BREVI CONSIDERAZIONI SULL’EREDITA’ LASCIATA DAL SISTEMA SPORTIVO SOVIETICO SULLO SPORT E SULLA SOCIETA’ CIVILE IN GENERE

A volte, quando sento l’inno della Russia (che è anche l’inno della ex Unione Sovietica) in televisione in margine a qualche manifestazione sportiva (ce lo fanno sentire sempre meno adesso e rischiano di essere immagini di repertorio) mi alzo in piedi fra l’ilarità dei presenti e, quando mi chiedono perché, inizio a recitare la favoletta dello sport ai tempi della guerra fredda.

Qualcuno, per questioni che non c’entrano niente con lo sport (e non c’entrano nemmeno le piste ciclabili che per conto mio sono una questione prettamente ecologista) mi da semplicemente del vetero comunista che vive come un tempo in un mondo dove il comunismo è crollato ormai dappertutto. Anche lì do la mia risposta stereotipata dicendo che non ho praticamente mai votato a sinistra in vita mia se non le poche volte che ho votato Democrazia Proletaria.

Ciononostante chi si ritiene ancora legato, politicamente o anche solo emotivamente, ad un certo tipo di sinistra farà bene a non leggere questo articolo, perché porta in campo concetti che sono un po’ fastidiosi per chi ha una certa idea di comunismo.

Diciamo che la mia idea di comunismo è quella di mezzi pubblici che funzionano nelle città, di lavoro per tutti, di casa per tutti e pure cibo per tutti ed in questo forse sono proprio vetero comunista. Non credo invece in una sinistra riformista che se ne fa un baffo dei diritti dei lavoratori ma non insistiamo su quel discorso e tentiamo invece di parlare di sport.

Lo sport è un fatto sociale di importanza gigantesca e pertanto poi il cerchio si richiuderà inevitabilmente sulla società con considerazioni che lasceranno un po’ disorientato chi mi aveva etichettato per buon comunista dei tempi andati (tutte le etichette finiscono per funzionare sempre male).

Premessa che sembra ancora distante ma siamo già ormai clamorosamente calati in clima di sport: una delle idiozie più grosse degli ultimi anni è stata proposta ormai un po’ di anni fa (per fortuna pare passata…) quando si propose di azzerare i record’s dell’atletica mondiale perché si sosteneva che negli anni passati (nemmeno dietro l’angolo, fondamentalmente fino a fine anni ’80) si fosse esagerato con il doping in modo clamoroso… più ancora che in questi anni.

In seguito a quella proposta, a mio parere idiota, io mi premurai di evidenziare subito che si trattava semplicemente di un problema di lessico. L’unica cosa che è cambiata in tema di doping dagli anni ’80 ad adesso è che un tempo di chiamava doping adesso invece si chiama “trattamento farmacologico”. Ecco, allora, usando la terminologia giusta, altrimenti ti querelano, si può tranquillamente affermare che la quantità di farmaci usata mediamente per supportare la carriera di uno sportivo di alto livello adesso è decisamente superiore a quella usata ai tempi della guerra fredda.

Pertanto non avrebbe alcun senso cancellare i record’s ottenuti in quel tempo se per conseguire quelli di adesso si usano ancora più farmaci di quelli che si usavano allora ed il fatto che quelli che si usavano una volta si possano a tutti gli effetti chiamare doping mentre quelli che si usano adesso abbiano una sorta di “immunità parlamentare” (alla fine è davvero politica) è solo che una colossale presa in giro.

Il doping è la cosa più democratica che ci sia. Non è vero che devi usarlo a tutti i costi per emergere. Questa è una leggenda dei tempi andati quando si narrava che certe federazioni sportive non ti prendessero nemmeno in considerazione se non accettavi di farti dopare ma al giorno d’oggi se un atleta è un talento mostruoso e riesce ad emergere adottando la metà dei carichi di allenamento che adottano gli altri atleti può pure farlo senza farmaci che nessuno gli contesta niente e può comunque gareggiare ad alto livello senza assumere farmaci con lo stesso spirito con il quale un Testimone di Geova non accetta alcuni trattamenti sanitari per motivi religiosi.

