IL CONFINE LABILE FRA DILETTANTISMO E PROFESSIONISMO

Per conto mio quando un atleta si allena due volte al giorno è sempre un professionista, anche quando non percepisce uno stipendio e nemmeno rimborsi spese sufficienti a non tenerlo occupato in altre professioni, anzi reputo ancora più professionista quel povero cane che tentando di approdare al vertice dello sport continua ad esercitare la sua professione perché non è per nulla sicuro di sfondare nello sport e ci sta solo provando con grande entusiasmo rispetto a chi, grazie a doti genetiche particolari e non essendo ancora inserito nel mondo del lavoro, si “diletta” a percepire compensi assolutamente non trascurabili perché ha tempo per allenarsi quanto vuole in uno sport che lo vede già in grado di eccellere in tenera età (diciamo anche prima dei vent’anni).

L’atleta che si allena due volte al giorno, quindi praticamente a tempo pieno e se lavora o studia ancora, comunque in una condizione del anomala perché in quel modo non si va avanti molti anni, è comunque in una situazione del tutto particolare ed è difficile dire che stia facendo una cosa molto salutare, quasi certamente se oltre allo sport fa anche qualcos’altro che gli crea un problema esistenziale non trascurabile ma anche se oltre allo sport non fa proprio nulla nel senso che la qualità ed il volume degli allenamenti sostenuti, nel tentativo di approdare al vertice dello sport, sono assolutamente eccezionali.

Per certi versi mi tocca dare ragione ai medici quando dicono che loro non dopano nessuno ed intervengono semplicemente con i farmaci a tamponare situazioni potenzialmente pericolose. Quando un paziente psichiatrico assume psicofarmaci questi gli vengono dati per scongiurare fatti gravi non perché sia divertente assumere psicofarmaci, quando un vigile costantemente in mezzo al traffico assume farmaci anche pesanti per preservare una condizione respiratoria ad alto rischio e molte volte decisamente patologica lo fa per poter continuare la sua professione non per il gusto di assumere farmaci potenzialmente dannosi per la sua salute nel lungo periodo. E così l’atleta professionista o presunto tale, perché si allena due volte al giorno, quando supporta la preparazione fisica con trattamenti farmacologici anche piuttosto pesanti non lo fa perché si diverte ad assumere farmaci a vanvera ma perché tale trattamento è stato suggerito per non rischiare la salute. In quel senso non si può più chiamare doping: una volta erano farmaci per aumentare il rendimento sportivo, adesso sono farmaci per non ammalarsi con preparazioni sportive esagerate. Il vero problema non sono i farmaci, sono le preparazioni sportive esagerate. Tanto è vero che allenarsi una volta al giorno fa molto bene alla salute e dovrebbe poter essere nelle possibilità organizzative esistenziali di tutti i giovani e tanto è vero che allenarsi due volte al giorno in certe situazioni, soprattutto senza farmaci, è decisamente pericoloso e sotto i 22-23 anni (quando il fisico è davvero formato) dovrebbe essere sinceramente sconsigliato a tutti.

Purtroppo esiste lo sport televisivo e le tanto famigerate Olimpiadi, per esempio, sono un festival di giovani molto contenti perché sono inseriti in una professione che, anche se non definitiva, è comunque sovente molto redditizia e soprattutto con prospettive di carriera nel breve periodo molto allettanti (anche se di non certo accadimento) che molto spesso hanno a che fare con i farmaci più della gente comune non perché siano di salute cagionevole ma semplicemente perché sono esposti ai rischi di sovraccarico funzionale causato da preparazioni semplicemente mostruose.

Ecco, allora se esistesse un Grande Maestro (non c’entra la Massoneria ma solo il buon senso…) dello sport  dovrebbe orientare le scelte politiche verso uno sport dove tutti i giovani possono allenarsi giustamente una volta al giorno (e la scuola dovrebbe essere informata di questo fatto…) ma non possono allenarsi due volte al giorno perché è potenzialmente pericoloso per la salute e dopo si finisce per prendere più farmaci di chi non fa sport. Con quel carico di allenamento salutare (un assolutamente razionale allenamento al giorno, al sabato e domenica fate voi secondo la passione…) gli atleti potrebbero poi confrontarsi ad armi pari per vedere chi è effettivamente il più forte, al di là dei miracoli della biochimica.

Non è così, lo sport è una splendida storia con i suoi limiti e le sue aberrazioni. I suoi limiti sono proprio l’impossibilità di poterlo praticare come Dio comanda per milioni di giovani perché siamo in una società che ha profondo rispetto per lo sport di vertice ma ne ha molto poco per quello dei comuni mortali. Un altro limite è proprio quello di essere costretti a praticarlo in modo esasperato se si vuole restare nell’alto livello perché l’alto livello è estremamente competitivo per definizione e se l’aspetto gioviale di questo sport è che è divertente, entusiasmante e pure ben remunerato, in molti casi è anche terribilmente selettivo e ci impiegano un attimo a farti fuori ed a escluderti dal giro nel momento in cui il tuo splendido rendimento cala anche solo di poco per chissà quale causa. Il ricorso al trattamento farmacologico in questi casi diventa quasi una legittima difesa più che un disonesto tentativo di barare e l’atteggiamento dell’atleta che si affida alla biochimica può pure essere visto come quello di un vigile urbano che assume i farmaci per andare a lavorare in mezzo al traffico più che come quello di un pazzo criminale che vuole imbrogliare tutti.

E’ per quello che io sono molto avaro di critiche nei confronti degli atleti che vengono pigliati positivi all’antidoping ed anzi con riferimento a quei pochi disgraziati che cascano nella rete dell’antidoping affermo che ciò vuole dire che almeno loro non hanno le spalle coperte politicamente e se avessero il coraggio di dire come stanno le cose potrebbero pure far luce su cose importanti. Ovviamente fare l’eroe è difficile per tutti e stanno più o meno tutti zitti perché al momento esiste solo questo sport di alto livello ed uno più razionale deve essere ancora inventato.

Lo sport di alto livello più o meno è tutto professionistico, chi si comporta come un professionista senza usare farmaci e allenandosi in modo decisamente consistente per conto mio è ancora più professionista degli altri, anche se non percepisce il becco di un quattrino e per tirare a campà magari deve esercitare una professione effettivamente riconosciuta e remunerata. Quello che dobbiamo capire è se questo tipo di professionismo possa far bene alla salute e sia opportunamente incentivabile. Ciò di cui siamo sicuri invece, ma si fa fatica ad organizzarsi in tal senso, è che tutti i giovani dovrebbero praticare sport quotidianamente, ma quella è un’altra storia e con lo sport spettacolo ha poco da spartire.