I TRE LIVELLI DELLA PREVENZIONE

Esistono tre livelli di prevenzione sanitaria, se vogliamo guardare la situazione da un punto di vista un po’ evoluto e non accontentarci del “minimo sindacale” riferito alla prevenzione di tipo medico.

Il “primo livello tradizionale” per conto mio corrisponde al livello “zero” di un sistema evoluto ed è proprio il “minimo sindacale” che ci si possa attendere da un sistema degno di essere definito tale. E’ il livello della prevenzione con diagnosi. Io non oso nemmeno chiamarla prevenzione vera ma la chiamo piuttosto “buona sanità” e riguarda i medici perché stiamo già tentando di discernere fra persone sane e persone malate. Quando andiamo a formulare una diagnosi, per precoce che sia, trattiamo di un argomento medico e, pertanto, è pure possibile che la “vera prevenzione” ci sia già sfuggita. E’ comunque doveroso e fondamentale che i medici arrivino a formulare la diagnosi tempestivamente, prima che la malattia sia in fase avanzata e conclamata e pertanto difficile da arrestare. E’ pure importante che la classe medica sia sempre più abile nel capire quando gli esami per questo tipo di prevenzione sono effettivamente necessari per evitare costi esorbitanti di monitoraggio dell’intera popolazione. Penso, per esempio, agli esami molto sofisticati proposti insistentemente alla popolazione degli sportivi, per evidenziare pseudo-patologie tutt’altro che importanti a concreto basso rischio, quando questi esami potrebbero essere invece suggeriti alla popolazione sedentaria molto più predisposta a situazioni ad alto rischio. Questo comportamento, non razionalmente sostenibile, viene definito “medicina difensiva” più che vera prevenzione perché ha essenzialmente motivazioni di carattere legale. Se muore uno sportivo, anche se l’evento non era umanamente prevedibile, le implicazioni di carattere legale sono infinite, se muore un sedentario, anche se l’evento luttuoso era altamente prevedibile e scongiurabile, non è responsabile nessuno. Questa situazione è semplicemente paradossale e, anche se non è giusto colpevolizzare nessuno in modo drammatico di una piaga molto difficile da debellare qual’è la sedentarietà, è opportuno almeno porre rimedio ad assurdi cavilli legali che di fatto ostacolano la prevenzione reale tramite l’attività sportiva.

Siamo l’unico paese europeo e, probabilmente, nel mondo che pone problemi di natura legale alla conduzione di una sana pratica motoria agonistica anche in presenza di patologie piuttosto comuni e abbiamo pure il coraggio di farci vanto di questa situazione dicendo che siamo all’avanguardia della disciplina auspicando che anche gli altri si adeguino alla nostra follia legislativa. In realtà nei paesi evoluti gli sportivi sono liberi di morire sul campo sportivo a 93 anni e muoiono molto meno sulle strisce pedonali. In Italia è stata negata la pratica di attività sportiva agonistica per motivi precauzionali a soggetti ultraottantenni in buone condizioni fisiche anche solo per sopraggiunti “limiti d’età” senza una patologia ben precisa in atto. Come dire, sei ottantenne, hai chiuso con lo sport. Puoi continuare a fumare ma devi smettere con lo sport. Se continui a fumare e muori di cancro ai polmoni non va in galera nessuno. Se fai sport e schiatti sul campo può andare nelle grane il tuo medico sportivo. Questo atteggiamento può essere umanamente comprensibile in sport laddove un tuo atteggiamento pericoloso può mettere a repentaglio la salute altrui (penso, per esempio, all’automobilismo dove una tua defaillance può creare rischi a chi compete assieme a te) ma è assolutamente insensato in sport nei quali un evento drammatico che riguarda la tua persona può si rattristare i tuoi contendenti ma non pone certamente a repentaglio la loro salute.

Siamo un paese di telespettatori e la morte di un professionista dello sport in televisione fa certamente più scalpore della morte di decine e decine di “non professionisti dello sport” sulle strisce pedonali. La legislazione si adegua al fatto emotivo e non ai numeri ancor più scomodi della statistica.

Fatta questa ampia ma doverosa premessa passiamo concretamente ad elencare i tre livelli della “vera” prevenzione che riguarda i soggetti sani e pertanto non contempla una suddivisione secondo livelli di patologia come suggerito dalla medicina.

Il primo livello è quello “informativo”. Si tratta di informare la popolazione su quelli che sono gli stili di vita da attuare per tentare di vivere più sani possibile e mantenere questa buona salute più a lungo possibile. In questo campo non si può negare come si siano mossi passi decisivi nel nostro Paese negli ultimi decenni. Che il fumo fa male ormai lo sanno anche i muri. Tornando alla televisione (sport nazionale “numero uno”) si sono fatte anche campagne informative tramite questo capillare strumento. Poi esistono ancora delle contraddizioni e, per esempio, lo Stato riesce ad avere buone entrate dai fumatori sopravvissuti. Questa cosa, accettabile da un punto di vista in quanto l’elevato costo del pacchetto di sigarette dovuto all’elevata imposizione fiscale funge da deterrente contro la perpetuazione del vizio, è quanto meno discutibile da un altro punto di vista andando a creare un conflitto di interessi fra Stato e cittadino nel momento nel quale il cittadino si è definitivamente liberato dal problema. Se vogliamo è la stessa cosa che avviene con automobili e carburanti. In tutti i modi si incentiva il cittadino ad usare meno possibile l’auto poi, però se davvero il cittadino se ne libera mette in ginocchio lo Stato perché lo priva di un’entrata colossale.

