ANCORA SULLA COERCIZIONE

Tale titolo subdolo non vuole presentare un articolo un che tratta di problematiche sociali che hanno a che fare con il covid e che purtroppo devastano anche l’attività fisica dei comuni cittadini ma semplicemente far luce su alcuni meccanismi che caratterizzano l’atteggiamento coercitivo. Ogni allusione a quanto sta accadendo a livello politico in Italia nell’affrontare le problematiche del covid è puramente casuale e sull’argomento semmai mi preme solo ribadire che l’unica cosa sulla quale praticamente tutti gli italiani sono d’accordo è che se n’è fatta una vera fogna e siamo quasi arrivati a distinguere i cittadini in due grosse categorie: i vaccinati e i non vaccinati come se altri aspetti del vivere quotidiano non contassero più nulla.

L’argomento coercizione nell’attività fisica voglio introdurlo citando un esempio relativo al nuoto, sport fantastico che però presenta delle problematiche particolari. Si narra che la grande nuotatrice Pellegrini abbia avuto anche paura dell’acqua e allora questa cosa la rende ancora più immensa perchè la maggior parte dei nuotatori in acqua ci stanno proprio bene, è come si ci fossero nati dentro e uno dei loro punti di forza è proprio questa grande familiarità con l’ambiente acqua che facilita la prestazione sportiva.

Ci sono degli atleti (che purtroppo, almeno con riguardo al nuoto, è un po’ difficile definire tali) che hanno una paura fottuta dell’acqua e per loro anche il solo obiettivo di arrivare a finire una vasca in piscina senza problemi è un traguardo olimpico. Hanno una paura terribile dell’acqua per motivi che non sono nemmeno di ordine psichiatrico perchè sono soggetti normalissimi che hanno semplicemente paura dell’acqua. Così come ci sono soggetti normalissimi che non riescono a salire in ascensore (è una claustrofobia specifica legata a quella situazione e magari quei soggetti non hanno nessun problema in altre situazioni ad alto potenziale claustrofobico) ci sono quelli che si sentono soffocare in acqua. Se per chi ha il problema dell’ascensore è importante non abitare a New York altrimenti ti occorre certamente un bravo psicologo, per chi ha paura dell’acqua, se c’è l’ambizione di imparare a nuotare magari in modo non eccelso ma giusto da fare la stramaledetta simbolica vasca, anche senza andare dallo psicologo è importante comunque riflettere un po’ e avere comunque un atteggiamento estremamente prudente nei confronti di ogni scelta strategica per affrontare l’acqua. Oserei dire che il problema è più dell’allenatore-istruttore perché l’allievo tende semplicemente a scappare, il problema non se lo pone proprio, evita l’acqua punto e basta.

In una situazione simile agire con sistemi coercitivi è pure follia èd è il miglior metodo per mangiarsi per sempre la possibilità che quel nuotatore “non nuotatore” riesca a coprire uno splendido giorno una magnifica vasca tutta intera senza affondare clamorosamente.

Situazione concreta: un istruttore (spero che non esistano più altrimenti sarebbe il caso di ritirargli la patente, una volta purtroppo ne esistevano) che spinge in acqua a tradimento un ragazzino che ha paura di entrare in vasca compie un duplice errore, il primo è semplicemente un problema di sicurezza: se l’acqua è alta è facile che deva andare a recuperare immediatamente quel ragazzino che non torna più su, il secondo è di natura pedagogica: quasi di sicuro quel ragazzino prenderà una paura che resterà in modo indelebile nella sua memoria e condizionerà per sempre ogni sua entrata in vasca.

Avevo promesso che non avrei fatto collegamenti con la situazione covid perchè di quello ne stiamo parlando veramente troppo. Mi sia consentito però almeno fare un aggancio con la realtà di tutti i giorni: è così con le diete dove il dietologo troppo severo non va da nessuna parte e provoca una immediata reazione di fuga nel paziente, l’allenatore troppo severo, salvo che non abbia a che fare con l’autentico “musso” non ottiene nessun risultato significativo con l’atleta se non che rischia di provocargli una facilmente comprensibile nausea verso l’attività sportiva.

Qualcuno obietterà che se non si adotta uno stile coercitivo in certe situazioni come per esempio i limiti di velocità sulle strade non si ottiene nulla e, al contrario, folle di pazzi scatenati se ne approfittano per filare a 160 chilometri all’ora dove già fare i 110 è perfino troppo. Oppure i 55 chilometri all’ora dove sarebbe proprio opportuno procedere a 30 (e questa cosa la gente fa ancora più fatica a capirla ma è forse ancora più importante per l’incolumità di chi non va in auto) ma un conto è il divieto di una cosa che non si può fare come per esempio fumare in un ambiente pubblico dove il fumo va a molestare tutti ed un altro conto è imporre un obbligo su una cosa che per alcuni può sembrare banale e di facile esecuzione ma per altri non lo è proprio per niente.

Restando sulla coercizione consentitemi una battuta sul tormentone di questi giorni. Della possibilità di un Renzo Arbore presidente della repubblica che metterebbe d’accordo la maggior parte degli italiani anche se non la maggior parte dei politici non è “obbligatorio” parlarne, tutt’altro, però sarebbe una splendida opzione per un paese che si sente stritolato dalla solita politica calata dall’alto (anche lì coercizione…) e che se na fa un baffo della volontà popolare. Meditate gente, meditate…