sulla tecnica di corsa, anche il più azzeccato, produce effetti positivi in tempi che sono molti più dilatati di quelli molto brevi dell’applicazione di un qualsiasi protocollo di intervento farmacologico sull’atleta ma quella non è metodologia dell’allenamento bensì medicina e, a casa mia, la medicina si occupa dei malati, non dei sani. Non solo, anche la prevenzione si fa sui sani (perché se sono già malati non è più “prevenzione”) e pertanto ‘l’intervento tecnico su una popolazione di atleti sani deve essere assolutamente prioritario sull’intervento farmacologico. A meno che non abbiamo a che fare con una popolazione di atleti presunti “malati” ma allora vuol dire che abbiamo sbagliato con i carichi di allenamento in modo decisamente grossolano, altro che “tecnica di corsa”.