ATTIVITA’ FISICA E DECRESCITA FELICE

Mi si chiede come concilio le mie idee politiche di sana diffidenza nei confronti del sistema capitalista con l’idea di una pratica sportiva per tutta la cittadinanza.

Chiarendo, senza prendere posizione politica, che sono decisamente favorevole alla filosofia della decrescita felice che non prevede un ben preciso indirizzo politico se non una grande sensibilità alle tematiche ambientali (e, se proprio dobbiamo metterla sul piano politico il quesito è “Dove sono finiti i verdi italiani? Quelli che sono riusciti a salvare Porto Marghera dal disastro ma poi sono praticamente spariti?”) mi preme osservare come decrescita felice e attività motoria per tutti non siano per niente in antitesi anzi siano due aspetti di una stessa filosofia di vita.

L’attività motoria per tutti è essenzialmente un’attività motoria che si può fare all’aperto, che costa poco, che si può fare con una certa continuità e che fa bene alla salute e pure all’ambiente. Non richiede l’assunzione di particolari porcherie e nemmeno l’ausilio di macchinari molto costosi. Richiede invece che venga dedicato ad essa una buona quota di tempo libero e dunque, in questa società dove il tempo libero è molto prezioso e merce rara, richiede un approccio piuttosto deciso a livello ideologico.

Se l’obiettivo è ancora produrre, consumare, e far aumentare il PIL del paese, allora c’è poco spazio per l’attività fisica per tutti perché c’è a malapena il tempo per ammazzarsi di lavoro e andare a casa a stravaccarsi davanti alla televisione per recuperare in vista del nuovo turno di lavoro.

Se l’obiettivo invece è cambiare marcia, rallentare, produrre di meno, consumare di meno consapevoli del fatto che il PIL può pure diminuire anche in modo significativo e non è questa la tragedia da evitare, allora salta fuori il tempo per l’attività fisica e diventa invece essenziale come ingrediente principale per trovare la forza di disintossicarsi. Lo shopping compulsivo, quella malattia dell’era moderna che ti porta a comprare un sacco di cose inutili, si combatte molto bene con l’attività fisica. Si tratta di sostituire l’ora di shopping compulsivo con un’ora di attività fisica. Fa bene al fisico, fa bene allo spirito, fa bene alla tasca e fa pure bene al pianeta.

Pochi anni fa c’era un folle pubblicità progresso che mostrava un cittadino con una borsa della spesa piena e sovraccarica per strada in attesa di avere via libera dal semaforo. Un altro cittadino, in quel momento, ringraziava il sovraccaricato per aver mosso l’economia e aver favorito il buon funzionamento del mercato. Questa pubblicità già allora era molto discutibile e adesso mostra proprio i limiti della sua mancanza di visione a lungo termine. Stiamo pagando salatamente gli effetti di quel modo di agire. Ora dobbiamo ringraziare chi va a fare attività fisica perché compra meno cose di chi non ci va, si spera che ne produca anche meno per trovare il tempo per fare attività fisica e contribuisce a disintossicare il pianeta dalla marea di merci spazzatura che l’hanno invaso.

Decrescita felice e attività motoria per tutti vanno proprio a braccetto. La filosofia di base arriva dalla decrescita felice ed il modus operandi può essere proprio preso pari pari dall’abc del sedentario che vuole darsi una mossa. “Corri che ti passa” potrebbe essere il motto dove con quel “che ti passa” si possono intendere veramente molte cose.

Ti passa la malinconia di chi si muove troppo poco e non ha la salute che ti viene data dal movimento. Ti passa l’esigenza di consumare come un vero consumatore compulsivo che poi, visto che consuma tanto, è pure costretto a produrre tanto per restare nel giro del consumo sfrenato.

Se fai molta attività fisica non hai più tempo per essere un “superproduttore”. E se decidi di declassarti da “superproduttore” a produttore comune devi avere una valvola di sfogo sulla quale convogliare le tue energie, le tue pulsioni, altrimenti vai in depressione. L’attività fisica viene in soccorso in questi frangenti, ti propone una nuova opzione. E’ chiaro che il discorso in linea teorica fila liscio mentre da un punto di vista pratico fa i conti con le mille problematiche del singolo e così, una per tutte, il lavoratore dipendente che non si fa assolutamente lui l’orario di lavoro ma deve subire quello che gli viene imposto non è che abbia molte possibilità di trovare tempo libero. E così sul ridurre i consumi in una società fortemente caratterizzata dal consumo inutile non è per niente facile perché, per esempio, in questa società se non hai l’automobile o lo smartphone sei considerato un marziano o un disadattato, non uno che ha deciso di risparmiare su certe spese.

La decrescita felice è un concetto terribilmente semplice, efficace ed auspicabile nel momento in cui riesce a diventare “moda”. Non lo è per niente se invece viene visto come atteggiamento stravagante di una elite di radical chic che credono di salvare il mondo semplicemente evitando i consumi inutili.

Anche qui l’attività fisica ci può venire in soccorso e servirci da copertura per questo folle progetto e al classico quesito “Perché non fai la tal cosa…” che costa un occhio e ci costringe a lavorare di più per pagarla, può farci rispondere “Perché non ho tempo…” invece che per un molto più ostile e combattivo “Per credo ideologico”, che non viene certamente digerito da tutti e ci mette su uno scomodo piano di emarginazione.

Insomma gli obiettivi sono due: uno è muoversi di più, l’altro è produrre di meno per inquinare di meno, sono due obiettivi che possono benissimo andare a braccetto e si autoalimentano. Per certi versi il primo è più tollerato e meno osteggiato del secondo e dunque possiamo tranquillamente dire che una buona e continua pratica fisica può anche essere funzionale ai concetti di messa in pratica dell’ideologia della decrescita felice che non è molto ben vista in tanti ambienti. Se questa è l’ideologia di base, l’attività fisica può essere anche un ottimo alibi e nessuno vi etichetterà per pericoloso terrorista solo perché pensate di più all’attività fisica che ad aumentare la consistenza del vostro conto in banca.

Ovviamente nessuno ha la verità in tasca e non si può sapere a priori chi opera la scelta migliore. Prendendo ad esempio la formica e la cicala è difficile dire se la formica sia colui che rinuncia alle lusinghe del sistema capitalista e rinuncia alla salute del conto in banca per puntare ad un altro tipo di salute, oppure se la vera formica non sia chi nonostante lo stress trasparente di ritmi di lavoro da impazzire continua a restare concentrato sulla sua produttività per accantonare quel gruzzolo che possa servirgli per un futuro brutto inverno dove chi ha abbastanza soldi ha diritto a vivere e chi non ne ha abbastanza deve letteralmente mettersi a fare lo schiavo per sopravvivere in qualche modo. Se pensiamo che il sistema capitalista non abbia alternative allora è pure possibile che questa seconda soluzione sia più prudente e azzeccata, se invece con un po’ di fatalismo pensiamo che la prima cosa da fare è tenersi la salute e poi i vari problemi si risolveranno pian piano allora è certamente utile anche dire che “Non abbiamo tempo per lo shopping compulsivo perché c’è l’allenamento che incombe”. Quell’allenamento che viene accettato più o meno da tutti come malattia non grave.