A CHE SERVE IL RISULTATO?

Si potrebbe tranquillamente scrivere a nulla. Poi però accade che ad alti livelli ci sia chi ci diventa ricco, a livelli un po’ più bassi chi ci tira su dei rimborsi spese interessanti e chi a livelli un po’ più bassi abbia dei momenti di gloria gratificanti pur senza trarne nessun beneficio economico. Forse serve davvero solo a quello che arriva ultimo che comprende in pieno a cosa serve realmente lo sport.

Al contrario a volte il risultato non serve proprio a nulla, anzi fa dei danni ed è quando causa l’abbandono precoce dell’attività sportiva, quando si ha a che fare con il classico risultato “che non arriva” che è una “presunzione” di risultato, più che un risultato vero e proprio.

A tal proposito viene in mente il noto politico democristiano Giulio Andreotti che diceva che “il successo logora chi non ce l’ha…”. Ma Andreotti non era uno sportivo e di sport non ci capiva molto, tanto è vero che si definiva sportivo solo perché andava a vedere le partite di calcio allo stadio.

Dunque lo sportivo vero impara a servirsi del risultato più che a servire al risultato ed è tutt’altro che un gladiatore. Diciamo pure che se tutti comprendessero in pieno il significato del risultato nello sport probabilmente la piaga del doping non esisterebbe nemmeno, perché anche ai giorni nostri, pur con un’assistenza medica decisamente onnipresente, doparsi comunque non fa bene alla salute, checché ne dicano certi professoroni che sostengono che fare sport ad alto livello è più pericoloso senza farmaci che con i farmaci.

Insomma il vero sportivo è una specie di filosofo e non a caso a volte si definisce sportivo in modo improprio proprio colui che sa affrontare con una certa classe la sconfitta senza scomporsi più di tanto e dunque lo sportivo, che potrebbe sembrare un collezionatore di risultati, alla fine è proprio quello che dei risultati se ne fa un baffo e sa apprezzare lo sport per quello che è realmente.

Certamente è utile collocare tutta la problematica dei risultati in un preciso contesto ed allora, tornando alla pratica piuttosto pesante dell’abbandono precoce dell’attività agonistica che riguarda milioni di giovani italiani, sarebbe molto importante fare in modo che il miraggio di un certo tipo di risultati non crei delle false aspettative.

Sarebbe altrettanto importante che chi gestisce lo sport imparasse a gestirlo secondo la razionale logica che lo sport deve essere offerto a tutti a prescindere dai risultati agonistici che vengono ottenuti e queste però sono anche considerazioni che molto spesso non trovano una reale corrispondenza sul campo.

Purtroppo già a scuola ci insegnano a valutare male, in modo inopportuno, il risultato e dunque ci sono una marea di studenti (diciamo pure la stragrande maggioranza) che studiano solo per arrivare a quello stramaledetto risultato che ti garantisce la promozione, sotto al quale ti fanno addirittura cambiare classe e compagni di scuola.

Poi, nel lavoro, ciò si tradurrà nel malvezzo di scegliere la professione solo per quanto sa offrire in termini economici e così ci troveremo professionisti di mestieri non amati solo perché sono in grado di garantire un certo risultato economico quando il primo requisito per svolgere bene una professione dovrebbe essere la passione verso la stessa più che il fatto che possa garantire buoni introiti.

Diciamo pure che, soprattutto a livello economico, molto spesso siamo schiavi del risultato e lo travisiamo del tutto confondendo il risultato economico con il risultato professionale vero e proprio. Quando diciamo che siamo schiavi del danaro, intendiamo proprio quello sostenendo come per colpa dell’eccessiva importanza data al danaro siamo in grado di guastarci l’esistenza e di rovinare pure i rapporti interpersonali pur di metterci in grado di accumulare molto danaro. Quello che si definisce il classico “delinquente” in fin dei conti lo è solo per una smisurata passione verso il danaro più che per una grande passione verso l’attività delinquenziale.

Lo sport ci può servire ad analizzare il risultato, a farci capire come servircene e allora, tanto per cambiare, lo sport può essere definito anche come quell’attività rivoluzionaria che ti porta a vedere il mondo in modo diverso e ti porterebbe, se interpretato veramente bene, a rivoluzionare lo sport stesso, la scuola, tanto morbosamente legata alla problematica del voto e la società intera, organizzata in modo assurdo secondo le esclusive logiche dell’economia al punto da far pensare che se tornassimo al mitico baratto sarebbe il modo migliore per risolvere i folli squilibri economici del nostro tempo.