CENTRALITA’ DELL’ASPETTO EMOTIVO

Sovente siamo portati a pensare all’aspetto emotivo di una particolare prestazione sportiva come ad un correlato abbastanza marginale della stessa. Un dettaglio che può anche avere la sua importanza ma non è comunque fondamentale. Io sono convinto, al contrario, che l’aspetto emotivo nella prestazione sportiva sia quello a condizionarla in modo importante, addirittura nel modo decisivo per poter dire se quell’atleta è andato più o meno bene in quella competizione.

Questo non solo in gara ma anche in allenamento, non solo nello sport ma anche in tutte le cose della vita, nel lavoro, nella scuola, nella gestione del tempo libero. Fino ad ora avevamo pensato che fosse decisivo solo nelle questioni sentimentali, certi addirittura pensavano che si potesse scavalcare pure lì, quando si tratta di unire due famiglie, per chissà quali folli motivi che non dipendano solo da ciò che accade a livello sentimentale, fra i due protagonisti della relazione che con il contorno devono aver gran poco a che fare in una società evoluta.

Illusi, non solo l’aspetto emotivo è fondamentale in tutte le relazioni umane (c’entra pure con la cassiera del supermercato e nessuno deve esserne geloso perché è così per tutti e non è questione di fedifragicità…) ma è importantissimo anche in tutto ciò che facciamo.

Esempio un po’ curioso nello sport può essere quello dell’allenatore che ha un potere carismatico sull’atleta che qualsiasi cosa che dica ha un effetto benefico.

Si arriva al limite dell’assurdo e dell’incredibile ma, in barba ad un aspetto tecnico che non sta in piedi, può pure essere che l’allentore suggerisca un cambiamento dell’assetto di corsa che è decisamente inopportuno ed irrazionale, però l’atleta ci crede, è convinto che quel cambiamento sia decisamente utile, lo mette in atto e… si trova bene e migliora pure i risultati. Come può avvenire questa cosa? Intanto bisogna ammettere che il cambiamento non può essere devastante altrimenti la verità viene subito a galla, ma se il cambiamento, pur essendo sconveniente, è di bassa rilevanza accade che la netta positività del buon impatto emotivo produce una nuova situazione molto positiva a livello nervoso che migliora anche in modo insondabile altri aspetti coordinativi del movimento. In poche parole funziona meglio l’atleta ben disposto con un piccolo handicap di quello perfettamente funzionante ma forse un po’ deconcentrato. Memorabili nel calcio certe prestazioni di squadra dopo l’espulsione di un giocatore magari pure molto importante per quella squadra. La stimolazione dell’intero gruppo ad una situazione emotiva del tutto particolare porta la squadra ad un grande rendimento. Potrebbe sembrare un insulto per il giocatore espulso il fatto che la squadra tenga un elevatissimo rendimento anche senza di lui ed invece è un complimento perché è la dimostrazione che la squadra, conscia di aver perso una pedina importante è entrata in uno stato di allarme emotivo tale che ha incrementato il valore totale del gruppo.

Sempre restando nel grande calcio, si rileva come molto spesso il cambio dell’allenatore almeno nella fase iniziale produca un buon miglioramento dei risultati. Ciò avviene essenzialmente per un fatto emotivo perché è impossibile che la svolta tecnica, se esiste, possa dare frutti in pochi giorni.

In ogni allenamento, in ogni competizione, in tutta la gestione del tempo libero, non solo dello sport, dobbiamo sempre tenere ben presente l’aspetto emotivo. Il dettaglio tecnico al quale spesso diamo molta importanza magari non ne ha proprio nulla in confronto all’aspetto emotivo e le misure dell’analisi tecnica in tal senso non possono certamente venirci in soccorso perché sono assolutamente non idonee ad analizzare l’aspetto emotivo troppo complesso per poter essere analizzato e misurato con una certa precisione.

Ricordo un mio collega di corso all’Isef quando, in un’ottica di una potenziale riforma che poi arrivò un tot. di anni più tardi, si iniziava già ad accennare alle “Scienze Motorie”. Lui era un lungimirante, era almeno mezzo secolo avanti alla storia e già allora sentenziava “Macché scienze motorie e scienze motorie… non esiste! Io sono un “Poeta del movimento” altro che scienze motorie!

Ecco io non ho quella presunzione, magari fossi un “poeta del movimento” però, se non per il fatto che un po’ vecchio lo sono, sono almeno uno “storico” del movimento e quando si muovono critiche alla scienza del movimento che non può muoversi certamente (ed io aggiungo per fortuna…) con standardizzazione dei protocolli come la scienza medica, rilevo che questa cosa l’avevamo già capita prima che si sognassero di definire le arti del movimento “Scienza Motorie”. E’ andata così, forse fra mezzo secolo riconosceranno l’osservazione del mio collega di corso.