QUANDO UNO E’ VECCHIO DENTRO

Mi fanno notare che alcune mie osservazioni andrebbero scritte con la carta pergamena e non su Internet. L’articolo nel quale partendo da una bilancia d’epoca sono risalito alla situazione economica mondiale è di sapore arcaico anche se è scritto su Internet e non è certamente il luogo dove è pubblicato a farne una cosa attuale o una cosa d’altri tempi. In quell’articolo vi sono dei dati oggettivi che in 140 caratteri potevano starci. Per esempio che la tabella con i pesi ideali di un tempo non corrisponde a quella di adesso e anche da quel dettaglio si può percepire se una bilancia è moderna o antica, ma tutto il resto è poesia non in quanto veramente poetico  ma in quanto scritto con un sapore di antico di quando si poteva tranquillamente disquisire dei fatti della vita partendo da un’autentica scemata quale quella dell’analisi del peso medio della popolazione.

C’è anche che, portando in campo nientepopodimenoche la matematica, noi siamo anche la media del nostro vissuto e così ci portiamo sempre dietro anche quel bagaglio di vecchiaia che ci rende vecchi dentro (se lo siamo anagraficamente) anche dove la vecchiaia potrebbe sfuggire.

L’Alzheimer potrebbe venirci in soccorso perché danneggiando la memoria potrebbe renderci più attuali. Visto che non ricordiamo siamo costretti a comportarci in modo moderno. Invece l’assurdità dell’Alzheimer è che ci rende ancora più vecchi perché danneggia prima la memoria a breve termine di quella a lungo termine ed è proprio così che ci emargina e ci rende ancora più vecchi: capaci ancora di rimembrare l’antico ma non di memorizzare nei circuiti a breve termine il nuovo.

A volte pare che i giovani abbiano funzionanti esclusivamente i circuiti della memoria a breve termine, gli altri non è che li abbiano danneggiati come può succedere a noi in una fase un po’ più avanzata dell’Alzheimer, proprio non li hanno. Con riferimento alla memoria a lungo termine il confronto fra un giovane ed un malato di Alzheimer troppo spesso è a favore di quest’ultimo. Questa sarà forse una cosa confortante per il malato di Alzheimer ma è veramente drammatica per il giovane. Non è che il vecchio abbia più informazioni, è semplicemente più allenato a riprenderle, il giovane le informazioni di qualche anno prima proprio non le rielabora, nella sua cultura sono inservibili.

Fra scienza e poesia. E’ pure possibile che in quell’articolo sulla bilancia di una volta ci fosse un po’ di poesia come mi è stato commentato per togliermi la patente di freddo analista della realtà. Niente freddo, niente analista, sei solo un poeta, ti passiamo il fatto che la tabella dei pesi è cambiata da 60 anni fa ma non romperci le scatole con analisi economiche fastidiose.

Ma di poesia ne vedo gran poca nell’articolo successivo nel quale partendo da un  articolo folle sulle presunte frequenze cardiache ideali del cammino riportato da un portale di vastissima diffusione, mi scagliavo contro il pressapochismo dei giorni nostri. Continuo ad essere vecchio dentro e ad ignorare che quando una cosa è di moda e si può scrivere in 140 caratteri non c’è nessun motivo valido per cui non deva essere scritta.

L’importante non è che la cosa scritta sia corretta e possa essere utile ma che sia di moda e che si possa scrivere in 140 caratteri, In breve l’importante è che possa essere letta non che possa essere utile. Se viene letta è utile punto e basta perchè a chi la scrive fa comodo il numero di lettori e non il numero di soggetti che traggono beneficio dalla lettura di quella cosa.

Essere vecchi dentro può essere comodo o scomodo a seconda dei punti di vista. Quando leggo certe cose io mi sento molto vecchio dentro, ma non ne provo un senso di disagio. Non so se sono pronto a scrivere su carta pergamena. Lì, la “media” della mia vecchiaia mi frega, anche se sono vecchio non lo sono abbastanza tanto da aver già utilizzato carta pergamena nei miei scritti. Forse continuerò a scrivere su Internet e chissà che un giorno non riesca a scrivere in 140 caratteri che per capire un sistema bisogna analizzarlo nella sua complessità altrimenti è meglio non provarci nemmeno.