SCHEDE E UNICITA’

Il teorema dell’unicità non è un teorema, è un dato di fatto ed è quel dato di fatto che mette in crisi molti ragionamenti, scientifici e non.

Tentiamo di non scomodare la scienza, che non fa molto bene i conti con questioni che sembrano più filosofiche che altro, ma per smontare i presupposti con i quali si elaborano le famigerate “schede di allenamento”, tanto di moda ai giorni nostri, non occorre nemmeno scomodare la filosofia.

Siamo unici e non è solo questa l’insidiosa premessa per smontare i principi sui quali si formulano le schede. La premessa ancora più insidiosa è che non solo siamo unici ma ci capita tutto una stramaledettamente volta sola anche se soprattutto in questa società, ogni tanto ci pare di avere dei curiosi deja vu, come se avessimo giù vissuto una situazione che pare ripresentarsi uguale uguale, ma è solo un’illusione perché ciò in realtà non accade.

Nell’era della standardizzazione in realtà di standardizzabile non esiste proprio nulla e tutto ciò che viene standardizzato lo è per convenienza economica o al più dogmatica ma non certamente per precisione di indagine scientifica.

Ma allora perché esistono le schede di allenamento che da un punto di vista teorico non hanno nessuna ragione di esistere e da un punto di vista pratico esistono eccome e accade pure che un allievo che si presenta in palestra se non gli fai la mitica “scheda” è pure capace di cambiare palestra perché si sente defraudato di un diritto inalienabile per il frequentatore di palestra del terzo millennio?

Perché la moda dice così e alla moda della razionalità delle scelte metodologiche per seguire l’allievo non gliene frega niente. Le schede esistono solo per un fatto di moda abbinato al fatto che teoricamente fanno risparmiare tempo al gestore della palestra ma su questo c’è molto da dire. Intanto c’è da dire che molto spesso il gestore della palestra non è nemmeno quello che la dirige e magari gestisce la palestra come un cinema ed un ristorante che tiene aperti contemporaneamente con lo stesso spirito, quello di far produrre reddito.

Chi dirige la palestra può avere, per scelta o per necessità (bisogna capire se è un direttore messo lì o se invece è davvero quello che decide tutto all’interno della palestra), dei collaboratori con i quali può lavorare in un certo modo. Può pure essere che questi collaboratori non siano molto esperti e si arriva all’evenienza, non molto raccomandabile ma più diffusa di quanto si possa pensare, che il direttore del centro elabori delle schede di allenamento che vengono eseguite dal cliente sotto la supervisione di un tecnico che non è chi le ha elaborate. Tale faccenda stride un po’ ma non è proprio rara. E’ come se in un ristorante il capo cuoco impartisse delle direttive e poi queste vengono eseguite dai collaboratori senza controllo da parte del capo cuoco. Nel ristorante accade (soprattutto se c’è molto lavoro…) e accettiamo che ciò possa avvenire anche in palestra.

In realtà in palestra la faccenda è molto diversa e, tanto per svelare subito l’assassino dal mio punto di vista, io affermo sempre che occorrono meno macchine da palestra e più tecnici esperti in grado di seguire davvero il cliente con competenza. Però anche il capo cuoco ci insegna questo criterio dell’unicità e quando ha tempo (nei buoni ristoranti praticamente sempre…) tenta comunque di verificare l’operato dei suoi collaboratori perché sa che tu puoi anche dare tutte le indicazioni nel modo più preciso possibile e con la maggior chiarezza possibile che alla fine il piatto è un’opera d’arte e non si può essere proprio sicuri che venga fuori in un certo modo.

Se ciò non bastasse (perché già abbiamo visto che pure il capocuoco sente questa esigenza di controllare tutto anche se ha dei collaboratori fidati) è opportuno aggiungere che i pomodori reagiscono in un modo abbastanza prevedibile ad un certo tipo di cottura, la panna montata forse può dare qualche sorpresa in più nella sua elaborazione ma, insomma, siamo sempre in ambiti di una discreta prevedibilità. L’atleta invece non si sa proprio mai come cavolo reagisce ai vari stimoli allenanti e se il giorno prima ha reagito in un certo modo non è per niente detto che reagirà nello stesso modo anche oggi, anzi quasi sicuramente in modo diverso.

Penso che siano sufficienti questi paragoni con la cucina per far capire quanto sia insensata ogni elaborazione di “scheda di allenamento”. Chiaramente non ho trattato la materia in modo scientifico.

Se avessi voluto perseguire quella strada avrei dovuto partire da molto più lontano e, con metodo scientifico, osservare che anche se il sole ultimamente è sempre sorto con una certa puntualità, non è detto che dovrà continuare a farlo tutti i giorni anzi è pressoché sicuro che un giorno cambierà idea. Tale osservazione non è certamente quella che ci fa cambiare idea sull’opportunità di elaborare le schede di allenamento ma è quella base per farci dire che comunque ogni standardizzazione ha dei limiti. La settecentesima volta che alziamo un determinato peso può sembrare uguale alle altre 699 volte che abbiamo alzato lo stesso peso. In realtà è la prima volta che abbiamo alzato quel peso per 700 volte e quel numero può cambiare fin che si vuole che in realtà è sempre la prima volta che viene fuori quel numero.

C’è un romanzo che si intitola “la solitudine dei numeri primi”. In realtà i numeri, se ben ci pensate, sono tutti soli. Per fortuna quel romanzo non è stato scritto perché potrebbe anche essere una palla pazzesca ma, anche se non ve ne rendete conto, lo stiamo scrivendo tutti i giorni. Anche chi “esegue” le schede di allenamento e si sente in mezzo a strani “deja vu” tipici di una società che molto spesso è decisamente ripetitiva.