ASPETTO QUANTITATIVO ED ASPETTO QUALITATIVO DELLA PREPARAZIONE

Quando hanno trasformato i vecchi ISEF (Istituto Superiore di Educazione Fisica) in Facoltà di Scienze Motorie hanno commesso un piccolo errore: dovevano chiamarle “Arti Motorie”.

C’è un problema nell’indagare con metodo scientifico gli aspetti qualitativi della preparazione che è praticamente irrisolvibile. Con il metodo scientifico possiamo fare un’infinità di speculazioni attorno agli aspetti quantitativi della preparazione che ben si prestano ad essere codificati, misurati e dunque sperimentati con metodo scientifico, gli aspetti qualitativi sono tutt’altra cosa.

Quando parliamo di un’opera d’arte, per esempio un dipinto, dal punto di vista scientifico potremo sapere tutto di quel dipinto. Potremo sapere addirittura se la tela risulta aggredita da muffe o chissà quali batteri e particelle albergano nei meandri di quell’opera d’arte. Ma nessun critico d’arte si accontenterà mai di un giudizio esaustivo su quell’opera incentrato su quei rilievi scientifici. Di più, qualsiasi idiota che non ci capisce nulla di arte potrà permettersi il lusso di commentare dal suo punto di vista ed avrà pure delle chances di aggiungere qualcosa di interessante a quanto sia mai stato detto su quell’opera.

Così nell’attività fisica sia a bassi che ad alti livelli c’è una componente “tecnica” non sondabile scientificamente che a volte è addirittura preponderante per la valutazione del gesto in toto. In modo scientifico possiamo misurare i risultati, le quantità di allenamento, per esempio i pesi dei sovraccarichi adoperati nella preparazione, potremo anche fare un’analisi biomeccanica del gesto ma comunque alcuni aspetti qualitativi ci sfuggiranno sempre. Computerizzare la preparazione fisica è una follia. Anche se avessimo la possibilità di catalogare tutti i fattori di prestazione e riuscire a metterli in un programma il risultato di quel programma sarebbe una serie di dati avulsi dalla realtà di campo. Sarebbe un po’ come computerizzare un’opera di un artista. Forse potrà servire a replicarne artificialmente una copia ma nessun computer ci dirà quale sarà la prossima opera di quell’artista e riuscirà a produrla prima che sia stata creata.

Nell’impossibilità di utilizzare il metodo scientifico, gli aspetti qualitativi della preparazione devono essere trattati con grandi capacità intuitive. Lo stesso allenatore, molto esperto e preparato, può fallire completamente con un atleta del quale non è riuscito a comprendere alcune cose. La matematica c’entra poco, la possibilità di sbagliare è sempre comunque elevata anche se le condizioni di partenza sono ben sondate.

La necessità di non sbagliare, soprattutto quando abbiamo a che fare con atleti professionisti, è sempre più impellente. Gli sponsor premono per avere risultati sicuri e così la scelta di privilegiare l’aspetto quantitativo della preparazione che più facilmente si presta ad essere indagato con metodo scientifico diventa obbligata. Ne consegue un’ulteriore medicalizzazione della preparazione che quando è molto consistente in volume presenta delle problematiche di non facile risoluzione che devono essere assolutamente monitorate anche dai medici per non rischiare di creare dei problemi di salute. L’atleta moderno è un atleta costantemente monitorato dai medici ed anche per questo non può risultare positivo all’antidoping a meno che non abbia commesso qualche idiozia tipo “fai da te” riconducibile ai tempi di Coppi e Bartali.

Sull’eccesso di medicalizzazione dello sport ognuno dice la sua, è certo che la via più rapida per giungere al risultato è questa ed i romantici d’altri tempi, nostalgicamente affezionati all’analisi degli aspetti qualitativi della preparazione, devono ammettere che curando solo l’aspetto qualitativo non si può reggere la scena è si è condannati ad inseguire risultati che non interessano molto agli sponsor.

Non siamo tutti uguali e per fortuna c’è spazio anche per la nostalgia. Stamattina stavo andando particolarmente piano in auto approfittando del fatto che la domenica mattina presto le strade sono praticamente deserte e pensavo: “Ma accidenti sei sempre in coda tutta la settimana e per una volta che trovi la strada libera invece che scatenare i cavalli repressi della tua vecchia carcassa vai ancora più piano del solito! Sei veramente un tipo strano!…” Mi sono risposto ed autoanalizzato subito. Stavo semplicemente sfruttando l’opportunità di poter andare piano piano, quasi senza sentire il motore, esasperato da tutte le volte che qualcuno dietro ti suona il clacson o ti fa i fari appena hai un attimo di esitazione perché non sai quale strada prendere e stai studiando la segnaletica non sempre immediatamente comprensibile.

Lo sport moderno lo vedo così, se indugi sugli aspetti qualitativi della preparazione ti tagliano subito fuori, non raggiungi lo standard minimo di prestazione per poter competere a certi livelli e devi lasciare strada a quelli che si stanno ammazzando di allenamento. C’è poco da guardare il panorama, da tentare di capire che strada scegliere, la strada è una sola altrimenti puoi allenare solo atleti che faranno per sempre le comparse. Viva le comparse.