TUTTI CORRONO, MA COME?

Con riguardo alla corsa io devo ritenermi fortunato. Corro ancora dopo quasi 80.000 chilometri di corsa e 42 anni di attività (senza contare le innumerevoli corse fatte da bambino per correre dietro ad un pallone che non pigliavo mai…) ma forse corro ancora solo per aver centrato l’epoca dove tutti corrono. Inutile negare che, anche se mi piace correre, se avessi avuto questo vizio più di quarant’anni fa quando ho iniziato e correndo come ora, non correrei perché in quel panorama mi sentirei troppo deprimente come esempio di podista seppure datato. Non riuscirei ad ignorare il confronto ed il confronto con i miei coetanei (quelli che avevano la mia età di adesso allora) non sarebbe per nulla entusiasmante. C’era gente che correva un po’ su con l’età anche allora ma erano molti di meno e quei molti di meno avevano un livello medio decisamente superiore a quello di adesso. Praticamente correva in età avanzata gente che sapeva effettivamente correre, in barba all’età.

Adesso invece non mi vergogno perché faccio ancora la mia porca figura, come minimo riesco a confondermi e a non spiccare come fulgido esempio di disabilità nella corsa, in un contesto che è decisamente mutato rispetto a quarant’anni fa.

Correrò fin che ne avrò voglia non è certamente una presunta timidezza per un’incapacità  manifesta a pormi limiti. Questa la considero tutto sommato una bella cosa, non riguarda solo me ma anche milioni di altri potenziali “timidi” della corsa che si sentono inadeguati ma poi si guardano attorno e scoprono che al giorno d’oggi fra la gente che corre ci sono veramente dei personaggi pazzeschi che rendono la corsa lecita per chiunque. Bontà loro, viva la corsa per gli sfigati, abbasso la timidezza ed il senso di inadeguatezza.

Sono stato fortunato anche relativamente alla gioventù perché se fossi un ragazzino oggi, non so se inizierei a correre in un contesto che è completamente mutato anche a livello giovanile. A livello giovanile al giorno d’oggi ci sono i missili ed i quasi sedentari. Sono finite le mezze misure. Quelli che lo fanno perché vogliono diventare dei campioni a tutti i costi e quelli che corrono perché pare che glielo abbia ordinato il medico come si fa ad un quarantenne. Quelli che vanno al campo con il piglio di un professionista e quelli che ci vanno perché ce li ha portati la mamma. E’ accaduto che è aumentato il livello di specializzazione precoce, che abbiamo dei talenti giovani che sono veramente eccezionali e che per colpa di questi talenti esasperati ed un po’ troppo forzati (diciamocela tutta) tutti gli altri si sentono dei pirla e dei soggetti che quasi di sicuro non riusciranno a primeggiare perché il gap da colmare è già clamoroso in tenera età. Francamente, con il mio carattere di allora (che non è molto diverso da quello di adesso) non so se mi ci metterei ad ingrossare le fila di quelli che si devono accontentare di guardare gli altri vincere sempre senza la possibilità di vincere nemmeno una volta per sbaglio. Diciamolo francamente: io il calcio, del quale ero innamorato follemente come la maggior parte dei bambini italiani, l’ho mollato nel momento in cui ho capito che non avevo alcuna speranza di giocare in una squadra che non fosse quella degli scarti del quartiere, quando ho capito che i miei splendidi rigori con i quali facevo gol anche agli adulti (palla da una parte e portiere dall’altra come Beppe Savoldi) non avrei mai avuto la possibilità di tirarli in nessuna squadra vera. Quando ho conosciuto l’atletica non era innamorato di quello sport, era uno sport che rispettavo ma ad avvicinarmi ad essa è stata l’idea che forse in quello sport, un giorno avrei potuto competere anche con gli atleti veri e non solo con gli altri scarti del quartiere.