Il doping è terribilmente democratico perché ormai è onnipresente su tutto il globo. Anche il più sottosviluppato dei paesi della terra qui può disporre della bomba atomica e può portare il suo atleta alle olimpiadi con lo stesso trattamento sanitario che è riservato al più assistito degli atleti dei paesi industrializzati. Su quello non c’è proprio nulla da dire, semmai io trovo scandaloso che certi paesi dove il reddito pro capite è di un dollaro al giorno abbiano la possibilità di trattare il loro atleta di punta con procedure molto costose quando non hanno la possibilità di sfamare la popolazione. La risposta terribilmente semplice quanto imbarazzante è che se quell’atleta giunge a medaglia con i compensi derivati da quella medaglia riuscirà a sfamare un numero imprecisato di tribù e pertanto quel protocollo farmacologico per quel campione è un vero e proprio… intervento contro la fame per la sua gente.

Pertanto l’unica cosa un po’ spiacevole sul doping è che attorno ad esso gravita un’omertà pazzesca (al punto che non lo si può più chiamare con il suo nome) ma per altri versi si può proprio dire che siamo messi molto meglio di tanti anni fa. Nessuno è costretto a praticarlo (nessuna coercizione) tutti lo possono trovare facilmente (ovviamente stiamo parlando di atleti di alto livello, per le mezze calzette è un non senso) e, cosa da non trascurare, grazie ai controlli antidoping è anche monitorato in modo molto attento e pertanto si spera pure meno pericoloso di quello che fosse un po’ di anni fa.

Date a Cesare quel che è di Cesare, se è vero che l’istituto dell’antidoping ha fallito clamorosamente nell’obiettivo di ridurre l’uiltizzazione dei farmaci nello sport di alto livello (ma era proprio questo il suo obiettivo autentico?) bisogna ammettere che almeno è riuscito a fare in modo che gli atleti siano più controllati e che non possa più esistere il doping “fai da te” tipico dei paesi occidentali che era quanto di più idiota e pericoloso potesse esistere ai tempi della guerra fredda.

Sto pian piano planando sul sistema sportivo sovietico.

Premetto che io di quel sistema sono d’accordo su tutto tranne che sul grande capitolo “assistenza medica degli atleti di alto livello”.

Ecco, allora, senza tanti giri di parole, bisogna tristemente ammettere che quel sistema è stato esportato in tutto il mondo. e’ quella la mia feroce critica a quel tipo di comunismo, non sono comunque d’accordo sul fatto che lo sport russo deva pagare adesso colpe legate a scelte di 50 anni fa.

E’ chiaro che erano scelte politiche, è chiaro che avrebbero potuto tentare di portare avanti la guerra fredda dello sport anche senza farmaci, semplicemente perfezionando ulteriormente un già molto efficiente sistema sportivo radicato capillarmente su tutto il territorio, hanno scelto per scelta politica di coinvolgere anche i loro medici e di lanciare su grande scala quella colossale medicalizzazione dello sport che poi non ci avrebbe più mollato per nemmeno un istante della storia dello sport dentro ai confini del blocco sovietico ma purtroppo anche fuori, in ogni angolo del pianeta.

Sport e società legati a doppia mandata. La guerra fredda si è trasferita anche sullo sport anzi si è giocata soprattutto sullo sport ed è stata una grande vittoria dell’umanità perché se si giocava fuori dallo sport non saremmo più qui, altro che ad imputare al blocco sovietico le colpe della diffusione del doping sistematico, del doping di stato.

Tornando un solo istante sul cavillo delle sanzioni sportive all’attuale Russia io dico che è semplicemente ipocrita fare la guerra al doping partendo da un paese che avrà anche delle colpe storiche ma adesso non fa assolutamente nulla di diverso da ciò che fanno tutti gli altri paesi del mondo in tema di sport di alto livello. Comunque questi sono cavilli anche di bassa importanza che possono solo servire a confortare le tesi di chi dice che sono un vetero comunista, sostengo ancora la Russia. Su questa cosa indubbiamente si’.

