LA MENTE PRIMA DELLE NORME

In questi giorni si sta discutendo sulla validità delle nuove norme del codice della strada per favorire l’utilizzazione normale della bicicletta come mezzo di trasporto (e non solo come mezzo di turismo e/o svago). Qualcuno ha sollevato perplessità sull’applicazione dell’importante e fondamentale regola del metro e mezzo di rispetto in fase di sorpasso fra auto e bici. Pare che sull’applicazione di quella norma ci siano delle incomprensioni e non si è capito se quella norma verrà fatta rispettare soprattutto dove essenziale per il transito in sicurezza delle bici, ovvero nelle strade molto strette o se al contrario non verrà proprio applicata su quelle strade.

E’ chiaro che in una strada larga tre metri e mezzo non si riesce a superare il ciclista ad un metro e mezzo perché devi andare proprio fuori dalla carreggiata per fare questo, ma in una strada larga 4 metri il sorpasso ad un metro e mezzo diventa cosa essenziale. Ovviamente questo implica che non puoi superare quando in senso opposto sopraggiunge un altro ciclista e diciamo pure che in tal senso l’automobilista è costretto a stare in coda al ciclista fin tanto che la strada in senso opposto non è completamente sgombra, da automobilisti e pure da ciclisti. Non solo ma anche quando sgombra, trattando di strade larghe 4 metri, per esempio, l’automobilista è costretto a rallentare molto nell’intento di lasciare il metro e mezzo di sicurezza al ciclista, altrimenti rischia a sua volta di finire fuori carreggiata sul lato opposto.

Tutti questi cavilli, che solo un’applicazione normativa ben chiara e si spera improntata ad una vera salvaguardia della salute del ciclista e non della velocità media di viaggio dell’automobilista (che inevitabilmente crolla laddove non vi sono piste ciclabili…) potrà risolvere, si dimostrano relativamente poco importanti in confronto ad un atteggiamento decisivo che deve essere quello di qualsiasi utente della strada. Bisogna mettersi in testa che la normalità nel terzo millennio non è più l’automobile ma tutto il resto. Dove in tutto il resto ci sono i mezzi pubblici che devono avere indubbiamente delle corsie preferenziali, i monopattini il cui uso per motivi ecologici deve essere incentivato e non ostacolato come sta avvenendo ora e la disgraziatissima bici che da quando ha perso il primato ormai una vita fa non l’ha più ripreso come se fosse un brutto ricordo di un’epoca da cancellare (ed in effetti forse è proprio vero perché era un’epoca a cavallo delle due guerre mondiali).

L’altro giorno ero ad un semaforo pericolosissimo nella mia città che per conto mio è studiato male nella tempistica o forse semplicemente pensato nell’ottica dell’automobilista come la maggior parte dei semafori cittadini. Ebbene, come per incanto, mi sono trovato in una situazione di più che accettabile sicurezza che in condizioni normali lì è semplicemente un sogno. Cos’è cambiato dal solito? Qualche nuova norma? Una nuova tempistica meno infelice di quel semaforo? La presenza di un vigile? Niente di tutto ciò. Semplicemente, per qualche strana congiunzione astrale in quel momento, a quel semaforo invece di esserci solo il pirla del sottoscritto o al massimo un altro pedone e/o ciclista come al solito, eravamo ben in otto, praticamente un esercito rispetto ai numeri abituali. In otto nessuno di noi ha rischiato, eravamo perfettamente visibili tutti quanti e pure l’ultimo di quegli otto il più artrosico, sfigato e lento a mettersi in movimento di quegli otto, il sottoscritto, non ha rischiato nulla anche se il giallo piuttosto breve mi ha fatto muovere negli ultimi tre metri in un clamoroso rosso che le auto pigliano sistematicamente senza rischiare nulla.

Allora se invece che un paio di eroi che accettano di andare in bici dove potenzialmente pericoloso ce ne sono otto vien fuori che quegli otto non sono più degli eroi perché nessuno di loro rischia ma semplicemente dei fastidiosi ciclisti che rallentano in modo indecente il traffico automobilistico e costringono gli automobilisti ad attendere più del solito.

La cultura della bici oltre che nelle norme è anche nella testa della gente ed io dico che se nella testa della gente c’è davvero nelle norme ci va anche con una certa facilità perché a quel semaforo non ci sarà più il ciclista a rischiare la vita ma l’automobilista che si lamenta perché gli ultimi ciclisti passano sistematicamente con il rosso. A quel punto è proprio l’automobilista a toglierti le castagne dal fuoco perché protestando in tal senso provoca l’adeguamento del semaforo che può solo che essere allungato in favore di pedoni e ciclisti perché adesso è tarato solo per gli sprinter da Olimpiadi e non per le persone normali.

La norma può essere penalizzante nei confronti di pedoni e ciclisti. In città lo sono la maggior parte delle norme che regolano il traffico. Ma se gli usi e costumi vanno in direzione dell’uso normale dei mezzi extraautomobile allora la norma non scritta diventa che l’automobilista deve semplicemente stare zitto, prestare molta attenzione e sentirsi privilegiato per il solo fatto che gli è consentito transitare in quel posto senza scendere dalla sua fantastica automobilina (cosa che l’attuale codice prevede follemente in una marea di situazioni per il ciclista: non è l’automobilista che deve rallentare… è il ciclista che deve scendere dalla bici!!!).

Pertanto è giusto chiedere un codice della strada più al passo con i tempi che tenga presente che la lotta all’inquinamento la fai andando a piedi, con il mezzo pubblico, in monopattino o in bici e non certamente acquistando l’auto elettrica che inquina comunque tanto, ma l’atteggiamento decisivo è quello del cittadino che deve decidere di riprendersi le vie della sua città. Un po’ come accadeva in tempi tristi a cavallo delle due guerre.

Di quei tempi non dobbiamo rispolverare il clima di guerra, del quale facciamo volentieri a meno, ma l’idea che la bici è il miglior mezzo di trasporto anche se prima delle due guerre hanno inventato un fantastico mezzo, l’automobile, che dopo le due guerre abbiamo iniziato ad usare in modo spasmodico, rovinandoci l’esistenza.