Pertanto fortunato allora che ho trovato un’ottima atletica per tutti i ragazzini e fortunato adesso che trovo un contesto (non so se chiamarla atletica) dove corrono tutti, cani e porci e pertanto io posso ancora fare finta di essere una specie di atleta, almeno se confrontato con gli altri.

E’ con questo secondo aspetto che vorrei confrontarmi ora perché il primo, per conto mio, si risolve solo portando l’atletica a scuola, se non  ci prodighiamo in questa splendida mossa temo che l’atletica sia destinata a restare, a livello giovanile, uno sport per campioni oppure per quasi sedentari che la mollano appena la mamma ha finito di portarli al campo.

A livello di adulti, il fatto che tutti corrano (anch’io…) per conto mio non è un problema, anzi è una bellissima cosa, mi domando solo quanta gente c’è che corre per l’entusiasmo di correre, perché si diverte a correre e quanta ce n’è che corre perché gliel’ha ordinato il dottore.
Io dico sempre che se uno corre perché gliel’ha ordinato il dottore fa bene a provarci ma quando, dopo un po’, si accorge che l’entusiasmo non arriva e continua a correre solo proprio perché lo sente come un  dovere può tranquillamente cercare un approccio al semplice cammino che può far bene alla salute come e, in certi casi, anche più della corsa. Se il cammino piace più della corsa non ha senso torturarsi con la corsa, si fa ciò che piace di più, non sta scritto da nessuna parte che sia necessaria la corsa per stare bene, per dire come la penso ho scritto degli articoli anche su questo sito dove sostengo come addirittura l’andatura del cammino deva essere valutata in modo molto critico prima di stabilire che il cammino veloce è da preferire a quello lento. Bisogna valutare molte cose e mi sono prodigato a smontare la leggenda che il cammino veloce sia sempre da preferire a quello lento. Se questa è la mia filosofia figuratevi se ritengo che la corsa sia insostituibile a livello di salute generale.

Tutti corrono e dunque il livello medio dei corridori è sceso drasticamente. E’cambiato il modo di correre. Al di là del fatto che c’è della gente che corre veramente da bestia ciò non  dipende solo dal fatto che giustamente tutti si sentono autorizzati a correre anche se hanno doti atletiche pietose ma dall’atteggiamento nei confronti della corsa. In particolare le cose sono due: l’idea che la corsa sia soprattutto corsa “su strada” e quella, derivata da questa, che la corsa sia soprattutto corsa lenta. Questa seconda è la conseguenza della prima perché evidentemente se vuoi correre forte o anche solo “quasi forte” non puoi farlo in strada dove, anche per colpa di un traffico automobilistico che ormai è congestionato pure nei paesi con poche migliaia di abitanti, rischi di andare a sbattere contro un automobile il cui conducente invece di soccorrerti scende subito a darti un pugno sul muso e a chiederti se hai confuso la strada con una pista di atletica.

Corsa solo su strada sempre costantemente lenta e mai una volta accennata a ritmi un po’ superiori è sinonimo di corsa da bestia che non può evolversi nemmeno con una pratica assidua. Questo è il punto, un tempo correvano male solo i principianti e per il tempo strettamente necessario a fare quelle quattro corse che ti insegnavano a correre anche se non avevi un allenatore (tanto più che circondato da gente che sapeva correre “vedevi” come si corre) adesso corre male anche gente che corre da anni e che magari un allenatore non ce l’ha perché tanto c’è Internet e la nuova applicazione di mia nonna in carriola a spiegarti come si fa a correre.

C’è gente che fa più di 1000 chilometri di corsa all’anno (e non sono pochi perché sono una media di 20 chilometri alla settimana) ed in tutto l’anno non trova un momento per fare poche decine di metri ai 20 chilometri all’ora. la velocità di 20 all’ora non è quella di un missile, è quella di un normalissimo ciclista che va piano. Vuol dire correre i 100 metri in 18″ e 9 decimi da fermo oppure in 18″ netti lanciato. E’ luogo comune che la corsa lenta sia la corsa per la salute ma anche questo è un mito da sfatare, se uno corre sempre piano non impara a correre, non solo, anche a livello cardiaco rischia di dare stimolazioni accettabili ma che non sono quelle equiparabili a qualche rampa di scale di quelle toste o alla corsa “non  lenta” che ti tocca fare de devi pigliare un autobus. Per cui, paradosso: “Ha fatto un infarto mentre correva per pigliare l’autobus…” – “Ma come, se correva tutti i giorni?” . “Sì, ma non per pigliare l’autobus…”.

