BASTA TELEFONINO, RIPRENDIAMOCI LA VITA

Ero ai campionati di società di atletica, ieri, quelli della categoria cadetti che sarebbero i ragazzini di 14-15 anni. Notavo come l’atletica sia in ripresa. Il Covid, che ha messo in crisi gli sport che si effettuano in palestra, ha dato ossigeno all’atletica che si pratica all’aperto e così molti ragazzini che praticavano altri sport hanno dirottato sull’atletica scoprendo che è divertente e ci sono rimasti senza considerarla solo un rimedio temporaneo per fare attività sportiva durante il Covid.

Con questa motivazione alcuni tecnici danno spiegazione ad un fenomeno che non è per nulla preoccupante e che è piuttosto visibile a chi frequenta i campi di atletica da qualche decennio. E’ aumentata la quantità dei partecipanti ma è sceso il livello medio. Personalmente, con riferimento a queste categorie, dal punto di vista delle prestazioni la cosa mi fa quasi piacere, nel senso che non è assolutamente il caso di cercare i risultati in modo spasmodico a questa età ed uno sport dove il livello medio di prestazione non è molto elevato fa più pubblicità a sé stesso in quanto ha migliori possibilità di reclutamento. Chi sa che si può avvicinare a quello sport senza rimediare brutte figure, senza fare subito la figura dell’ultimo arrivato, ha meno blocchi psicologici a buttarsi dentro ed è anzi incentivato dal fatto che, senza tanta specializzazione, riesce quasi subito ad offrire risultati decorosi. Voglio sottolineare come la componente agonistica nell’atletica sia determinante e sia buona parte del vissuto in questo sport, a tutte le età, dai 10 ai 100 anni e passa, dove se bisogna estendere ulteriormente questi limiti io sono più propenso a superare i 100 che non ad anticipare sui 10, età nella quale l’agonismo rischia di essere gestito male e forse un po’ di sano campo giuochi è già più che sufficientemente agonistico.

Chiudendo su questa importante premessa io dico che il livello medio è sceso solo perché la maggior parte dei ragazzini si allenano solo due o tre volte la settimana e non quattro o cinque come facevamo un tempo. Non perché abbiano meno entusiasmo ma solo perché gli impegni scolastici sono drasticamente “peggiorati” (ed in questo “peggiorati” chi mi conosce sa tutta l’infinità di parole che voglio comprendere e che non voglio ripetere per l’ennesima volta per non tediare oltre modo i miei pochi lettori…).

Semmai, fattore di livellamento delle prestazioni derivante dalla confluenza di ragazzi provenienti da altri sport potrebbe essere non carenza di specializzazione (poco importante a questa età) bensì il vizio di allenarsi meno di quanto ci si allenava solitamente in atletica tempo fa. Chi proviene dagli altri sport porta il suo stile e lo stile prevalente è indubbiamente quello dei due o tre allenamenti alla settimana. Ci sono ragazzi (i genitori più che altro, se fosse per i ragazzi verrebbero al campo anche tutti i giorni) che arrivano al campo con la premessa che più di due o tre volte la settimana non potranno frequentare il campo e chi li accoglie non può certamente decidere che ci si allena tutti i giorni punto e basta, la realtà è questa. Per cui la prima botta alla possibilità di allenarsi di più è stata data dalla scuola in tempi ormai remoti (per gli insegnanti di adesso è cosa normalissima, non se ne fanno un problema, sono stupiti che un tempo esistesse uno sport che si praticava tutti i giorni e non a giorni alterni…) la seconda arriva in tempi recenti da questo afflusso di atleti provenienti da altri sport dove i due o tre allenamenti alla settimana erano la norma già parecchio tempo fa per motivi di carenza di strutture e problemi organizzativi che frenano l’attività a tutti i livelli.

La mia osservazione principale al campo ieri non era questa, tutt’altro, partendo da questa cosa ho rilevato come si possa fare atletica anche con un livello medio di risultati inferiore, semmai l’unico rischio è per quella ristretta cerchia di eletti che continuando a fornire risultati di tutto rispetto come e anche più significativi di quelli dei migliori di un tempo, si trovano a fare gli eroi di un movimento piuttosto consistente. C’è il rischio che questi eroi siano osannati un po’ troppo presto e vengano etichettati subito come fenomeni anche se non lo sono perché sono semplicemente in anticipo di crescita sugli altri ragazzi o allenati un po’ di più. Bene godere dei buoni risultati a questa età, assolutamente vietato far progetti di gloria perché per quelli in atletica si comincia a parlare dalla terza decade di vita.

