RISPETTARE LE PAURE

In acqua io sono un vero disastro e penso che non sarei diventato un buon nuotatore nemmeno se avessi imparato a nuotare a due anni e avessi proseguito con il nuoto con continuità ed entusiasmo. Probabilmente non avrei problemi a nuotare normalmente e affronterei l’acqua senza problemi, ma con un galleggiamento “geneticamente” disastroso è difficile tirare fuori talento nel nuoto. I nuotatori di colore ce lo insegnano: li accade un po’ il contrario di quello che accade nelle corse. Mentre essere di colore è già una buona premessa per essere un buon corridore, di brevi distanze o lunghe ma insomma in qualche accidenti di corsa si può andare forte, con il nuoto è esattamente il contrario: è meglio essere bianchi perché non c’è all’orizzonte sta marea di atleti di colore che primeggiano nel nuoto. Ecco io faccio eccezione, non sono di colore e pertanto non correvo come un keniano e pure in acqua non avevo sto gran rendimento, diciamo pure che in acqua sembravo un po’ peggio di un keniano perché oltre ad un pessimo galleggiamento avevo pure un paura fottuta dell’acqua (e tutto sommato mi è rimasta anche se sono riuscito a sopravvivere in acqua diverse ore per poter affrontare in qualche modo l’esame di nuoto all’Isef). Da bambino non avevo sta gran paura dell’acqua, molto semplicemente non sapevo nuotare e mia mamma si arrabbiava non poco quando mi allontanavo con il materassino in punti dove l’acqua poteva essere potenzialmente pericolosa (francamente non mi chiedevo cosa avrebbe potuto succedere se bucavo il materassino, incoscienza dei bambini…) e dunque la paura era sua più che mia. Una gran paura dell’acqua mi è venuta il giorno che, teoricamente, più degli altri doveva avvicinarmi alla consapevolezza che in acqua si può stare anche bene e, in qualche modo, anche se non veloci come sulla terraferma, siamo in grado di spostarci senza materassini, canotti e motoscafi anche lì. Invece quel giorno andò storto qualcosa perché chi mi buttò in piscina, a tradimento senza dirmi nulla, non si rese conto che probabilmente io, pur non essendo di colore, avevo un galleggiamento peggiore di quello di un keniano. Ero poco più di un metro e mezzo ma abbastanza meno di 40 chilogrammi, molto leggero dunque, ma bisogna sapere che molto leggero che sulla terraferma ti fa essere forse un buon corridore (almeno con riferimento alle discipline di resistenza) nell’acqua non si traduce in buon nuotatore anzi il “molto leggero” molto spesso nell’acqua è molto pesante e va giù come un sasso, se non si muove in qualche modo a galla proprio non ci sta. E così andai a fondo in quella piscina che per conto mio era fonda almeno tre metri e mezzo (ma a me sembravano tre chilometri e mezzo) e mi vennero a prendere solo quando toccai il fondo perché secondo loro per un incanto divino avrei dovuto riemergere senza problemi, anche se non sapevo nuotare, anche se il mio galleggiamento era praticamente nullo. Ricordo che riuscii a non bere molto, pur prendendo molta paura (un fifa blu come il colore che vedevo tutto attorno a me) non mi agitai e aspettai fiducioso che chi aveva fatto la grande stronzata di buttarmi dentro (e ne fui perfettamente consapevole in un istante di questa cosa anche se avevo dodici anni) avrebbe avuto anche la lungimiranza di venirmi a prendere in tempi umani prima che io cominciassi a bere in modo pericoloso. In effetti, tutto sorpreso, venne a prendermi e poi non ricordo cosa disse, so solo che erano cose molto simili a tutte quelle che hanno continuato a raccontarmi per una decina di anni tutte le volte che mi sono recato in una piscina con l’obiettivo di fare almeno un pochino pace con l’acqua. La pace con l’acqua, o meglio con chi “lavora in acqua”, l’ho fatta solo il giorno in cui il mio insegnante di nuoto all’Isef ammise candidamente: “Tu sei un caso disperato, hai veramente dei problemi atroci con l’acqua e questi problemi ce li hai non solo per corredo genetico ma anche perché non hai mai trovato nessuno che sappia comprendere questi problemi…” In un istante come per incanto mi riappacificai con il mondo degli istruttori di nuoto che per conto mio, fino a quel momento, era “quella banda di ignoranti che non sanno che può esserci uno che non sa galleggiare anche se è un bianco” e pensai che, potendo aver a che fare con un insegnante simile, prima o poi avrei imparato a muovermi nell’acqua. In effetti da quel momento incominciai ad imparare qualcosa ma purtroppo non riuscii mai a prendere entusiasmo per il nuoto e tutto ciò che appresi finì per essere utilizzato solo ed esclusivamente per l’agognato esame di nuoto.