Torniamo alla guerra fredda. La guerra fredda si gioca sui campi sportivi e nelle palestre perché se si gioca con le armi dura cinque minuti. E dunque siamo ancora qui e sappiamo quali sono i campioni sportivi che l’hanno giocata e per me sono stati comunque dei grandi campioni sia da un lato che dall’altro e oserei dire che sono stati ancora più campioni quelli che pur non giocando né in uno schieramento né nell’altro sono riusciti a mettersi in evidenza. Ogni allusione a campioni del calibro di Sara Simeoni e Pietro Mennea è puramente voluta. Non c’entravano proprio un cavolo questi con la guerra fredda, però ci si sono trovati dentro ed hanno vinto come e più degli eroi della guerra fredda.

La guerra fredda ingigantisce l’importanza dello sport e la cosa bella del mantenimento di questa guerra in ambito sportivo, oltre che sopravviviamo come specie vivente, è anche che lo sport per tutti viene pubblicizzato in modo molto efficace. Se il lato aberrante è che ormai il doping è molto diffuso (inutile negare che la guerra fredda abbia dato notevole sviluppo al doping) il lato positivo è che le televisioni pubblicizzano lo sport per tutti mettendo in risalto le gesta sportive dei campioni. I vari sistemi statali poi contribuiscono a fare in modo che questa nuova esigenza di sport possa essere soddisfatta in un certo modo. In Italia i mitici Giochi della Gioventù contribuiscono in modo determinante alla causa e nati per far fare berna ad un tot. di ragazzi che hanno voglia di saltare qualche ora di scuola, finiscono per riempire un serbatoio infinito di potenziali talenti dello sport.

Il mio rammarico è che in Italia una mossa propagandistica in favore dello sport di tale portata non è più stata giocata e se venisse ritentata ora la tragedia sarebbe che nessuno vi prende parte perché hanno tutti troppo da studiare…

L’aspetto positivo di questa grande importanza dello sport è la possibilità di far fare sport a tutti e lo sport di base che sia per far vincere l’Unione Sovietica o per far vincere il condominio numero 52 o la parrocchia di San Giuseppe è comunque sport che fa bene alla salute.

La risposta americana al sistema sovietico sta nella capillarità dell’attività dei college. Al college devi fare proprio attività sportiva, non basta studiare e dunque bisogna ammettere che c’è un po’ di stile sovietico pure lì. Vince lo sport per tutti, anche per chi non si sa se potrà diventare un campione, perché è solo facendo provare tutti che aumentiamo le possibilità di poter costruire un campione.

Un altro mio rammarico (quanto rammarico che ho…) è che dello stile sovietico è rimasta di più la sistematicità di trattare con grande attenzione l’atleta di alto livello che non l’intenzione di far praticare sport a tutta, proprio tutta la popolazione. Insomma la necessità di vincere nello sport di alto livello, anche se la guerra fredda è finita ormai da ‘mo, ha prevaricato sull’importanza di diffondere lo sport per la salute a tutta la popolazione. Se la via più breve è selezionare un ristretto numero di atleti per tirare fuori il campione da quelli, degli altri non ce ne frega niente. Vogliamo il campione e basta.

Allora se io sono comunista e per comodità mi calo pure nella parte, il mio comunismo è quello dello sport per tutti, da lì verrà fuori il campione e non sappiamo nemmeno chi sia ma per quel campione io quando suona l’inno mi alzo pure in piedi perché quello è un trionfo dello sport. Se invece il comunismo è quello della guerra fredda, che bisogna vincere a tutti i costi, che bisogna produrre il campione anche in laboratorio medicalizzando lo sport in modo indecente perché se quella è la via più breve è lecito percorrere pure quella via lì… allora mi dichiaro fascista e adesso mi caccio pure nell’apologia di fascismo perché se vogliamo comprendere in pieno il fascismo bisogna mettere bene in evidenza i suoi crimini e le sue nefandezze ma anche studiare le cose utili che è riuscito a fare.

In Italia un grande impulso alla ginnastica e all’attività fisica in genere è stato dato proprio nel ventennio fascista. Il motivo è molto semplice: nella cultura fascista c’era il mito dell’efficientismo e lo sport e l’attività fisica in genere erano senza dubbio mezzi per inseguire questo mito. Oggi siamo malati di efficientismo anche molto più di allora ma non abbiamo la stessa attenzione che avevamo per l’attività fisica ai tempi del fascismo. Anche qui è passato l’aspetto meno edificante della questione (il mito dell’efficientismo) ma si è persa la cosa più utile ed interessante per tutta la popolazione che era la necessità di praticare attività fisica.