Il conflitto di interessi avviene anche con lo sport. Lo sport per tutti viene giustamente pubblicizzato in modo insistente e continuo, poi però se il cittadino pretende di praticare lo sport, invece di limitarsi a guardarlo per televisione, crea un problema allo Stato perché aumenta l’esigenza di onerose strutture sportive. E quando non sono strutture sportive anche le sole piste ciclabili o i marciapiedi per camminare o meglio ancora i parchi per praticare l’attività motoria in modo salubre, costituiscono un nuovo costo assolutamente non trascurabile da sostenere.

Insomma la prevenzione primaria tramite campagne informative viene effettuata anche se pare che l’unico che abbia da rimetterci sia proprio lo Stato. Ma, almeno a parole, ci sostiene e ci indica la strada giusta.

Poi esiste la prevenzione del secondo livello. Quella è già più complessa e difficile da sostenere. Riguarda la creazione delle strutture che possano servire a mettere in pratica gli stili di vita pubblicizzati con le campagne informative. E’ la fase applicativa. Premesso che ti ho suggerito di smettere di fumare, di praticare sport e di cominciare ad usare meno l’auto per andare a piedi ti offro gli strumenti per fare queste cose. Ed allora con i proventi derivanti dalla tassazione del pacchetto di sigarette costruisco strutture dove puoi disintossicarti dal fumo. Poi costruisco gli impianti sportivi anche se non devo organizzare nessuna Olimpiade ma solo per la necessità di far praticare sport a tutti i cittadini, anche a quelli che non vinceranno mai nessuna Olimpiade. Quindi con i proventi derivanti dal bollo auto e dalla tassazione dei carburanti finanzio il trasporto pubblico ed il potenziamento della rete di piste ciclabili.

Qui già la faccenda si complica perché l’evoluzione di questa storia porta ad un epilogo drammatico: il cittadino sopravvive ma lo Stato muore. Se nessuno fuma più, tutti fanno sport (e magari, per questo producono pure meno, perché utilizzano più tempo libero), nessuno va più in auto, lo Stato muore perché non ha più entrate ed i costi sono aumentati. L’unico settore che va meglio è quello sanitario, probabilmente un po’ di miliardi lì riusciamo a risparmiarli se la salute dei cittadini è migliorata ma non è detto nemmeno quello perché lo Stato che muore crea problemi di salute a milioni di cittadini che sulle entrate dello Stato proprio ci campano. Insomma si profila una catastrofe.

Abbastanza facile capire perché la prevenzione del secondo livello non ha trovato ancora il conforto della pianificazione degli strumenti attuativi.

Potremmo fermarci qui a meditare a lungo su quelli che sono gli scenari futuri più probabili se non fosse che è ipotizzabile un terzo livello di prevenzione. Il terzo livello è strettamente connesso al secondo e probabilmente non esiste ancora proprio perché ci sono già dei seri problemi nel raggiungimento di questo secondo livello di prevenzione appena descritto. Con il terzo livello si trovano le persone incaricate di portare a destinazione con precisione sul territorio le indicazioni generali di prevenzione suggerite con la campagna informativa del primo livello. Praticamente mentre con la campagna informativa a livello generale io ti faccio capire quelli che dovranno essere gli stili di vita da assumere per stare meglio con la prevenzione del terzo livello io metto in campo proprio i personaggi che porteranno queste indicazioni a casa tua. E così formo del personale medico che serve proprio per sconfiggere il vizio del fumo sul territorio. Formo del personale che nei vari Comuni si occupa di razionalizzare l’offerta di attività fisica studiando caso per caso la carenza di strutture e di personale per poter raggiungere la totalità della popolazione (e così sono costretto ad inventarmi una fantascientifica figura di insegnante di educazione fisica che non si occupa solo degli studenti ma di tutta la popolazione…). Prevedo l’insediamento di amministratori incaricati di revisionare il sistema di mobilità secondo le nuove linee guida e dunque di rivoluzionare la mobilità urbana. Queste cose ancora non esistono e non possono esistere perché il giorno che entrano in campo questi personaggi davvero la società cambia. Non siamo ancora pronti per questi cambiamenti epocali.

Al momento dobbiamo accontentarci della prevenzione del primo livello. Sapete cosa dovete fare, forse potete farlo. Se non ci riuscite per certi versi è meglio perché abbiamo ancora bisogno di gente che fuma, di gente che va in automobile e se un novantatreenne vuole ancora fare le gare di atletica leggera è meglio che le faccia di nascosto perché se tutta la popolazione, vedendo quel novantatreenne che gareggia si mette in testa di fare atletica leggera ci crea un problema irrisolvibile di carenza di strutture. Abbiamo un’infinità di televisori, per favore lo sport continuate a guardarlo molto per televisione perché non abbiamo ancora i mezzi per farlo praticare a tutti.