IL GIOCO DEI BAMBINI: IERI E OGGI

C’era una volta un luogo dove i bambini giocavano per ore ed ore, senza adulti che rompevano le scatole. E si divertivano un mondo e non avevano orari e se proprio si facevano del male nel giro di un paio di minuti un loro genitore lo trovavano sempre perché era li, in una casa vicina a quella strada, pronto a soccorrerli in caso di bisogno.

Questo luogo c’è ancora, si chiama strada e l’abbiamo riempito fino all’ultimo centimetro con le automobili. In realtà questo luogo era stato proprio progettato per le automobili, ma per convenzione e sana abitudine era spartito fra tanti bambini e poche auto. Nessuno si è mai sognato di far giocare i bambini in autostrada o in circonvallazione ma nelle stradine dei quartieri periferici c’era proprio questa consuetudine di tollerare il gioco di un gran numero di bambini e dunque di comportarsi di conseguenza con le auto sapendo che era molto facile che qualcuno di loro ci tagliasse improvvisamente la strada correndo dietro ad un pallone.

Poi c’erano i cortili dove a volte c’erano anche poche macchine, ma c’erano soprattutto bambini che giocavano a tutte le ore e, anche lì i bambini avevano la precedenza perché, per consuetudine, il loro gioco era più importante delle manovre delle auto.

I tempi sono cambiati perché anche nei cortili ormai c’è pieno di automobili e non si litiga più se c’è qualche bambino troppo fracassone, perché bambini lì non ne trovi più, ma si litiga se qualcuno occupa l’ultimo spazio di cortile con una macchina che “non è autorizzata”.

I bambini giocano sempre meno ed allora come adulti abbiamo deciso di chiamare il gioco “attività psicomotoria”. Così invece di svariate ore al giorno puoi fargliene fare una sola perché tanto più di un’ora di attività “psicomotoria” non serve. In realtà attività “psicomotoria” e gioco sono proprio la stessa identica cosa solo che chiamandola “attività psico motoria” come adulti ci sentiamo meglio ed abbiamo l’illusione che questi bambini anche se giocano troppo poco non svilupperanno problemi psichici perché hanno fatto l’attività “psicomotoria”.

C’è da dire che durante questa attività psicomotoria c’è sempre qualche adulto, specializzato nel non rompere le scatole più di tanto a questi bambini (infatti per essere psicomotricista ha pure un diploma ISEF o una laurea in Scienze Motorie) che però, purtroppo,  non è capace di fare i miracoli e molte volte convoca la mamma di qualche bambino sentenziando “Signora, suo figlio gioca troppo poco” Al che la signora, quasi arrabbiata, replica “Ma come, se lo porto da lei due volte alla settimana!”

Confidiamo nella figura dello psicomotricista come in quel professionista in grado di fare miracoli se nostro figlio gioca troppo poco. Lo psicomotricista potrà anche essere bravissimo ma non potrà mai sostituire decine di ore di gioco con due o tre ore di “attività psicomotoria”.

La scuola non ha ne tempo ne danaro per assolvere completamente alle necessità di gioco dei nostri figli. Per far giocare i nostri figli non occorre ne lo psicomotricista ne, tanto meno, il “Personal Trainer Gratuito”. I bambini per giocare hanno bisogno di tempo e spazi. La presenza costante di un adulto è una nostra ansia dettata dal fatto che abbiamo paura che bambini sempre meno abituati a giocare da soli non siano più in grado di autocontrollarsi e da soli diventino pericolosi. E’ chiaro che se l’adulto più vicino è a quattro attraversamenti di strada pericolosa dal luogo di gioco quella situazione non è una situazione tranquilla. Ma non lo è non solo per un rischio di ritardo nel soccorso, quanto proprio per una sorta di isolamento dei bambini che rischiano di essere isolati dal loro luogo di gioco in quanto non hanno la comodità di poter fare ripetutamente il tragitto casa-luogo di gioco senza pericoli.

Il problema non è per niente di facile risoluzione e tablet e computer non ci vengono assolutamente in soccorso, anzi. I bambini si rassegnano a giocare con tablet e computer ma quello non è il gioco di cui hanno bisogno. Almeno non per salvaguardare la loro salute.

La scuola ha la colpa di sottovalutare il problema. Nel ribadire come non vi siano, attualmente,  i mezzi economici ne la struttura organizzativa per attrezzare la scuola sul modello americano in grado di assolvere alle necessità di movimento dei bambini, si rileva come non venga nemmeno esercitata un’azione di controllo sul problema, che tutto sommato sarebbe possibile anche nella scuola attuale. In sintesi se un ragazzino ha un particolare deficit in matematica o in italiano questi vengono rilevati con una certa tempestività e dovutamente segnalati ai genitori. Se invece il ragazzino ha dei ritardi nell’apprendimento delle capacità motorie e, almeno questo, anche la scuola è in grado di rilevarlo, tali deficit vengono trascurati e spesso sottovalutati.

Pare quasi che il deficit di apprendimento delle materie di studio sia più importante del deficit di apprendimento delle capacità motorie, quando invece la letteratura scientifica ci insegna che è esattamente il contrario.

I nostri bambini di adesso sono mediamente più preparati dei bambini di 30 o 40 anni fa, ma sono molto meno abili da un punto di vista motorio dei bambini di un tempo. La salute, che è certamente la cosa più importante in un bambino, è direttamente correlata con il gioco più che con il livello di apprendimento delle materie di studio.

Richiamandoci ancora una volta al buon senso e affermando che è ambizione di tutti crescere bambini sani e normalmente preparati è forse doveroso citare anche gli estremi per essere più chiari possibile. Paradossalmente è molto più facile seguire un bambino “asino” ma sano che non aver a che fare con un ragazzino molto preparato ma che  ha già problemi di salute in tenera età.

Insomma la fisiologia ci insegna che i bambini “normali” sono “molto” sani e mediamente preparati con riferimento alle loro capacità di apprendimento. Stiamo andando, purtroppo,  verso un modello di bambino “molto” preparato e “abbastanza” sano. Quell’abbastanza sano non è nella normale fisiologia del bambino che dovrebbe letteralmente “scoppiare” di salute. Non rassegnamoci all’idea di un bambino che gioca pochino ma… è proprio bravo perché ad otto anni sa già usare il tablet come un adulto.