UN PAIO DI ESAMI ALL’ISEF CHE NON RIPETEREI PIU’ NELLO STESSO MODO

Ci sono un paio di esami che ho sostenuto all’ISEF qualche annetto fa (non diciamo quanti, diciamo semplicemente che era ancora l’ISEF) che adesso ripeterei in modo diverso. Uno perché la situazione è cambiata poco, l’altro perché per certi versi la situazione è comunque cambiata. Il primo è l’esame di farmacologia e se vado ad analizzare il suo sviluppo capisco che poteva essere la premessa per quanto è accaduto negli anni successivi, il secondo è l’esame di atletica e alla luce di quanto accaduto nell’esame di farmacologia adesso andrebbe affrontato in un altro modo.

Parto dal secondo per tornare quasi subito all’analisi del primo. Durante l’esame di atletica ho potuto parlare in modo disincantato e senza paura della teoria e metodologia dell’allenamento applicata all’atletica. E’ stato un esame che ho affrontato con passione, credendo in ciò che avevo studiato sui libri e sul campo. In poche parole un bell’esame che trattava del mondo che io ho cominciato a vivere già ben prima di iscrivermi all’ISEF, fin dall’età di 13 anni quando ho cominciato ad interessarmi di atletica non solo per la voglia di fare movimento ma anche con vera curiosità scientifica quasi esagerata per un ragazzino di 13 anni.

Durante l’esame di farmacologia sono stato zittito su certi argomenti e questa è una realtà oggettiva già evidenziata all’epoca ma rivisitando quell’esame ora, senza accusare la professoressa che era comunque immersa in un sistema bloccato, non posso non essere più polemico nel ridefinire la situazione e dico che sono stato vittima dell’omertà diffusa sul sistema doping.

L’esame di atletica lo affronterei nuovamente con lo stesso spirito e penso che ne verrei fuori ancora bene pur correggendo in modo sostanziale alcune mie considerazioni. L’esame di farmacologia probabilmente dovrei trovare il coraggio di farmi bocciare (ovviamente avendo l’opportunità di ripeterlo in tempi accettabili) per non tacere su cose troppo importanti per essere ignorate.

La maggior parte dei farmaci che vengono usati dagli atleti, siano essi leciti o meno, vengono adoperati per incrementare il rendimento sportivo. Questo accade ora e accadeva anche ben prima che io mi iscrivessi all’ISEF e pertanto è una cosa che andava detta allora come va detta adesso. Tale cosa è talmente importante che adesso andrebbe a modificare anche la tipologia dei discorsi dell’esame di atletica.

Alla domanda sul doping ci andò la professoressa, era una domanda abbastanza frequente, quasi scontata e non farla era quasi più pretestuoso che farla.  Purtroppo era come venivano accettate le risposte che non andava bene. Bisognava rispondere in modo superficiale quali erano i trattamenti dopanti più diffusi (possibilmente tralasciando sull’inefficienza clamorosa dell’antidoping) e dire che sostanzialmente in un’analisi fra benefici e rischi la via del doping era assolutamente da non considerare.

Io presi tutt’altra strada: tentai di far capire perché il doping era così diffuso, perché concretamente non si stava facendo nulla per combatterlo e perché c’era il rischio che potesse condizionare sempre più lo sport di alto livello. Per non essere bocciato ad un certo punto dovetti subire il punto di vista della professoressa senza ribattere e rassegnarmi a cambiare argomento. Le mie argomentazioni erano inopportune, fastidiose e fuori luogo perché accettato che il doping era solo un grande rischio non doveva per nulla essere compreso nella sue molteplici sfaccettature. Accettai l’imposizione dell’omertà per superare l’esame ma mi sentii un po’ preso in giro da quell’atteggiamento.

Potrebbe cambiare l’esame di farmacologia perché sono ancora più incancrenito su un’etica dello sport che ritengo sempre più importante. Ho la sensazione che avrei il coraggio di farmi bocciare pur di dire ciò che ho da dire ma forse questo è perché sono più vecchio e non ho niente da perdere, non che abbia più coraggio. Poteva mancare più facilmente da giovani il coraggio alle prese con mille urgenze dell’età e in modo ritenuto razionale dai più decisi di abbandonare la causa per superare semplicemente l’esame come tutti i bravi bambini obbedienti.

