PER UN NUOVO MODELLO DI ATTIVITA’ FISICA

Pensare ad un “nuovo” modello di attività fisica presuppone che attualmente ne esista uno, “vecchio”, forse “attuale”, per alcuni anche “nuovo” ma che comunque esista un modello di attività fisica. Molti sostengono che questo modello non esiste e che questo sia il vero problema: non esiste un modello di attività fisica e pertanto ci sono in giro ancora molti sedentari, il problema non è affrontato come deve essere affrontato.

Per conto mio in realtà esiste un “attuale” modello di attività fisica che però è inefficiente e non considera le esigenze di milioni di sedentari che non trovano risposte in questo modello.

E’ un modello un po’ anarchico dove all’attività fisica proposta per due ore alla settimana in modo istituzionale a scuola si affianca un’attività sportiva piuttosto diffusa sul territorio gestita da squadre affiliate alle varie federazioni sportive ed agli enti di promozione sportiva. A questi si affiancano anche i numerosi gestori di palestre private, che, soprattutto negli ultimi 20-30 anni, hanno provato a sopperire all’assenza di un modello efficiente di attività fisica creandone uno parallelo: il modello delle palestre private appunto.

Io sostengo che l’attività fisica sia troppo importante per essere lasciata in mano ai privati e mentre alcune palestre che lavorano in modo razionale fornendo un utile servizio per la cittadinanza andrebbero aiutate anche con sgravi fiscali e incentivi, altre (alludo soprattutto ai “supermercati” dell’attività motoria con tante macchine e poco personale perché se si vuole fare “impresa”  questo è il trend…) andrebbero controllate e possibilmente anche tassate nel giusto modo quando si va a scoprire che non offrono nessun servizio al cittadino ma vanno solo ad occupare in modo piuttosto maldestro un buco legato ad una cattiva informazione in tema di attività motoria.

Il “modello delle mode”, perché così può essere anche chiamato in modo un po’ dispregiativo questo modello di gestione dell’attività fisica, non è venuto incontro alle reali esigenze della popolazione ed ha invece approfittato di alcune situazioni per fare business, per fare impresa, per muovere danaro in un settore che ha bisogno di muovere più le persone che il danaro.

I difetti di questo modello sono piuttosto evidenti e non si vede all’orizzonte come possano essere corretti se non si prevede invece un modello di attività fisica statalizzata che si prefigga come obiettivo di portare l’attività fisica a disposizione di tutti anche e soprattutto di quei 20 milioni di italiani che sono stati lasciati ai margini di questo modello.

Riassumendo per sommi capi i problemi di questo modello sono:

1°) Una eccessiva utilizzazione di pesi e macchine da palestra nei confronti di cittadini che non hanno da risolvere alcun problema riabilitativo ma devono solo fare una sana attività fisica di prevenzione. Tale evenienza si determina perché con la “macchinizzazione” delle palestre si è rincorso un vero e proprio business riuscendo a contenere il personale e razionalizzando lo spazio palestra facendo credere che l’attività fisica sia sostanzialmente un  rapporto fra allievo e macchina più che fra allievo ed istruttore.

2°) Una contrazione dei modelli sportivi dove il tecnico insegna la vera tecnica dello sport e non una serie di principi legati per lo più allo sviluppo delle doti condizionali. Questo modo di operare forse ha base in motivazioni che sono anche peggiori di quelle di cui al punto “1” nel senso che nell’immaginario collettivo le doti condizionali sono quelle che possono essere supportate anche da una buona integrazione alimentare (business colossale questo che porta addirittura gli sportivi in farmacia quando dalle farmacie dovrebbero starci ben distanti) e così più che la corretta tecnica del gesto sportivo è utile sviluppare forza e resistenza e a tal scopo ci vengono in soccorso un sacco di prodotti inutili alcuni dei quali da comprare pure in farmacia appunto, come gli integratori destinati ai novantenni con problemi seri ma che vengono acquistati anche dai quarantenni senza nessun problema.

3°) Una continua mancanza cronica di impianti sportivi pubblici e luoghi dove potersi muovere quali per esempio le famigerate piste ciclabili che se esistessero in modo capillare sul territorio potrebbero da sole risolvere già almeno il 50% del problema della sedentarietà. Ciò accade perché si crede che il supporto dei privati possa compensare queste mancanze e pertanto chi non pedala all’aperto può benissimo andare a pedalare al coperto in palestra, chi non corre o cammina nelle città perché queste sono organizzate esclusivamente per le esigenze del traffico automobilistico può comunque prendere la sua automobile ed andare a camminare su un tapis roulant in una cattedrale del fitness, in una periferia ben distante dalla propria abitazione ma facilmente accessibile grazie ad un colossale parcheggio.

Questo tipo di organizzazione è semplicemente demenziale ma sopravvive ancora nel nostro sistema: si prende l’auto per andare a camminare al chiuso in una palestra di periferia. Io penso che questo sia il minimo dell’attività motoria e credo che a questo modello i cittadini devano avere il coraggio di ribellarsi se possibile anche con scelte politiche oculate perché come sono importanti gli ospedali che accolgono i malati è importante anche l’organizzazione delle nostre città che se non è razionale porta dentro a quegli ospedali anche gente che poteva benissimo starne fuori con una sana prevenzione.

Ovviamente il discorso è molto complesso e non può certamente essere affrontato su un articoletto di un sito che dispensa consigli gratuiti ma, stando in tema di consigli gratuiti, un consiglio è anche quello di cominciare a rendersi conto che bene o male, anche se non sembra, un modello attuale di attività fisica esiste. Siamo tutti d’accordo che non funziona perché lascia sul campo (direi sul “divano”… più che sul “campo”) milioni di sedentari e deve pertanto essere rivisto. Se a queste cose non ci pensano i cittadini non pensate che ci si mettano a pensare i politici per grazia divina. La politica la facciamo tutti noi anche quando ci rifiutiamo di utilizzare una corsia ciclabile perché è troppo stretta e pericolosa. Dobbiamo dire perché non la utilizziamo altrimenti ci dicono che siamo pigri. Ma gli italiani non sono pigri, sfatiamo un luogo comune, i nuovi pigri sono i tedeschi che sulla pigrizia ci fanno pure gli spot e si sono illusi che sia la dote necessaria per combattere il Covid, probabilmente hanno scienziati un po’ disattenti.