Insomma io ho trovato sulla mia strada un po’ troppo tardi un insegnante che ha rispettato le mie paure, se l’avessi trovato prima probabilmente le mie paure non si sarebbero ingigantite e come minimo avrei imparato a nuotare prima e pure un po’ meglio. Non si può piangere sul latte versato, doveva andare così, in ogni caso non abbiamo perso nessun campione del nuoto e se proprio volessi appassionarmi al nuoto potrei farlo forse anche con più facilità di quella con la quale continuo a confrontarmi con la corsa per il semplice motivo che sulla corsa anche se molto esperto sono decisamente usurato, nel nuoto invece sarei come nuovo perché su spalle e braccia ho pochissimi chilometri, diciamo che sono ancora in rodaggio.

Tale storia mi è stata di insegnamento invece per tante cose che hanno a che fare con l’attività motoria e non solo e l’ammonimento che bisogna sempre rispettare le paure della gente ce l’ho costantemente presente, Nell’insegnamento di qualsiasi tecnica che abbia a che fare con lo sport è decisamente importante ma arrivo a dire che è fondamentale anche in altri ambiti e, tanto per trattare un argomento che trattano anche cani e porci, direi che lo è anche con riferimento alle terapie nelle varie patologie.

Non siamo tutti medici e non possiamo trattare certi argomenti come se lo fossimo, ma consentitemi un mio punto di vista idiota sulla questione vaccini che è sempre più attuale. In Italia pare che chi si vaccina sia un eroe e chi non si vaccina sia un vigliacco. Ora, ammesse tutte le implicazioni di carattere medico che puntano a far aumentare la quota dei vaccinati come si può pensare che chi si vaccina è un eroe mentre chi non si vaccina è un vigliacco? Come si fa ad ignorare che ci sono certe persone, rare e difficili da individuare, ma purtroppo esistono, che rischiano molto di più ad inocularsi un certo farmaco che a beccare una certa malattia? La scienza non è in grado di dirci chi sono questi terribili sfigati ma abbiamo visto che ci sono ed è difficile dir loro: “Non aver paura, non succede niente, al massimo stai male per un mesetto, quasi di sicuro non muori…” Mi viene in mente quando mi dicevano: “Non aver paura, tanto galleggi…” Nessuno mi ha mai detto che ero un “No-Water” però ho avuto problemi per anni, fin che un insegnante lungimirante mi ha detto “Sei un vero disastro, vediamo cosa si riesce a fare…”. Adesso quelli che hanno paura di vaccinarsi vengono etichettati come “No-Vax” gli si dice di non aver paura, di vaccinarsi, senza comprendere minimamente le loro paure ed io sono convinto che non si vaccineranno perché la paura non si combatte negando l’esistenza del problema. Tutti hanno paura del Covid ed alcuni hanno più paura ancora del vaccino che non del Covid. Tutte le paure, anche se assurde, vanno rispettate, se le ignoriamo è come dargli da bere, crescono rigogliose e aumentano di volume. La colpa non è di chi ha paura ma di chi crede che la paura nasca dal nulla. Dietro alla paura c’è sempre un meccanismo psicologico complesso. Ignorarlo non ha nessun senso.