I due estremi si toccano. Sistema comunista e sistema fascista per cause diverse spingono la causa dello sport.

Il colpo di scena finale, quello che farà girare terribilmente le balle a chi mi ha sempre reputato comunista e che mi fa dire, anche se non mi credono, che io sono terribilmente democristiano anche se ho un approccio all’attività fisica di tipo estremistico, è che in tutta questa cosa non si è considerato un dettaglio fondamentale. Come viene proposta l’attività fisica.

Torno a citare i fantastici Giochi della Gioventù (quelli che si sfidano i colossi mondiali e poi vince Sara Simeoni o Pietro Mennea tanto per dire…). Nei Giochi della Gioventù non era imposto un bel niente, coercizione zero. Era una grande opportunità all’insegna delle libertà di scelta. Vuoi partecipare? Bene. Non vuoi partecipare? Amen. Nessuno ti obbliga.

Al giorno d’oggi probabilmente i Giochi della Gioventù non avrebbero più lo stesso successo e mettendoli obbligatori li massacreremmo del tutto rovinandone per sempre anche la splendida immagine storica. Si potrebbero riproporre ma andrebbero proposti preparando il terreno, facendo capire che studiare troppo fa male alla salute e che lo sport deve riprendere posto all’interno della scuola per un motivo di profilassi sanitaria. Pertanto nessun obbligo, ma pensateci su. Chiediamo la collaborazione anche agli insegnanti su questa cosa ma non solo a quello di educazione fisica, pure a quello di matematica, di italiano e pure di inglese, ognuno avrà un validissimo aggancio con la sua materia per far capire quanto è importante l’attività fisica per la salute. Ripeto alla nausea, nessun obbligo, tale indicazione è fondamentale per non far fallire l’impresa. Vogliamo ricreare in modo quasi impossibile il clima dell’Italia di mezzo secolo fa? E’ possibile che questa sia pura utopia, se speriamo che questa utopia sia perseguibile la condizione necessaria è che non ci siano obblighi di alcun tipo. Poi è pure possibile fallire ugualmente perché i tempi sono cambiati, ma se partiamo dall’attività fisica obbligatoria siamo pressoché sicuri di fallire.

C’è un comunismo buono ed un comunismo cattivo, inutile negarlo.

Quello buono è quello che da l’opportunità (e sottolineo opportunità e non obbligo) a tutti i cittadini di praticare attività sportiva, perché l’attività sportiva fa bene a tutti e bisogna dare a tutti la possibilità di poterla praticare, anche a chi ha ben poche possibilità di diventare un campione. Quello cattivo è quello che esaspera le strategie messe in atto per produrre i campioni e sappiamo certamente che in campo medico si è spinto troppo arrivando a snaturare un certo tipo di sport per la necessità di vincere quella stramaledetta guerra fredda giocata per fortuna sul piano sportivo.

Ciò ha avuto ripercussioni anche sulla società civile ed è inutile negare come anche gli aspetti peggiori del modello sovietico abbiano avuto ripercussioni sulla società civile e si sentano ben vivi ancora adesso.

La farmacologia dello sport, anche se non più appannaggio della scuola russa da un bel numero di anni, è ancora inequivocabilmente legata ad un tipo di impostazione che è quella creata dal blocco sovietico più di mezzo secolo fa.

Venendo a bomba con un argomento tormentone della società di oggi che forse sarà quello che farà inveire ancora di più i miei lettori contro un certo tipo di lettura della realtà, lo stile sovietico impera anche in certi atteggiamenti dei sistemi sanitari pure di nazioni del blocco occidentale, e così l’Italia, patria dei fantastici Giochi della Gioventù, cinquant’anni dopo gli stessi se ne esce con regolamenti di natura sanitaria che hanno un chiaro stile di ispirazione sovietica. Ogni riferimento alle diposizioni sul contenimemento della pandemia Covid non è per niente casuale.

Siamo tutti un po’ comunisti, inutile negarlo, meglio esserlo nel senso dell’opportunità più che in quello della coercizione. Datemi un’ efficiente rete di trasporto pubblico che mi metto pure a votare comunista ma non obbligatemi a cose strane come nell’Unione Sovietica di Breznev perché mi dichiaro prigioniero politico. Meditate gente, meditate.