IL GIOCO DEI BAMBINI IERI E OGGI – 2

Visto che il mio articolo di maggior successo è stato proprio quello dedicato al gioco dei bambini e visto che quell’articolo, anche se tutt’ora oggetto di attenzioni è ormai un articolo un po’ stagionato, provo a replicare con una delle solite “cover” che non hanno mai il successo dell’originale.

Scrivevo cose piuttosto ovvie, su quell’articolo, e facilmente riscontrabili da tutti, anche senza leggere il mio articolo. Riprendendo quelle osservazioni vorrei focalizzare ora su un punto che forse merita maggior approfondimento: la paura che hanno i maestri nell’affrontare il gioco dei bambini di adesso.

E’ una paura legata essenzialmente a due aspetti: 1°) Hanno paura che i bambini si facciano del male quando giocano a scuola; 2°) Hanno paura che i genitori reagiscano in modo esagerato anche di fronte ad infortuni piuttosto banali creando problemi seri a chi può essere ritenuto almeno parzialmente responsabile di quell’infortunio.

Le due paure ovviamente sono collegate e purtroppo hanno un fondamento concreto nella realtà attuale. Sono paure che devono essere “controllate” perché di fatto vanno a limitare troppo e in modo certamente pericoloso il gioco praticato dai bambini a scuola.

E’ essenziale capire la pericolosità di questo atteggiamento per avere nuove energie per tentare di affrontare il problema. Sul piatto della bilancia non ci deve essere solo la pericolosità dell’eventuale infortunio ma ci deve essere anche la pericolosità molto più concreta di un danno certo e conclamato che è quello della sedentarietà precoce dei bambini. Il danno è ben documentato statisticamente e ha creato problemi molto più consistenti di tutti gli infortuni che ovviamente hanno continuato a verificarsi anche a scuola così come si verificano normalmente in tutti gli ambienti.

Si potrà osservare che a fronte di un discreto numero di infortuni di portata poco rilevante ne possono accadere anche di rari di una certa gravità, sono certamente questi ad incutere terrore e a creare quella serie di problematiche che portano al blocco delle attività. Questi infortuni purtroppo possono accadere anche senza che vi siano situazioni di gioco, un bambino può cadere rovinosamente dalle scale, può andare a sbattere violentemente contro qualche spigolo, la scuola non è un ambiente ovattato ed imbottito dove qualsiasi infortunio è impossibile.

Sul fronte della prevenzione l’unica opzione è controllare costantemente i bambini sempre (non solo nelle fasi di giuoco) e proporre attività potenzialmente poco pericolose, dopodiché i miracoli non si possono fare. Il secondo fronte sul quale intervenire concretamente è quello legale. Fermo restando che è sempre opportuno accertare cosa è successo quando accade un infortunio grave non è assolutamente sensato attribuire responsabilità agli insegnanti quando sono state messe in atto le precauzioni necessarie per evitare l’infortunio. Se due bambini si scontrano frontalmente finché stanno correndo ed arrivano ad un improbabile ma purtroppo non impossibile trauma cranico non si può assolutamente imputare nulla agli insegnanti. Questi bambini non si stavano arrampicando su piante alte venti metri, stavano semplicemente correndo.

Bisogna ammettere che i nostri figli sono sempre meno “allenati” a giocare ed a volte riescono a farsi del male anche in situazioni nelle quali una volta assolutamente non rischiavano nulla. Ce ne sono di quelli che fanno fatica a valutare bene lo spazio, hanno problemi percettivi e di gestione del movimento, questi problemi possono anche portare ad una maggiore pericolosità nel normale gioco. Questa realtà molto scomoda è un motivo in più per dire che i bambini di oggi hanno terribilmente bisogno di giocare e non è assolutamente sensato vietare il gioco perchè si ritiene che sia diventato più pericoloso. Semmai questa nuova situazione può costringere a maggior attenzione nell’azione di sorveglianza e di selezione dei giochi da proporre ma non per questo il gioco diventa quello di stare fermi.

Insomma non solo è mutato in modo sostanziale l’ambiente nel quale i bambini si trovano a giocare ma c’è stato anche un cambiamento di atteggiamento di tipo “iperprotettivo” che ha prodotto dei veri e propri disastri.

Il fatto che il mio articolo ovvio e scontato sia stato letto da molte persone testimonia che il problema è sentito. Non possiamo ricreare l’ambiente di una volta ma possiamo adoperarci perché i bambini possano avere più occasioni di gioco. Se poi andiamo a scoprire che queste occasioni di gioco vengono limitate anche dal fatto che c’è stato un cambio di atteggiamento netto nel valutare altri deficit nei bambini allora riusciamo a capire che tutto ciò dipende molto dall’atteggiamento degli adulti più che dalla volontà dei bambini. E così, riprendendo l’osservazione che facevo su quell’articolo di tempo fa, con la stessa tempestività con la quale oggigiorno riusciamo a rilevare eventuali deficit in italiano o in matematica dobbiamo riuscire a rilevare anche pericolosi deficit nelle attività motorie per non arrivare al disastro del bambino che è perfino pericoloso quando gioca perché ha grosse lacune nella valutazione spazio temporale dei suoi movimenti. Il deficit in matematica e/o in italiano è facilmente colmabile in tempi successivi, il deficit di attività motoria tende a cronicizzare ed a produrre situazioni non risolvibili facilmente, nemmeno con i famosi corsi di attività psicomotoria che, ripeto, sono certamente utili ma non possono fare miracoli perché si svolgono su due o tre ore settimanali quando di ore ne occorrerebbero almeno dieci. Sperare che un bambino migliori le sua capacità motorie con due o tre ore di attività fisica alla settimana è come sperare che impari l’italiano con dieci minuti di dettato alla settimana. Per carità, se si chiama Dante può impararlo anche così ma non possiamo sperare che i bambini italiani si chiamino tutti Pietro Paolo Mennea e abbiano innate abilità di movimento. In ogni caso se è vero che Dante probabilmente si applicava molto nello studio anche da bambino è pur vero che Pietro Paolo Mennea ha sempre fatto tanta attività fisica. Altrimenti avrebbe forse conseguito ugualmente quattro lauree come ha fatto da atleta ma non avrebbe certamente fatto il record del mondo dei 200 metri. Non ci interessa un soggetto che riscriva la Divina Commedia e neppure uno che stabilisca un record del mondo che resiste 17 anni, ci interessa crescere bambini felici che possono diventare atleti o avvocati, cantanti o medici, ma comunque sani.