IL PROF. WALTER BRAGAGNOLO, IL “M.A.E” E LO STATO DI NECESSITA’

Rileggevo alcuni articoli del prof. Bragagnolo alcuni giorni fa e mi rendevo conto di quanto siano ancora attuali. L’opera di divulgazione del prof. Bragagnolo ha dato il suo massimo probabilmente fra gli anni ’80 e gli anni ’90 all’ISEF di Verona, poi con la trasformazione dell’ISEF in facoltà di Scienze Motorie qualcosa inevitabilmente è andato perso. Diciamo che l’eredità dell’ISEF di Verona probabilmente  per Scienze Motorie si è rivelata un pochino difficile da portare avanti forse per limiti strutturali più che per altro. Le persone in grado di portare avanti la teoria del “M.A.E.” in giro per il Veneto e anche per l’Italia ci sono, il fatto che queste persone non abbiano trovato molto spazio nei vari Istituti di Scienze Motorie dipende probabilmente proprio da un sistema organizzativo di questi istituti più che dalla capacità dei singoli insegnanti depositari del metodo. Insomma per dirla brevemente e in modo pragmatico come avrebbe fatto il profe purtroppo negli istituti di Scienze Motorie ci sono molti medici che di attività fisica ci capiscono un po’ pochino e mancano parecchi esperti del movimento che il vecchio ISEF aveva avuto cura di formare adeguatamente. Vai a capire se è un fatto politico o se è ancora un fatto di “rodaggio” un po’ cronico di questi istituti che devono ancora cominciare a funzionare davvero in modo efficiente, ma la realtà è che la diffusione del M.A.E. è ancora relegata al bagaglio culturale di  una elite di insegnanti per lo più formati nell’ISEF di quegli anni.

Io stesso mi rendo conto di essere un pessimo divulgatore del metodo se noto la pochezza di idee con le quali l’ho trattato nel mio sito, dove dovrebbe invece occupare ben altro spazio.

Il profe mi diceva sempre: “Non è importante che ti capiscano in tanti ma è importante che quei pochi che ti capiscono ti capiscano bene”. Forse ho fatto poco tesoro di questo ammonimento e animato da quello stato di “Necessità” del quale lui ha altrettanto dissertato con precisione mi sono spesso lasciato andare ad una ricerca spasmodica di comunicazione di massa su pochi argomenti, notevolmente semplificati e notevolmente banalizzati. Secondo il mio “stato di necessità” ho percepito la necessità di cercare immagini immediate per trasmettere informazioni che io ho sempre ritenuto basilari per poter trattare onestamente di sport e attività motoria in genere.

Allora lasciamo perdere per un momento che in Italia non esiste una cultura dell’attività motoria per tutti (e forse non è nemmeno mai esistita) e concentriamoci solo su un discorso di qualità, su un discorso elitario di un certo tipo di informazione. Quante persone più o meno corrono in Italia a vario titolo? Prendo la corsa come esempio perché nel disastro generale è quella che mostra almeno un segnale di attenzione, è molto più praticata di un tempo e non si può dire che sia sconosciuta dalla maggior parte degli italiani. Diciamo che a vario titolo la corsa può pure interessare qualche milione di italiani, difficile dire se 5 o 10, certamente più di uno se poi sono anche più di 10, tanto meglio, vuol dire che qualcosa si muove, nonostante tutto. Ebbene la corsa è una delle attività fisiche più semplici che ci sia (anche se potenzialmente un po’ traumatica) e che si presta benissimo all’applicazione del “M.A.E:” sopracitato a tutti i livelli. Quanti podisti credete che abbiano provato ad utilizzare il “M.A.E.” per la loro attività agonistica, amatoriale o anche semplicemente saltuaria che più saltuaria non si può? Diciamo 100? Azzardiamo 200? Sbagliamo di molto se diciamo che a 1000 proprio non ci si arriva nemmeno con tutta la fantasia possibile? Facciamo finta che i podisti siano solo un milione (sappiamo che sono molti di più) ed esageriamo nel dire che invece che 100 o 200 quelli che hanno applicato o hanno anche solo “provato” ad applicare il “M.A.E.” sono 1000. Stiamo trattando di uno su mille. Cambio domanda, molto più fastidiosa, questa l’ho fatta chissà quante volte in modo irriverente, polemico e pure monotono. Sapete che percentuale di podisti si trastulla con il tormentone delle frequenze cardiache? E sapete quale altra percentuale di podisti si fa guidare nelle sue sedute di allenamento da una “App”? Sono percentuali spropositate alle quali bisogna aggiungere il numero di quelli che usano il cardiofrequenzimetro o una stramaledetta “App” in palestra, senza andare a correre, per il solo fatto che sono lì a far finta di correre su un tapis roulant.

Non ti curar di loro ma guarda e passa. Più che citare il prof. Bragagnolo qui mi viene da citare Dante, ma qui siamo veramente alla deriva dell’attività motoria.

Bragagnolo diceva: “Se tu capisci qual’ è la via giusta, automaticamente capisci anche qual’ è quella sbagliata, non è vero invece il contrario per il semplice motivo che le vie sbagliate possono essere molteplici”.

Allora io più che prendermela con i cardiofrequenzimetri e la falsa cultura ad essi collegata dovevo sviluppare e pubblicizzare il M.A.E..

C’è che, altra cosa chiamata spesso in causa dal profe, io tento di essere realista e se la domanda è fatta da 100 quesiti sul cardiofrequenzimetro e nessuno sul M.A.E. io faccio comunque fatica a portare in campo le problematiche legate ad una corretta utilizzazione del “M.A.E”.

Si arriva al quesito se sia nato prima l’uovo o la gallina: non è che mi arrivino una infinità di domande sul cardiofrequenzimetro perché io mi ostino a dire che non serve a nulla e non me ne arrivano sul “M.A.E.” perché persevero nell’errore di considerarlo poco? Allora alla fine sono al giochino, tipico della mia dialettica (e questa avrebbe fatto sorridere anche il profe) che quando vi scrivo “Non pensate ad un elefante rosa e con i puntini neri” va sempre a finire che chi legge pensa proprio ad un elefante rosa e pure con i puntini neri.

Ecco allora l’esercizio del giorno è “Non pensate al M.A.E., metodo dell’amplificazione dell’errore” e chissà che non si possa avviare un sano dibattito. Magari per pochi intimi ma comunque proficuo. Buona lettura e buona divulgazione a tutti.