IL GENITORE FOLLE E LA DRAMMATIZZAZIONE DELLA SCUOLA

Un genitore minaccia di morte il professore che vuole bocciare suo figlio. Preferisco commentare nell’immediato con una vena tragicomica questa notizia perché abbiamo veramente toccato il fondo. “Poi però si ravvede, chiede scusa e dichiara che si limiterà a ferire gravemente l’insegnante senza assassinarlo del tutto”. Questo commento l’ho aggiunto io ma pare sul serio che sulla notizia che non sono più riuscito a seguire fosse riportato “Poi chiede scusa…”.

Dunque un genitore folle da trattamento sanitario obbligatorio ed una scuola che ancora nel terzo millennio gioca sul concetto della meritocrazia come se il mondo del lavoro non fosse già abbastanza selettivo e meritocratico.

Non sto giustificando il genitore folle. Non so nemmeno che età ha il ragazzino in questione. Se è un bambino, l’ordinamento scolastico prevede  che  si deva concordare con i genitori una eventuale ripetizione dell’anno valutando i pro ed i contro ed a quel punto il genitore ha poco da arrabbiarsi perché è proprio lui a soppesare la questione ed a esprimersi sulla possibile bocciatura. Se invece non è un bambino ma un ragazzino già in grado di valutare pro e contro della bocciatura non capisco perché continuiamo a tenerci i genitori in mezzo alle scatole che ostacolano il processo di apprendimento e la maturazione dei ragazzini. Si parte subito con il piede sbagliato immischiandosi nei compiti dei bambini con tanto di insegnanti che invece di disincentivare tale atteggiamento lo motivano adducendo la scusa che “E’ meglio seguire il bambino, altrimenti resta indietro”. Ma resta indietro cosa, che dopo a tredici anni devi ancora chiedergli se ha fatto i compiti come se a scuola ce l’avesse mandato il medico di base? Si è perso l’entusiasmo per la scuola e gli insegnanti devono mettersi in testa che sono soprattutto dei motivatori. Un insegnante che boccia un ragazzo è uno che boccia sé stesso, vuol dire che ammette di non essere riuscito a trasmettere un minimo di entusiasmo per la materia. Ma allora se non ti piace ciò che insegni cambia mestiere perché il problema è tuo e non di quel ragazzino che si annoia a morte durante le tue lezioni.

La scuola italiana è imbrigliata nella logica delle valutazioni. Si perde un sacco di tempo nella valutazione e si investono pensieri ed emozioni su questa che ha una valenza formativa ed educativa tendente allo zero. A casa mia quello che ha bisogno di imparare è quello che fa le domande. Se i professori continuano a far domande diamo lo stipendio ai ragazzi perché mi viene da pensare che l’esigenza di informazione sia proprio dei primi. Se i professori  hanno dei dubbi hanno i libri di testo e pure gli aggiornamenti a loro dedicati, non devono far perdere tempo con i loro dubbi ai ragazzi e l’unica domanda sensata è “Avete capito la lezione? C’è qualche problema?” Dopo di che la lezione può precedere senza formulare una classifica fra zucconi e sapientoni perché quella classifica sarà il mondo del lavoro a decretarla.

Mi pare di vedere quei ragazzini viziati che vanno a fare la gara solo se c’è in palio la medaglia. La vera  medaglia è la salute che guadagni praticando lo sport e se ti piace l’agonismo il vero premio è riuscire a precedere in classifica il tuo rivale. Qui si che deve esistere una classifica per rispetto di chi ama anche l’agonismo ma è una classifica che non boccia nessuno perché anche l’ultimo arrivato ha diritto a procedere nel suo percorso sportivo e capire se è arrivato ultimo perché proprio non ce la fa o se è perché se l’è presa comoda e ritiene che la sua salute vada ricercata in quel modo, è compito nostro fino ad un certo punto.

E’ una scuola competitiva dove al paradosso chi non riesce a fare una certa misura di salto in lungo andrebbe bocciato, perché se ci sono degli standard minimi in matematica allora, a quel punto, è giusto che ci siano pure nel salto in lungo e nel getto del peso.

E’ una scuola stressante dove l’allievo va per ottenere un certificato di abilitazione e non  per apprendere e allora il genitore non si preoccupa che suo figlio abbia frequentato con profitto la scuola e ne abbia vissuto occasioni di crescita ma si occupa che riesca a prendere la patente come se quella patente ti permettesse di circolare meglio sulle strade della collocazione nel lavoro.

E’ una scuola che non fa i conti con la realtà perché la vera patente è la capacità di destreggiarsi nella vita reale e non la possibilità di allungare il curriculum. Abbiamo un presidente del consiglio che sul curriculum ha scritto un sacco di stronzate ma a stabilire se sarà un buon  presidente del consiglio non sarà quel curriculum insignificante che invece ha già dato la possibilità a suoi immediati detrattori di sparare subito merda sulla sua immagine ma le reali capacità nell’espletare l’incarico che si spera che potrà dimostrare di avere nel proseguimento dello stesso.

In una scuola fatta bene nessun genitore minaccia nessun insegnante in primo luogo perché i genitori non devono immischiarsi nel rapporto allievo-insegnante (nello stesso modo nel quale nello sport non devono intrufolarsi nel rapporto allievo-allenatore). Se un genitore ha nostalgie di frequentazione scolastica può pure tentare di reiscriversi a qualche accidenti di scuola o facoltà universitaria ma non deve intromettersi nelle questioni dei figli in modo iperprotettivo anche per non ostacolare il processo di maturazione dei ragazzi, alla stessa stregua di come un genitore che ha vedute lungimiranti in tema di allenamento calcistico può pure provare ad intraprendere la carriera di allenatore senza stressare l’allenatore del figlio con le sue teorie innovative.

Se poi qualcuno mi obietta che questa scuola fatta bene non esiste ancora allora è il caso di studiarla bene ma in modo globale non nella situazione specifica del pirla di turno che rischia di essere bocciato perché a scuola si annoia a morte, non riesce ad imparare nulla e le domande invece di farle lui che deve imparare continua a farle l’insegnante come se fosse un vero tonto che è da trent’anni che fa sempre le stesse domande e non  ha ancora capito la risposta.

Purtroppo esistono anche insegnanti che non hanno voglia di imparare e su questa scuola delle verifiche del secolo scorso ci marciano perché è l’abc del quieto vivere di una scuola che andrebbe profondamente rinnovata.