LA CONFERENZA SENZA DIBATTITO

Conferenza su alimentazione, attività fisica e salute. Si dice che le merendine sono porcherie e che è importante muoversi all’aperto in tutte le stagioni, anche in inverno.
Poi la televisione ci bombarda con la pubblicità sulle merendine e nelle nostre città è sempre più difficile muoversi a piedi perché sono congestionate di auto guidate da “lavoratori” che hanno molta fretta e non hanno tempo per farci passare a piedi. Chi va in auto sta “lavorando”, chi va a piedi ha tempo da perdere, questo è il concetto.

Il dibattito dopo la conferenza non esiste perché la vera conferenza doveva essere su “Inesistenza di politiche per la salute”.

Se sappiamo che le merendine fanno male alla salute e che è necessario potersi muovere a piedi in città è opportuno studiare disegni di legge che ci possano fare approdare ad un’alimentazione più sana ed a nuovi stili di vita.

Qualche giorno fa ho visitato Firenze, era un po’ di anni che non ci passavo. L’ho trovata ancora più congestionata dal traffico di alcuni anni fa. Avevo sentito parlare di un progetto per la diffusione dei veicoli elettrici in questa città. In effetti ho visto qualche mezzo elettrico in più ma ben mimetizzato nella giungla degli altri mezzi, pubblici e privati, perfettamente inquinanti. In breve, Firenze non ha adottato nessuna politica incisiva per il controllo dell’inquinamento e del traffico in città. E’ come tutte le altre città italiane, se non peggio, alla faccia di una splendida vocazione turistica da vero gioiello qual’è sotto questo groviglio di auto.

Tutte queste conferenze-dibattito e tavole rotonde sugli stili di vita virtuosi sono assolutamente inutili se non ci portano ad un’analisi dei blocchi che frenano l’emanazione di nuove regole.

Se la TV ci devasta con la pubblicità delle merendine continuiamo a mangiarle anche se fanno male alla salute. Se andare a piedi in città è pericoloso perché gli automobilisti che hanno fretta (perché “stanno lavorando”) ti stendono, nessuno si fida ad andare a piedi.

Occorrono controlli sui prodotti che vengono pubblicizzati (e severi stop alla pubblicità menzognera) e regolamentazione del traffico nei centri urbani, le altre sono tutte chiacchiere, occasioni di incontro per medici che parlano al vento e ripetono una tiritera che non ha possibilità applicative. “…Ma se fai informazione la gente apre gli occhi e cambia idea…”. La gente non può fare la rivoluzione se negli scaffali trova solo un certo tipo di prodotti e se, nel tentativo di muoversi a piedi, raddoppia i tempi di trasferimento e rischia la vita.

Vogliamo incentivare un’alimentazione sana? Mettiamo una tassa sulle “porcherie” e finanziamo chi vende prodotti non oggetto di sofisticazione alimentare.

Vogliamo incentivare la mobilità a piedi? Potenziamo il trasporto pubblico e tassiamo ulteriormente quello privato. Se il trasporto privato è più conveniente di quello pubblico non c’è dubbio che la gente continuerà a servirsi del primo. Ovviamente non si può bastonare il trasporto privato se prima non si è potenziato quello pubblico, non si può bloccare il cittadino ed è inutile proporgli di andare a piedi fin tanto che questa possibilità, oggettivamente, gli viene preclusa.

Se devo fare 4 chilometri per raggiungere il posto di lavoro di cui uno a piedi su un percorso sicuro e protetto e tre chilometri su un mezzo pubblico che non devo attendere mezz’ora, mi getto volentieri in quest’avventura. Ma se quel chilometro a piedi è un triste slalom in mezzo alle auto e dopo, come premio, dovrò attendere mezz’ora un autobus che non so nemmeno quanto ci impiega a portarmi a destinazione perché corsie preferenziali non ne ha, allora preferisco mettermi sulla mia bella auto perfettamente inquinante e fare tutti quei 4 chilometri lottando a colpi di clacson con gli altri automobilisti che in questo concerto si sentono italiani a tutti gli effetti. Poi, se c’è qualche pedone che intralcia il traffico, poco male: si può lavarlo prendendo una pozzanghera in velocità oppure dargli un piccolo colpo di specchietto che si sposta.

Ho la sensazione che, siccome concretamente non si fa nulla o almeno non c’è la volontà politica di far nulla, tutte queste conferenze non siano altro che un illudere il cittadino per dirgli che si sta facendo qualcosa. Agli automobilisti le strade, ai cittadini le conferenze. Alle multinazionali il mercato, ai cittadini l’idea dell’alimentazione sana. Facciamo un cambio. Diamo le strade ai pedoni e le conferenze agli automobilisti nelle quali spieghiamo perché questa scelta fa bene alla salute. Poi detassiamo chi ci vende cibi sani e facciamo le conferenze per le multinazionali per spiegare perché non è più il caso di permettere gli spot sulle merendine. Non abbiamo bisogno di conferenze, abbiamo bisogno di fatti, le conferenze lasciamole agli altri.

Non occorre molto per capire quali sono i cibi che è importante sostenere e quelli che non meritano di essere agevolati nella distribuzione. E così non occorre molto per capire quali sono le strade che erano state costruite per persone e cavalli e quali sono le tangenziali costruite esclusivamente per auto, camion e autobus. Non c’è bisogno di una rete di piste ciclabili in una città antica perché è tutta una lunga rete ciclabile all’interno della quale devono poter circolare solo mezzi pubblici, possibilmente elettrici, oltre ai pedoni, alle biciclette e, se ci sono ancora, anche ai cavalli. Alcuni amministratori sentenziano che una buona rete ciclabile all’interno della città non si può fare perché le strade sono strette e non c’è spazio per le bici, eventuali piste ciclabili andrebbero a togliere troppi parcheggi, soprattutto a pagamento con un mancato rientro per il Comune di proporzioni notevoli. Il problema c’è, è grave perché sono state messe in bilancio entrate che non dovevano essere computate (i proventi derivati dall’infinità di parcheggi in città) ma va visto nella sua drammatica realtà. Nelle nostre città attualmente non c’è più posto per le auto. Non possono essere città a misura di auto, a meno che non scegliamo di farci intossicare in modo cronico e perenne. Sono città nate per pedoni e cavalli non per le auto. Le strade costruite per le auto sono nelle periferie, non nei centri storici. La riconquista delle strade da parte dei cittadini non è una rivoluzione ma semplicemente una “restaurazione” di una cosa che c’era già, che c’è sempre stata e che negli ultimi 50 anni abbiamo tentato di stravolgere pensando di avere dei polmoni indistruttibili, ma non è così e l’abbiamo capito già nel secondo millennio.

Abbiamo la fortuna di avere città splendide che hanno solo bisogno di essere pubblicizzate e valorizzate per poter incrementare i flussi turistici ma siamo ancora lì a contrattare per pedonalizzare cento metri in più o cento metri in meno. Non è aumentando il numero dei convegni che riusciamo ad avere più peso politico quando si tratta di scegliere fra auto e polmoni. Bisogna scendere in piazza, ma a piedi o in bici, non in auto…