Si torna al discorso che se se non  corri in pista non puoi provare a correre veloce, nemmeno per brevi tratti e allora la considerazione da fare è anche che mentre un tempo per ogni podista che correva su strada ce n’era almeno un altro che correva su pista adesso per cento che corrono su strada ce ne sono si e no tre o quattro che corrono su pista.

Domanda: quanti soggetti delle decine di migliaia che hanno portato a termine una maratona (ben 42.195 metri) hanno anche portato a termine almeno una gara sui 10.000 metri su pista che è ben quattro volte più corta e dunque teoricamente molto più abbordabile di una estenuante maratona? Risposta: ben pochi, forse meno del 5% del totale dei maratoneti.

Qualcuno ritiene addirittura che i 10.000 metri su pista siano più impegnativi della maratona. E’ chiaro che tutto è rapportato al livello prestativo che ci si prefigge. Se uno si accontenta di correre la Maratona in 4 ore o anche di più e poi pretende di correre i 10.000 metri in meno di 40′ evidentemente è un po’ scarso in matematica oltre che in nozioni sulla corsa. Ma se lo stesso podista che corre la maratona a 6 minuti per chilometro (dieci chilometri all’ora) cioè corre la Maratona in 4 ore e 13 minuti si accontenta di correre i 10.000 metri in 50 minuti  (5 minuti per chilometro = 12 chilometri all’ora), che è un valore più o meno equivalente, scoprirà agevolmente che correre i 10 chilometri in 50 minuti è molto più facile che correre la Maratona in 4 ore e 13′ e forse fa anche meglio alla salute.

Non è matematica che chi prova a correre un po’ più veloce di quanto corre solitamente impari subito a correre meglio ma si può tranquillamente affermare che  una condizione necessaria per provare a capirci qualcosa di corsa dopo che si sono macinati un po’ di chilometri è provare a correre ad andature diverse, ciò non  si può evidentemente farlo nel centro cittadino di una città congestionata dal traffico ma, con un po’ di buona volontà, anche in assenza di una vera e propria pista si può farlo in un parco urbano con le stradine interne tenute discretamente oppure in qualche rara strada di periferia poco caotica, si tratta di avere la buona volontà di andare a cercare il posto per correre un po’ più veloce. Quando andate a pescare andate alla ricerca di luoghi dove c’è il pesce. Ecco anche la corsa veloce si va a “pescarla” dove si può trovarla. Non è pericoloso, o meglio non lo è per chi non avendo fatto corsa veloce da vent’anni non prova a trovarla come se fosse la cosa che fa tutti i giorni. Con la dovuta prudenza e gradualità la corsa veloce non è assolutamente pericolosa, aiuta ad imparare a correre ed è pure utile per la salute. Se fatta con criterio assolutamente non più faticosa di quella lenta ma lunga. Non è la velocità della corsa a determinare la fatica di una determinata prestazione quanto il rapporto fra lunghezza e velocità della corsa. Cento metri in 18 secondi sono un’ autentica fesseria e praticamente abbordabili senza troppa fatica da tutti i soggetti sani. Quarantadue chilometri (la Maratona) al ritmo di 18″ ogni cento metri vuol dire correre più o meno come il campione olimpico della distanza. Per molti non fa bene alla salute. Non solo, molti non ce la fanno nemmeno anche mettendoci tutta la salute possibile, diciamo pure tutti quelli che non ce la fanno a stargli dietro al campione olimpico.