E’ chiaro che oggi, con molto garbo, chiamerei in causa la professoressa ma lo farei già prima di arrivare in sede di esame, se non si occupa lei di dire la realtà delle cose, di come funziona la farmacologia applicata allo sport da chi devono imparare i giovani studenti? Dai quotidiani dell’informazione deviata? Dalle interviste ai grandi campioni che devono assolutamente stare zitti?

Il problema doping si combatte solo con l’informazione, con l’omertà non si va da nessuna parte e si perpetua questo sistema che è un sistema decisamente ipocrita e dove, soprattutto, gli indiscutibili progressi della farmacologia vengono sfruttati in modo indiscriminato per aumentare il rendimento degli atleti di alto livello.

Cambierebbe anche l’esame di atletica perché alla luce di ciò non potrei più disquisire di un’unica metodologia dell’allenamento impostata solo sull’evoluzione delle tecniche di allenamento. Negli ultimi 30-40 anni i veri progressi nel rendimento degli atleti sono da attribuire più all’assistenza medica che all’evoluzione delle teorie di allenamento e il paradosso è che il miglioramento dell’assistenza medica è stato il vero motivo della non evoluzione delle tecniche di allenamento. I sistemi di allenamento dell’epoca, tipicamente di stampo sovietico, non sono stati messi in discussione anche se implicavano l’adozione di carichi di allenamento pazzeschi proprio perché grazie all’intervento della farmacologia applicata allo sport si è riusciti a limitare considerevolmente la portata dei danni conseguenti all’adozione di quei carichi di allenamento esagerati.

Il vero quesito della preparazione moderna non è quanto sia pericoloso l’ausilio della farmacologia applicata alla preparazione sportiva bensì quanto sia pericoloso insistere su carichi di allenamento molto pesanti senza accettare quel tipo di supporto. Si è girata la frittata: se non si cambiano i sistemi di preparazione il vero rischio è non supportare certi carichi di allenamento con un’integrazione farmacologica.

E’ per questo che cambierebbe in modo drammatico anche la qualità dei discorsi dell’esame di atletica ma non verrei certamente bocciato a dire questo perché le scelte metodologiche devono fare i conti con alcune scelte aprioristiche che hanno fatto sì che si scavasse un baratro fra l’attività sportiva di base e l’attività sportiva di vertice.

Purtroppo ci si troverebbe a trattare di farmacologia anche nell’esame di atletica perché la vera protagonista del processo di perfezionamento sportivo di buona parte degli atleti di vertice negli ultimi anni è stata proprio quella.

Ora si dirà che ognuno è libero di scegliere ciò che vuole ed una volta constatato che un certo tipo di intervento farmacologico è lecito, non è pericoloso e aiuta pure a sostenere la preparazione senza danni non c’è motivo di demonizzarlo. Sono il primo io a sostenere che ogni tipo di demonizzazione sia inopportuna ma è comunque importante fare chiarezza e dire come stanno le cose altrimenti poi si crede che l’unico sistema di preparazione possibile sia quello di ammazzarsi di carichi  di allenamento che poi tanto se qualcosa non funziona ci pensa la farmacologia. Tale atteggiamento, comunque a mio parere non edificante neanche nei confronti dell’alto livello della disciplina, è inapplicabile allo sport di base ed è proprio su questo che invece dobbiamo studiare se vogliamo avere una gioventù più sana, più performante ed incentivata a praticare lo sport. Il giovane si entusiasma a vedere il grande campione capace di esibirsi in fantastiche prodezze ma si entusiasma ancora di più quando capisce che con pazienza e dedizione quelle prodezze è in grado di produrle anche lui.

Sembro un disco incantato (è la tipica monotematicità della vecchiaia) ma lo sport può evolversi solo nel momento in cui si colma la frattura fra sport di vertice e sport di base. Lo sport da baracconi non serve più a nessuno, forse serve solo agli sponsor.  A noi interessa lo sport per tutti, quello che si pratica tutti i giorni e non solo due volte la settimana, che si può ed anzi si deve portare a scuola e che con la farmacologia applicata ha poco a che spartire.