Osservazione su “Automatismi e…”

“Che siano in atto cambiamenti epocali della nostra era non ci vuol molto a capirlo e basta guardare fuori dalla finestra per rendersene conto, che siamo poco attrezzati ad affrontare questi cambiamenti per il semplice motivo che è la prima volta che avvengono nella storia dell’uomo anche se li abbiamo innescati un paio di secoli fa è altrettanto innegabile, ciò che non capisco è perché accosti gli automatismi essenziali per la nostra sopravvivenza ed il nostro equilibrio omeostatico a questi cambiamenti come se per affrontarli dovessimo abbandonare ogni comportamento automatizzato ammesso che ciò sia umanamente possibile…”

Senza automatismi non siamo in grado di vivere ed una singola giornata ci costerebbe chissà quanta fatica nervosa e fisica, non dico che i nostri benedetti ed essenziali automatismi ci stiano fregando in questi momenti di rapido mutamento, tutt’altro, auspico quanto sia importante capirli proprio per affrontare una situazione difficile ed in costante evoluzione, un po’ come fa lo sportivo che sfrutta il più possibile i vari automatismi ma lo fa per migliorare il rendimento sportivo per poterci costruire qualcosa sopra.

Nel mio articolo ho azzardato un’ipotesi, che è un qualcosa di più di una ipotesi, che in realtà i veri miglioramenti della forma sportiva siano innescati da mutamenti dello schema motorio provocati solo indirettamente dal miglioramento di alcuni automatismi ma non ottenuti precisamente da questo. Ho scritto che talvolta migliora di molto anche chi si allena poco, con bassi volumi di allenamento, perché per motivi insondati riesce a trovare la combinazione di questi adattamenti imprevedibili dello schema motorio. Ho aggiunto che quasi di sicuro chi si allena di più oltre a favorire l’acquisizione di nuovi automatismi migliora tendenzialmente di più di chi si allena poco perché offre al suo organismo più possibilità di perfezionamento, poi l’aleatorietà dei meccanismi che regolano il perfezionamento sportivo purtroppo è imprevedibile e pertanto giochiamo un po’ in un gioco per tentativi ed errore sperando di aumentare le possibilità di azzeccare le mosse giuste riservandoci più tentativi.

Innestare tutto questo discorso sulla visione d’assieme della nostra società è un po’ un discorso di dialettica, anche piuttosto funambolico, però io ho questa mania di dire che studiando lo sport riusciamo a studiare la vita e così questi meccanismi che regolano il perfezionamento sportivo ci possono aiutare a capire anche come potremmo comportarci per affrontare i cambiamenti che ci attendono all’orizzonte.

Ho citato i giovani con i loro stramaledetti telefonini (ma perché noi non ce l’abbiamo? Ormai lo usiamo più noi di loro…) per far capire come gli automatismi tendano tutti ad anestetizzarci un pochino e nulla ci propone comportamenti automatizzati ed altamente standardizzati più di ciò che fa la società del telefonino.

Probabilmente questo è proprio un tentativo di difesa, di ricerca di una certa omeostasi ed i giovani forse sono anche più attrezzati di noi a ricercare questo equilibrio (non solo con il telefonino ma anche con molti altri comportamenti standardizzati, come per esempio, quello a scuola) proprio perché percepiscono la vigilia di mutamenti importanti.

Degli automatismi non possiamo certamente farne a meno, sono essenziali per la nostra esistenza, sta a noi promuovere la ricerca di nuovi automatismi in base ai vari stimoli ambientali. Indubbiamente se sono importanti quelli per fare sempre meglio il salto in alto o per lanciare sempre più distante il giavellotto, quelli per affrontare un’ emergenza ambientale epocale lo sono ancora di più. Se i primi sono importanti per capire i secondi allora anche imparare bene il salto in alto o il tiro del giavellotto può diventare veramente importante per affrontare nuove sfide ancora più complesse.

La mania di accostare lo sport alle cose comuni della vita ce l’ho sempre, penso che anche durante un diluvio universale scriverei che è importantissimo aver imparato a nuotare bene e magari pure a pedalare bene perché appena uscito dall’acqua se vuoi scappare dalle onde successive devi pure scappare velocemente. Forse l’uomo del futuro più che un uomo che insegue è un uomo che scappa e scappa da un futuro che curiosamente ha costruito lui.