ANCORA SUGLI ERRORI DI MOVIMENTO E GLI ERRORI DI “NON MOVIMENTO”

Come spesso accade il mio articolo sugli errori di movimento ha scatenato una polemica politica perché il movimento è politica ed è impossibile parlare di movimento a tutto tondo senza coinvolgere la politica. Mi si è sempre detto che non si capisce da che parte sto politicamente ma su questo sito faccio troppa politica. In effetti anche se non do chiare indicazioni di voto e non si capisce assolutamente chi spinga politicamente faccio molta politica ed anzi sostengo che la vera politica forse possa essere rianimata solamente da chi ha a cuore le sorti del movimento. Una città di duecentomila abitanti dove la metà o anche oltre la metà dei cittadini chiedono di andare liberamente in automobile come se fossimo negli anni ’60 non fa politica ma una città delle stesse dimensioni dove un quarto della popolazione chiede di usare la bicicletta e di andare a piedi per le vie della città senza rischiare la pelle è una città rivoluzionaria dove se gli amministratori seguono le indicazioni di quei folli cittadini rivoluzionari avviene un cambiamento che stravolge completamente la città, quella diventa una città del futuro come poche se ne vedono e lo stile di vita cambia completamente. Quella è la vera politica, quella che tocchi con mano tutti i giorni dalla mattina quando esci di casa alla sera quando rientri e vuoi subito uscire di nuovo perché una città del genere la vivi intensamente stando fuori più possibile e non rintanandoti in casa per proteggerti dal caos.

Il movimento è politica. E’ per questo che sostengo che l’unico movimento sbagliato sia non muoversi. Ci sono mille motivazioni per non muoversi ed una di quelle che come insegnanti di educazione fisica e teorici del movimento dobbiamo assolutamente rimuovere è quella che c’è il rischio di muoversi in modo sbagliato. Io ripeto sempre che quello è un falso problema ed il problema vero invece, l’errore imperdonabile, è non muoversi adducendo come scusa che “non si sa come fare” come se avessimo perso (e purtroppo mi sa che è vero e non è una scusa…) l’istintività al movimento.

Il movimento è politica perché se indichiamo alle varie palestre, anche e soprattutto private, il loro compito istituzionale che è quello di mettere i cittadini in grado di muoversi senza problemi allora poi questi chiedono di muoversi anche all’interno della loro città e dunque in palestra vai per metterti sano poi quando sei sano ed in grado di andare a piedi e/o in bicicletta ci vai per le vie della tua città e non chiuso fra le mura di una palestra. Adesso accade che l’aspetto riabilitativo in palestra sia un po’ trascurato (anche perché manca personale specializzato, soprattutto nelle grandi cattedrali del fitness) mentre sia diffusa la pessima abitudine di far camminare e/o pedalare la gente all’interno della palestra.

Una popolazione sana ed in grado di andare a piedi ed in bicicletta chiede una città sana dove si riesca ad andare a piedi ed in bicicletta. E’ questa la grande rivoluzione che le tante palestre sparse su tutto il territorio devono essere capaci di innescare perché se i vari gestori di palestra si accontentano di far camminare su un tapis roulant o pedalare su una ciclette i loro clienti allora vuol dire che sono complici di un sistema che non funziona. Le palestre non sono fatte per sottrarre pedoni e ciclisti al traffico cittadino ma sono fatte per tirare giù i cittadini dalla loro automobile e trasformarli da automobilisti in pedoni e/o ciclisti a partire dal loro andare in palestra che deve avvenire con un mezzo sano e non con l’auto per andare chissà dove. La palestra deve essere vicino a casa e non in tanta malora e ci si va a piedi o in bici, non in automobile. Va abolito assolutamente il concetto di raggiungere una cattedrale del fitness con tanto di ampio parcheggio auto per andarci a pedalare dentro. Quello è il punto di non ritorno dell’attività fisica, la mercificazione più squallida fatta a danno del cittadino e non a beneficio dello stesso con la complicità delle autorità locali che hanno il compito di vigilare su questi scempi.

Quando mi scandalizzo perché c’è il progetto esecrabile di far produrre auto che vadano a petrolio (benzina e gasolio) fino al 2035 quando pareva scontato che almeno del gasolio ci si dovesse liberare in tempi brevi, faccio finta di non capire che il mercato su questo settore ha interessi troppo forti per mollare l’osso a breve scadenza. Eppure una scelta del genere comporta danni devastanti per la salute della collettività il conto dei quali è molto difficile da elaborare. E’ chiaro come sia una scelta politica di forte impatto chiedere che i tempi di passaggio ad una mobilità più sana vengano ridotti il più possibile. Si temporeggia procrastinando perché non sono pronte le politiche atte ad affrontare i mutamenti economici derivanti da un cambio radicale dello stile di vita dei cittadini Purtroppo è una scelta politica di forte impatto anche non fare nulla perché i costi della sedentarietà stanno lievitando in modo esponenziale ed è bastato ingabbiare la gente nelle proprie case per pochi mesi in occasione della lotta al Covid per far capire quanto sia devastante in termini di salute la sedentarietà.

