PREVENZIONE PRIMARIA E PREVENZIONE SECONDARIA

L’ulteriore episodio della telenovela dei certificati medici per la terza età mi suggerisce delle riflessioni che vanno al di là della solita pedante analisi delle nuove direttive per capire come andrà a finire la questione. Probabilmente è una questione che non finirà mai e resterà questo eterno conflitto fra responsabili della prevenzione primaria (gli insegnanti di educazione fisica) e responsabili della prevenzione secondaria (i medici).

Messa giù in questo modo l’analisi ha in sé un qualcosa di rivoluzionario perchè nessuno si è mai sognato di pensare che i responsabili della prevenzione primaria sono proprio gli insegnanti di educazione fisica, quelli che adesso, uscendo da una facoltà universitaria si chiamano “Dottori in Scienze Motorie”. Purtroppo è cambiato il nome per chiamarli ma non è cambiato il modo di considerarli, contano (contiamo, perchè purtroppo come insegnante proveniente dal vecchio ISEF ci sono dentro anch’io) praticamente zero. Si crede che la gestione della prevenzione sia tutta in mano ai medici. Questo è un equivoco che noi per primi abbiamo la responsabilità di chiarire e non deve assolutamente essere un alibi per fare in modo che la prevenzione primaria in Italia resti costantemente all’anno zero. Anzi proprio perchè la prevenzione primaria, che riguarda i soggetti sani, è in mano a chi gestisce l’attività motoria dovremmo far vedere che questa funziona meglio ed offre più risultati di quella secondaria che tratta soggetti già a rischio, potenzialmente malati e quindi oggetto delle attenzioni della classe medica.

L’ultimo dettaglio della saga dei certificati medici delinea un conflitto fra legislatore e attori della scena in quanto il legislatore è sempre più chiaro nella volontà di non voler ostacolare in alcun modo la prevenzione primaria e pertanto tende a semplificare le procedure ed a ridurre i costi delle certificazioni. Praticamente il legislatore riduce gli obblighi e poi, come per incanto, viene fuori una interpretazione da parte di chissà chi che va a ripristinare questi obblighi. Trattando precisamente l’argomento del quale mi sono occupato io a più riprese, i certificati medici per la ginnastica per la terza età, non vi è alcun dubbio che questi non sono necessari. A tal scopo la commissione Affari Sociali si occupa addirittura di dire,  come se ce ne fosse bisogno, che un’attività a basso impegno è sempre tale a prescindere da chi la organizza e così azzera in un istante quella presunzione secondo la quale “se una certa attività è organizzata dalle società sportive occorre comunque il certificato medico.”

Persa questa battaglia, chi insiste a far produrre il certificato anche ai novantenni che alzano le braccia in casa di riposo, si inventerà che la ginnastica per la terza età non è poi davvero un’ attività a basso impegno cardiaco e che, insomma 90-100 battiti al minuto per un anziano (che talvolta ne ha 80-85 anche a riposo…) non è proprio questa intensità da sottovalutare.

Il concetto è che se siamo un paese ricco e abbiamo i soldi per essere all’avanguardia nella prevenzione secondaria ben vengano tutti gli esami strumentali possibili ed immaginabili di questo mondo se invece siamo un paese povero e abbiamo si e no i fondi per garantire a tutti una importantissima colonscopia per la prevenzione del troppo diffuso tumore al colon è già tanto se diamo la precedenza agli esami più importanti (vedi colonscopia e similari che salvano un tot. di vite) senza ostacolare la prevenzione primaria che tutto sommato ha costi piuttosto contenuti ed ha urgenza di decollare più in fretta possibile per contenere i costi del sistema sanitario. Tanto per dare i numeri, perchè ormai è questo che sto facendo io su questo sito, preso a tratti da una burocrazia che è semplicemente patologica, se un corso di ginnastica costa all’anziano 100, 130 o 150 euro per tutto l’anno e se questo costo per l’anziano è già un costo considerevole perchè con la sua pensione da fame sta tagliando dappertutto, ci troviamo nell’urgenza di non gravare tale costo di ulteriori costi aggiuntivi. Un costo aggiuntivo di 30-50 euro per un certificato medico, che non fa altro che confermare quanto il medico di base può dire senza alcun certificato, è assolutamente improponibile. Test cardiologici strumentali su un soggetto che non ne ha mai fatto in tutta la vita non hanno molto significato salvo che poi non si abbiano i mezzi per inquadrare la situazione cardiologica di quel soggetto senza suscitare inutili allarmismi e potendo serenamente comporre un quadro attendibile e dettagliato più che acquisire informazioni a spot che, se isolate, possono essere solo che fuorvianti.

Faccio l’esempio della questione di bassa importanza ma illuminante degli atleti master di lungo corso, quelli che corrono da una vita per intenderci. Se a questi somministriamo delle indagini cardiologiche mai effettuate potremo avere delle sorprese che possono apparire anche preoccupanti, se andiamo ad indagare ulteriormente scopriamo che è tutto abbastanza normale e diffuso nella popolazione degli sportivi di lungo corso.

Anche lì le indagini sono molto  costose, quando è possibile farle è opportuno farle quando non è possibile la prima cosa da fare è continuare a raccomandare la pratica di una sana attività sportiva, con tanto buon senso come è e deve essere nello spirito degli atleti piuttosto stagionati. Accade il contrario, che fin tanto che non sono espletati gli accertamenti medici l’atleta viene praticamente bloccato o comunque caldamente invitato a non prendere parte alle competizioni e così si va a togliergli la possibilità di mettere in pratica quella prevenzione primaria che tanto è necessaria per stare bene. Si obietterà che il master non è un bambino ed è certamente in grado di condurre una sana attività sportiva anche senza prendere parte alle competizioni ma questa obiezione ignora un dato di fondo dell’attività master. In un contesto di attività ludico motoria, perchè questo è il vero connotato di tale attività sportiva, il momento agonistico non è altro che l’aspetto ludico di una preparazione che sempre è condotta con raziocinio e buon senso. Se tale buon senso manca non è certamente intensificando la quantità e la qualità dei controlli sanitari che possiamo andare a migliorare una cultura sportiva che deve certamente essere evoluta e matura.

Insomma se c’è qualche master che fa il bambino sarà il caso di intimargli di non fare il bambino non di bloccarlo come si fa davvero con i bambini quando stanno per combinare qualche marachella. Il tutto deve essere attentamente ponderato in un preciso conto di vantaggi e rischi dove il rischio dovuto all’accidenti cardiaco (tanto temuto perchè può colpire a qualsiasi età e qualsiasi tipologia di atleta) è sempre inferiore al danno certo e documentabile provocato dalla sedentarietà.

Immagine ad effetto ed enigmatica ma in un paese evoluto sono di più le persone che muoiono in un campo sportivo mentre si stanno muovendo di quelle che muoiono in uno stadio mentre stanno urlando. La trasformazione di un popolo di spettatori in popolo di cittadini sani passa anche da queste drammatiche acquisizioni. Non c’è dubbio, non vorremo mai morire, né a vedere una partita né a giocarla. Semplicemente folle l’atteggiamento di colui che, visto un atleta che muore sul campo, decide di non muoversi più, sarebbe come se tutti i tifosi di una squadra abbandonassero la loro squadra del cuore (del cuore… sigh) perchè un tifoso ha avuto la sfortuna di morire allo stadio. La prevenzione primaria passa anche da queste cose. Sulle strisce pedonali muoiono veramente tante persone all’anno, non è un buon motivo per toglierle, anzi per fare prevenzione bisogna metterne ancora di più ed insistere ad insegnare tutti a rispettarle.