UNA PROPOSTA CONCRETA PER L’ANTIDOPING

Parlavo con un mio amico ex ciclista, ieri e cercavo di vedere il mezzo bicchiere pieno della questione antidoping. Io che sono sempre stato un grande accusatore del sistema dell’antidoping ritenendolo inefficiente e deviante nella percezione del problema mi sono trovato quasi a difenderlo. Sostenevo che siccome l’antidoping riesce a pigliare positivi solamente gli atleti amatori o i dilettanti in qualche modo è riuscito a fare da deterrente al problema e mi pare che il numero di pazzi scatenati che usano il vetero doping pur non rimediando il becco di un quattrino dalla propria attività sportiva sia calato, pertanto il mio giudizio complessivo è che a livello di sport per i “non professionisti” in effetti l’antidoping può avere un senso e qualche soldino è giusto che venga investito anche lì. Il mio amico pessimista, sosteneva che anche lì la strada è molto lunga e mi ha portato un esempio atterrante del mondo del ciclismo che forse, non a caso, ha un alone di leggenda un po’ particolare in tema di doping. Mi ha raccontato che a margine di una gara amatoriale dove sono andati via a ritmi furiosi hanno controllato fra i primi l’eventuale presenza di bici truccate fra i partecipanti. Ebbene il terzo classificato ha scandalosamente gareggiato su una bici fornita di propulsore elettrico. Il terzo. Stiamo trattando di un motore elettrico, che in qualche modo su una bici, per fortuna riesci a rilevarlo. Non doping, un motore elettrico. E gli altri due che si sono classificati primo e secondo, senza nessun motore elettrico e vanno come i professionisti, cosa hanno fatto?!?

Ho dovuto dedurne, che in effetti, forse anche a livello amatoriale qualche problema nel ciclismo c’è ancora. Ho aggiunto che per conto mio è più onesto quello con il motore elettrico perché almeno è onesto con sé stesso se non nei confronti degli altri. Con il motore elettrico ti fai male solo se caschi ma eviti i rischi del doping. Gli altri sono falsi pure nei riguardi della loro salute perché se è emersa una cosa ben chiara in questi anni di ipocrisie sui vari trattamenti farmacologici è che chi fa da sé non solo non fa per tre ma quasi sempre prima o poi viene pescato positivo e, soprattutto, quel che più conta, rischia la salute, per cui l’unico ausilio possibile, alla faccia della Russia ipocritamente sola colpita in questi anni, l’unico trattamento farmacologico ipotizzabile resta quello di stato perché le iniziative individuali sono sicuramente scoperte, pericolose e assolutamente fuori da ogni logica del nostro tempo.

Al di là del mio ottimismo nel considerare che negli altri sport comunque quasi di sicuro la corsa al doping da parte degli atleti amatori ha subito un certo rallentamento c’è comunque da rilevare come a livello professionistico e su questo il mio amico era perfettamente d’accordo e chiunque non abbia qualcosa da nascondere non può non essere d’accordo,  l’antidoping in questi anni contro la diffusione sistematica e capillare del doping di stato non ha potuto fare assolutamente nulla al punto tale che la squalifica degli atleti russi è suonata come un’autentica presa in giro, una bufala colossale, una punizione nei confronti del paese che per primo si è inventato il doping di stato e che adesso è assolutamente allo stesso livello degli altri che si sono clamorosamente adeguati a questo andazzo.

In sintesi la valutazione dell’antidoping va divisa in due ambiti ben distinti. in ambito amatoriale quasi sicuramente ha ottenuto degli effetti positivi ed è andato a bersaglio, anche se forse non proprio in tutti gli sport (è pure possibile che nel ciclismo la situazione non sia migliorata, non lo so…) in ambito di attività di vertice i risultati sono stati semplicemente disastrosi. Qualcuno potrebbe semplificare dicendo che in campo amatoriale ha funzionato ed infatti hanno sanzionato molti atleti mentre in campo professionistico non ha funzionato ed infatti ha sanzionato meno atleti quando sappiamo benissimo che la percentuale di atleti dopati fra i professionisti è superiore in modo inimmaginabile alla percentuale dei dilettanti ed amatori dopati sul totale dei praticanti. Ma la questione non è semplicemente in questi termini. In campo professionistico l’antidoping ha proprio fatto danni, non si è limitato ad essere inefficace. L’antidoping ha favorito di fatto una frattura quasi insanabile fra mondo dilettantistico e mondo professionistico dello sport, vestendo di candore l’immagine dello sport professionistico e gettando fango sullo sport amatoriale. In breve secondo l’antidoping lo sport professionistico è quell’oasi dove non si dopa quasi nessuno e vanno tutti come treni mentre il mondo amatoriale è quello dove se vuoi andare devi mettere il motore nella bici e c’è strapieno di atleti che usano ancora il vetero doping. La realtà non è questa. Purtroppo è vero che nel mondo dilettantistico c’è ancora qualche scemo che si dopa ma i contenuti tecnici sono comunque meno inquinati dalla medicina che nel mondo professionistico.

Pertanto io sostengo che questo antidoping in modo un po’ calunnioso abbia  infangato l’immagine dello sport di base creando nel contempo un falso alone di verginità nei confronti dello sport professionistico. Alone che non serve a nessuno se non agli sponsor che hanno bisogno dell’immagine dello sport immacolato.

La mia proposta concreta sarebbe che si ammettesse che l’antidoping non può funzionare per contenere l’abuso di farmaci nello sport di alto livello. Che l’inflazione di trattamenti farmacologici nello sport di vertice è ormai degenerata e non può certamente essere contenuta da questo tipo di antidoping e di lasciare come compito istituzionale all’antidoping l’unico onere di continuare a disincentivare l’uso del doping nello sport di base.

Tale ammissione consentirebbe di risparmiare un sacco di soldi spesi per controllare gli atleti di alto livello che sono semplicemente incontrollabili (e prova ne siano che ne pigliano gran pochi) e tali soldi potrebbero essere girati all’organizzazione dello sport di base che, già denigrato dalle cattive abitudini di certi protagonisti e giustamente sanzionato da controlli che fin che il problema esiste è giusto che continuino ad esserci, ha certamente bisogno di essere spinto non per creare nuovi campioni ma per fornire più occasioni di movimento a tutti i cittadini, quelli che non hanno bisogno di nessun trattamento farmacologico per praticare attività sportiva.

I limiti di questa presa di posizione sono ben evidenti. Se ci si mette in questa posizione casca il palco ed è come gettare la spugna sullo sport professionistico, ammettere che i progressi degli ultimi anni sono stati solo in campo medico ma non c’è stata crescita delle tecniche di allenamento. Purtroppo questa è la realtà e si può continuare a negarla facendo finta di niente oppure tentare di affrontarla. Io dico che va affrontata non solo per salvare lo sport professionistico ma anche per coerenza nei confronti dello sport di base che con questo antidoping sembra l’unico dove ci si dopa come cavalli e un mondo dove senza farmaci non si può fare nulla. Non è vero, si può e si deve fare sport, almeno a livello dilettantistico,  anche senza farmaci e la maggior parte degli atleti dello sport di base ce lo può testimoniare, anche se questo antidoping ci racconta che gli unici “puliti” sono proprio i professionisti.