Le attuali polemiche nei confronti di una classe politica un po’ disattenta che avrebbe provocato danni colossali nel tentativo di proteggerci dal virus non sono casuali e del resto loro nell’ignoranza del momento hanno temuto che morissimo tutti e non hanno esitato a chiuderci in casa ben sapendo che la sedentarietà è molto pericolosa. Adesso l’emergenza è finita, se con politiche che non favoriscono il movimento continuano a sponsorizzare la sedentarietà allora sono recidivi nel non fare i conti con i gravi danni provocati da questo flagello che sono di entità ben superiore a quelli già ingenti provocati dalla pandemia.

Il movimento è politica. Le politiche per il movimento sono politiche per la salute dei cittadini. Se queste non partono dall’alto devono essere i cittadini a chiederle, facendo partire dal basso una politica che a volte quando è organizzata dai vertici di partito, è un po’ troppo lenta, farraginosa ed ispirata più a logiche di stabilizzazione del sistema che non dettate dalle vere esigenze della popolazione. Per dirla terra terra, la popolazione ha bisogno di vivere la città in modo nuovo, la vecchia politica invece ha l’esigenza di farci andare ancora in automobile e costruire ancora strade essenzialmente per la automobili più che per i cittadini. Io spero solo che non accada ancora che se ci sono due strade in tutte e due vanno le auto e solo nella più disagevole e lunga da percorrere possano andare anche le biciclette. In una città evoluta deve essere proprio il contrario. Entrambe le vie percorribili dalle biciclette, nel caso che solo una sia percorribile anche dalle auto è meglio che sia la più difficile da percorrere altrimenti i cittadini sono inequivocabilmente incentivati ad usare l’auto. Io non voglio togliere la possibilità di usare l’auto a nessuno, anzi ritengo che il diritto di usare l’automobile per i disabili sia sacrosanto, però anche per tutelare questo diritto, facciamo in modo che in auto non ci vadano cani e porci.

Siamo al paradosso che i bambini sono disillusi sul fatto di poter attraversare la città in sicurezza con la loro bicicletta, tanto sanno che la mamma li accompagna dove devono e vogliono andare. In questa situazione per assurdo anche i bambini sperano che la mamma abbia i percorsi più rapidi e facilmente percorribili in auto così è meno propensa ad innervosirsi se si trova ingabbiata in mezzo al traffico. Non sanno, quei bambini, che ciò che devono chiedere agli amministratori non sono strade sempre più veloci e larghe per le auto ma la possibilità di andare da soli per la città senza scomodare la mamma. Questa cosa un tempo si faceva ad otto-dieci anni, adesso che i ragazzi sono più svegli si fa a 14 anni se va bene perché se la fai prima ti dicono che hai dei genitori che sono dei pazzi criminali che ti lasciano da solo in mezzo al traffico selvaggio.

Ciò che serve ai bambini è anche ciò che serve agli anziani che sono sempre di più. Se una strada è facilmente percorribile ed in sicurezza per un bambino lo è anche per un anziano e dunque si può tirare giù dall’automobile un buon numero di anziani che non si fidano ad usare la bicicletta solo perché è troppo pericoloso ma non perché non siano in grado di usarla. I condannati all’uso sistematico dell’auto per fortuna sono veramente pochi e, altro paradosso, sono quei pochi ai quali vogliamo togliere la patente perché sono troppo lenti e, a parere di chi non ci capisce nulla di traffico cittadino, sono pericolosi. I più pericolosi in realtà non sono gli anziani con ridotte capacità motorie ma i giovani che continuano a far finta che nelle città guidino solo piloti di f.ormula 1. I piloti di formula 1 devono andare all’autodromo, le persone sane vanno a piedi e/o in bici, gli anziani con qualche problema vanno in auto perché giustamente non riescono a fare altro visto che talvolta pure il mezzo pubblico non è di facile utilizzazione per gli anziani molto anziani. Pertanto è più che sensato immaginare che nelle automobili in città ci siano persone proprio con qualche problema che guideranno con molta prudenza e alle quali tutti giustamente devono fare attenzione. Molto più facile fare attenzione all’anziano che ha tempi di reazione un po’ dilatati e si muove lentamente nel traffico che al pilota di formula 1 che ha una fretta ossessionante e prova in tutti i modi ad anticipare le tue mosse per sopravanzarti. In città non si fanno gran premi. Se vogliamo migliorare la qualità della vita l’ottica è questa se invece l’ottica è sempre l’iperproduzione allora via libera allo stress ma ingabbiamo tutti gli anziani ed i ragazzini però perché non ci aiutano a produrre in tempi più brevi. Dobbiamo combattere lo stress, non produrre di più, perché abbiamo già prodotto tutto ciò che si poteva produrre e ci troviamo semplicemente stressati. Chi vuole continuare a produrre a ritmi supersonici lo faccia rispettando chi vuole combattere lo stress, è un’esigenza rispettabile pure quella.