TEORIA E SCIENZA DEL MOVIMENTO

Ho letto uno strano articolo su Internet (su Internet si leggono tante cose strane, vi leggete pure queste…) che confrontava e separava, giustamente, la teoria del movimento dalla scienza del movimento. Era un articolo un po’ di parte perché in modo non camuffato ed abbastanza sincero e trasparente, parteggiava per la scienza del movimento sulla teoria invocandone una presunta maggior importanza. Pareva quasi che volesse distinguere fra il sacro ed il profano dove il “sacro”, a suo dire era la “scienza del movimento” ed il “profano” era invece la “teoria del movimento”.

Senza entrare nella disputa, dove, per altrettanta sincerità, io vi confesso che, istintivamente, andrei a capovolgere il senso dell’articolo, vorrei limitarmi a portare ulteriori riflessioni tentando di essere più obiettivo possibile e senza schierarmi a favore della scienza o della teoria ma semplicemente ammettendo che esistono entrambe e forse entrambe si meritano di essere riconosciute in certi ambiti.

Molto semplicemente io vedo la scienza del movimento che dilaga nello sport di alto livello ed è invece praticamente assente dallo sport di massa. Al contrario la teoria del movimento è praticamente sparita nei discorsi attorno allo sport di alto livello e si insinua, in modo a volte sconveniente, fra lo sport di massa.

Mi spiego, c’è uno studio americano che me l’hanno spacciato per scientifico, ed io voglio credere che sia scientifico e condotto con i rigorosi criteri della scienza, che attesta che per ogni dollaro speso in programmazione per lo sport di massa, per l’attività fisica proposta ai comuni cittadini, si risparmiano tre dollari in altri costi che sono riconducibili alla spesa sanitaria in modo diretto o indiretto. Questo è uno studio scientifico, non è una teoria, e ben venga questo studio scientifico perché su questi argomenti di programmazione economica che riguardano la spesa pubblica e quindi tutti i cittadini non si può certamente essere empiristi e bisogna avere invece le idee molto chiare per non sperperare il danaro pubblico.

In quest’ambito io sostengo che bisogna indagare in modo scientifico per giungere a delle conclusioni abbastanza certe (la certezza assoluta non ce l’abbiamo mai, nemmeno con il metodo scientifico…) e per poter operare poi con una certa tranquillità con scelte di programmazione economica anche piuttosto importanti ed onerose.

Poi c’è l’ambito dello sport di alto livello e qui la ricerca scientifica, anche a livello locale, nella nostra piccola Italia tanto per dire, negli ultimi decenni ha praticamente dilagato con tanto di pubblicazioni scientifiche ed investimenti (e questo è molto discutibile) pure di danaro pubblico. Io non contesto il fatto che venga investito del danaro pubblico pure per indagare con metodo scientifico le questioni relative allo sport di alto livello, mi lamento solo del fatto che se si trovano questi fondi, a maggior ragione dovrebbero essere resi disponibili quelli per indagare sull’influenza dello sport di base sull’intera popolazione. E tanto per gettare un ponte fra gli Stati Uniti e l’Italia mi sarebbe piaciuto molto che all’importante studio statunitense avesse fatto eco un altrettanto importante studio sullo sport di base applicato alla specifica realtà italiana. Sembra quasi che la sanità italiana sia gratis e solo quella americana debba essere razionalizzata per non pesare troppo sulle tasche dei cittadini.

Sono  scelte di programmazione economica: possiamo decidere che eccellere nello sport di alto livello è molto importante ed allora lo andiamo a supportare con una ricerca scientifica che darà certamente un certo tipo di risultati oppure possiamo decidere che è importante strutturare la fruibilità dell’attività motoria per tutta la popolazione ed allora andremo a supportare questa decisione in modo scientifico anche perché, per giustificare certi investimenti, siamo assolutamente costretti ad operare in tal senso. In Italia non solo non si ipotizzano tali investimenti ma non vengono nemmeno condotte le indagini che dovrebbero  portare alla pianificazione di tali investimenti.

Fino ad ora non ho certamente criticato il metodo scientifico e l’ho invece sostenuto come il mio collega “scrittore su Internet”. Ma io sono comunque un teorico e come tale ho delle puntualizzazioni da fare che rendono la mia critica all’assenza di lavori scientifici sulla programmazione dell’attività fisica per tutti ancora più pungente.

La produzione di lavori scientifici nello sport di alto livello ha portato ad un’alta medicalizzazione di questo e lo ha un po’ snaturato. Ha reso la problematica dei  controlli antidoping  un’assurda pantomima fonte di ingiustizie fra gli sportivi professionisti o pseudo professionisti. Ha reso l’intero istituto dell’antidoping decisamente anacronistico con riferimento allo sport di vertice e, cosa ancor più grave, ha allontanato di molto lo sport dei campioni dallo sport per tutti.

Io sono a reclamare un maggior spazio della teoria dell’allenamento sportivo con riferimento a tutta la pratica sportiva, anche e soprattutto quello di alto livello. Anche se mi rendo conto che è difficile tornare indietro sono a reclamare una minor invadenza della classe medica nelle questioni relative allo sport d’elite e sono invece ad invocare un altro tipo di interessamento teso a dimostrare con efficacia i danni dell’assenza di programmazione in tema di attività fisica per tutti.

Non si può in modo “teorico” sancire che la scuola andrebbe riformata secondo certe direttive perché “probabilmente” andrebbe meglio così. C’è bisogno che la comunità scientifica si adoperi in tal senso. E così arrivo a dire che se manca questo tipo di programmazione tutti i lavori relativi al perfezionamento della preparazione dello sportivo di alto livello sono inopportuni e quasi irriverenti anche perché vanno a toccare un ambito dove è giusto porsi una questione etica e domandarsi se ha proprio senso spingere all’esasperazione le capacità prestative di atleti che sono già altamente performanti.

In sintesi, non stiamo a dire se sia più importante costruire il campione con tanti tentativi teorici di messa a punto sul campo o con poche mosse azzeccate di assistenza medica e non illudiamoci che la sola “teoria” della diffusione dello sport per tutti possa avere un peso determinante per cambiare le abitudini dei cittadini sedentari.

La programmazione può essere utile per costruire l’atleta di alto livello (anche se ciò è molto discutibile ed apre lo scontro fra teorici e scienziati) ma è probabilmente fondamentale per costruire la vera prevenzione sanitaria. Al momento stiamo programmando scientificamente solo nel primo ambito e questa è una grande contraddizione.