VALLORTIGARA E LO PSICOLOGO

Elena Vallortigare supera la misura di 2 metri nell’alto ai mondiali di Eugene e ci regala uno splendido bronzo. Aveva gia superato la misura di 2.02 quattro anni fa ma non è questo il punto, il punto è che continua a ringraziare lo psicologo e tutti quelli che le sono stati attorno perchè le hanno dato la giusta serenità per giungere a questo traguardo e la possibilità di rimuovere quei blocchi psicologici che di fatto le limitavano un risultato teoricamente già conseguibile da tempo. Faccio i complimenti anch’io allo psicologo che non conosco (sono fuori dal giro e non conosco personalmente nemmeno Elena Vallortigara…) ma estendendo le mie solite osservazioni cosmiche aggiungo che teoricamente Elena Vallortigara non dovrebbe nemmeno aver avuto bisogno dello psicologo per giungere a questo agognato risultato.

Io dico che dello psicologo dovrebbe averne bisogno chi ha messo Vallortigara nella condizione di ricorrere allo psicologo.

Mi spiego, ancora nel terzo millennio pare che tutte le cose che si fanno si devano fare per la Patria, non è ammesso che qualcuno possa fare qualcosa per sé stesso, anche se alla Patria non gliene frega niente. Io sono convinto che molti italiani come me questa notte saranno stati svegli a vedere cosa combinava Elena in questa gara così tanto importante per lei e sono convinto che molti avranno tifato con la paura della semplice sfiga della tenera Elena nelle competizioni senza pensare ad un complesso blocco psicologico. Chi è molto appassionato di psicologia avrà pensato: “Speriamo che il blocco non torni a galla…” mentre chi è semplicemente scaramantico avrà pensato: “Speriamo che la sfiga non sia più forte dello psicologo e della psicoregolazione delle condizioni emozionali”. Però, a prescindere da tutti questi discorsi io dico che Vallortigara doveva prendere questa stramaledetta medaglia per sé stessa e non per la Patria. Insomma non è solo lei che ha subito pressioni di tutti i tipi da tutte le parti non per giungere alla medaglia ma per mettere la testa a posto e mettersi a fare la persona normale perché ormai a trent’anni non si può pensare solo alle gare, Qualcuno per Elena Vallortigara avrà pure ipotizzato la sindrome di Peter Pan perché non si può ragionare con i sogni di un bambino a trent’anni. E’ un po’ come quando si scomoda la sindrome si Highlander per quei signori un po’ attempati che a 80 anni o a 90 invece di drogarsi si televisione come tutti gli altri vogliono una stramaledetta idoneità agonistica (ma perché deve esistere? Ti fai una visita medica punto e basta, altro che “idoneità agonistica”) per andare a fare le gare master in giro per il mondo.

Ecco, io dico che in una società troppo competitiva si deve lasciare allo sport la possibilità di togliere competitività a questa società. E così a trent’anni hai diritto di fare quel cavolo che vuoi anche senza entrare come un missile nel sistema produttivo. E quel diritto ce l’hai non solo se fai quasi due metri nell’alto ma non riesci a vincere medaglie importanti ma pure se fai 1.70 o 1.45. Non è che ti droghi, vuoi fare sport e lo fai in un certo modo, non ci deve essere nessuno che ti dica “Datti una regolata e vedi di produrre di più…” perché hai una vita per lavorare e se sei giovane è molto probabile che dovrai lavorare a lungo perché l’età della pensione sarà spostata per evidenti motivi sempre più in là.

Non è Elena Vallortigara che ha bisogno dello psicologo perché si disperava in quanto a 30 anni non aveva vinto ancora nulla di importante. E’ la società supercompetitiva che deve capire che una delle funzioni più fantastiche dello sport è proprio quella di staccarci dalla logica che valiamo per quanto riusciamo a produrre. Questa è una delle panzane più grosse della storia come quella che a 90 anni sia lecito morire solo al cinema e non su un campo sportivo perché per frequentarlo devi avere il fisico di un ventenne.

Elena Vallortigara ha fatto benissimo ad insistere fino ad ora, questa medaglia vale oro anche se è di bronzo e se se ne fosse fregata delle pressioni esterne forse sarebbe arrivata anche prima pure senza andare dallo psicologo. Il novantenne che vuol fare le gare con i coetanei dovrà sapere che di coetanei ne troverà pochi perché devono passare una visita per l’idoneità agonistica molto rigida. Del resto se non sono in grado di vincere a novant’anni perché vuoi dargli l’idoneità agonistica? Che vadano a lavorare invece di insistere con lo sport a quell’età….