L’osservazione bomba era tutt’altra e mi sono stupito di averla evidenziata solo dopo un po’ che ci pensavo su senza riuscire a coglierla nella sua portata immediatamente. Continuavo a chiedermi cosa c’era di diverso rispetto ad un tempo e non trovavo la risposta. Non i risultati, nemmeno il fatto che mancassero certe persone che avrei voluto vedere e lì l’ho buttata sul personale confrontandomi con la mia vecchiaia perché la vecchiaia è quando cerchi persone che non puoi trovare perché non ci sono più e sono presenti con lo spirito ma non con il fisico ed è stato proprio da lì che sono arrivato all’illuminazione folgorante immaginando cosa avrebbero detto tecnici dei tempi andati su quello scenario.

E questi grandi personaggi dei tempi andati non avrebbero fatto commenti su quanto avveniva sul campo se non del tipo “Dai bene, l’atletica esiste ancora, guarda quanti ragazzi, forza che va bene. Svegliatevi fuori come tecnici perché alcuni di loro sono molto acerbi (ti credo, a due allenamenti alla settimana…), ma nel complesso va proprio bene…”. Il commento principe sarebbe venuto all’unisono guardando le tribune con i ragazzi in attesa della propria gara o dopo aver fatto la stessa. Tribune ancora più piene del campo ma il commento sarebbe stato inequivocabilmente, pure con parolaccia iniziale: “Cazzo, ma sono tutti chinati sul telefonino, non parlano fra loro e tutti a guardare il telefonino! Com’è possibile?”.

Ed io mi sono stupito di non arrivare subito a questa considerazione perché ci sono pienamente dentro, pur se vecchio e pure refrattario a certe cose, per certi versi sono un uomo del futuro e non mi sono accorto che questa cosa che non funziona, che mi fa dire “Arridatece gli anni ’80” è proprio il telefonino. Il telefonino ha devastato il panorama ed ha peggiorato in modo drammatico la qualità della nostra vita. La comunicazione fra i giovani è massacrata e non mediata dal telefonino. Grazie al telefonino i giovani comunicano molto meno e non di più come si potrebbe pensare istintivamente. Così per conoscere atleti di altre squadre, di altre città, ci deve essere un motivo di telefonino perché se la logica del telefonino non si abbina a nuove esperienze, non c’è spazio per queste. Il trionfo è quando l’hai messo sul gruppo, dopo magari non sai chi è, ma se l’hai messo sul gruppo è dei nostri, nel momento in cui è nel telefonino allora esiste. Tu sei il tuo telefonino.

Lo so che finisco sempre sulla scuola ma se non ci insegnano a scuola che comunicare non significa stare perennemente a controllare quanto accade sul telefonino allora continueremo a trovare ragazzi che vivono al 50% l’entusiasmo di una gara di atletica ma, come la gara di atletica, qualsiasi altra occasione di aggregazione sociale.

La battaglia al telefonino io la vedo possibile solo a scuola, contro questa battaglia anche lo sport ha le armi spuntate perché si può benissimo fare sport anche senza trascurare il tuo telefonino. Tu fai la tua gara, dopo il risultato finisce sul telefonino, se gli altri lo vogliono vedere lo vedono, non ha senso che ne discuti tanto e ci perdi su tempo, dopo la gara sei libero di controllare il telefonino quanto vuoi. Insomma anche lo sport ha senso perché può finire sul telefonino. Ed invece io dico che lo sport ha senso perché può farti vivere la vita che è un qualcosa un po’ oltre al telefonino.

Viviamo l’era dei quiz a crocetta, forse questo è il vero problema. Dobbiamo imparare che ci sono risposte non standardizzate che non ci stanno nei quiz a crocetta. Se impariamo questo allora forse capiremo che ognuno di noi è molto di più del suo telefonino. Se la standardizzazione impera invece ognuno di noi non è libero di comunicare come vuole perché le modalità sono quelle del telefonino. Riprendiamoci la comunicazione, riprendiamoci la vita e mandiamo a cagare una volta per tutte tutti i telefonini con le loro faccette. “Arridatece gli anni 80” non è un moto nostalgico ma un inno alla vita. Il telefonino ha fatto il suo tempo e se i giovani non se ne accorgono dobbiamo essere noi vecchi a spiegare che si vive molto meglio senza. Del resto la responsabilità non è dei giovani ma nostra perché ad inventare il telefonino siamo stati proprio noi. Fatto il danno bisogna escogitare anche il rimedio.