PAROLE “VERSUS” MUSCOLI

La sfida parole contro muscoli è una sfida epocale nella storia dello sport e dell’attività fisica in genere. A seconda delle ere in talune si trovano in vantaggio le parole in altre si trovano in vantaggio i muscoli.

Ho la sensazione che nella nostra era siano in vantaggio i muscoli e probabilmente è proprio per questo che io qui sopra scrivo molto di cose che con i muscoli hanno poco a che fare. In un’era dove l’attività fisica pare che sia un discorso che riguarda soprattutto i muscoli io mi diverto a scrivere di cose che pare che abbiano a che fare più con un certo tipo di cinematografia che non con l’attività motoria vera e propria.

Perché accenno alla cinematografia? Forse è anche quella una cinematografia un po’ datata ma è proprio da lì che io trovo i personaggi per spiegare un tipo di allenatore che non c’è più: quello che usava molto le parole per spingere il suo atleta più in là e lasciava perdere i muscoli.

Mi vengono in mentre tre film con tre allenatori molto diversi fra loro ma legati da questo atteggiamento di grande uso della parola.

Parto da un film di nicchia, un piccolo lavoro italiano che non ha avuto grossi riscontri ma nel suo genere non è per niente male: il film “Un ragazzo di Calabria”. La storia è ispirata a Francesco Panetta siepista calabrese spostatosi a Milano ma è collocata più indietro nel tempo. Il ragazzo del film del regista Comencini in realtà non è nato negli anni ’60 come Panetta ma negli anni ’60 vede Abebe Bikila per televisione e decide di provare ad emularne le gesta. Quel ragazzo di Calabria ha come allenatore un certo Felice che è interpretato con grande maestria dal mitico Gian Maria Volontè. Felice è un allenatore che usa decisamente le parole e praticamente mai nel film si parla di muscoli ma il ruolo dell’allenatore è grande come è grande la figura di Gian Maria Volontè e anche per quello non ci si poteva adattare a scegliere un attore di spessore inferiore. Voglio sottolineare come anche il ragazzino, un esordiente preso non a caso ma quasi, venga fuori decisamente bene da quel film e così nel film come nella realtà un grande allenatore tira fuori in modo esemplare il talento e qui un grande attore porta alla  parte perfetta il ragazzino sconosciuto. Bravo il ragazzino, indubbiamente, ma mi domando se in compagnia di un’attore di diverso calibro sarebbe riuscito ugualmente ad esprimersi su quei livelli.

Parole che prevalgono sui muscoli, anche trattandosi di sport di resistenza quel ragazzino di muscoli ne ha gran pochi e come il reale Francesco Panetta al quale è ispirato il film ha invece una forza di volontà leggendaria.

Un po’ più muscolare il protagonista del secondo film che voglio citare: nel famosissimo (ben altri incassi…) “Momenti di Gloria” Ben Cross interpreta magistralmente il velocista Harold Abrahams che vince i 100 metri alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Qui i muscoletti ci sono, ce li ha l’attore Ben Cross e li aveva indubbiamente anche l’atleta anche se non ipertonici come quelli della maggior parte dei velocisti moderni che sembrano allenati quasi più in palestra che in pista. Il “Ben Cross – Abrahams” ha un allenatore, tale Sam Mussabini interpretato da Ian Holm, che di muscoli parla gran poco ma anche lì fa venire fuori una parte magistrale che eleva il già bravo Ben Cross e da alla cinematografia delle battute storiche e incancellabili. Ora io nel 1924 non c’ero e non so se questa sia una distorsione romanzata per fare un grande film ma per stare in casa nostra in tempi più vicini ai nostri posso dire di avere assistito dal vivo, a pochi passi (ero in campo) ad un allenamento seguito da Carlo Vittori sull’altrettanto leggendario Pietro Mennea e vi dico che la parte Abrahams Mussabini era ricalcata abbastanza, pochi muscoli e molte parole in un vissuto emotivo che il film italiano su Pietro Mennea ha fatto un po’ fatica a ricreare.

Nel terzo film, un divertente “il paradiso può attendere” c’è in effetti un protagonista abbastanza muscolare e che si prepara pure in modo muscolare, questo è un giocatore di football americano, non è ispirato alla realtà ma il bravo Warren Beatty che è l’atleta morto in un incidente stradale che deve tornare in vita per far vincere la sua squadra (nel film tale Joe Pendleton) fa proprio capire quanto sia importante il suo allenatore (Jack Warden che interpreta un tale allenatore di nome Max Corkle) perché pur adoperando pesi a tutto spiano per rimettersi in forma fa capire chiaro e tondo che senza la collaborazione del suo allenatore Max non può farcela a tornare competitivo nemmeno con tutti quei pesi. Insomma è proprio il “Warren Beatty – Pendleton” a far capire quanto sia importante l’allenatore perché nonostante sia l’unico a dare una grande importanza all’allenamento con i pesi (non per niente è americano…) è anche quello che insiste in modo netto per avere quell’allenatore perché lo ritiene fondamentale. Da lì parte una serie di battute memorabili che dimostra che si può fare la storia del cinema anche facendo ridere e Warren Beatty – Pendleton riuscirà poi a convincere il suo allenatore “Warden – Max” che lui è quell’atleta che pareva morto ma è ancora lì per far vincere la squadra.

Qualcuno può dire che questi sono tre film datati e che fanno parte di una realtà che non esiste più. Adesso forse si metterebbe l’accento molto di più sulla parte muscolare della preparazione. Io sono convinto che quei tre film, per quanto datati, ci possano insegnare molte più cose di quanto possiamo imparare da alcune moderne teorie dell’allenamento.

Attenzione che anche le teorie dell’allenamento vanno ad ere e se vogliamo essere un po’ analitici potremmo anche scoprire che quelle attuali somigliano molto a quelle in voga negli anni ’60 quando, scoperto che la preparazione muscolare si poteva supportare anche con prodotti di sintesi, non si è indugiato  molto a far tesoro di questa scoperta.

Se anche la teoria dell’allenamento funziona un po’ come lo stile delle automobili che per una ventina d’anni sono squadrate e per i vent’anni successivi sono arrotondate si può immaginare che in un futuro non troppo distante torni l’era delle parole, dell’allenatore importante che puoi pure spendere tante parole per convincerlo ad instaurare un rapporto di collaborazione perché solo con i muscoli non si va da nessuna parte, o meglio i muscoli te li fai anche da solo ma poi il rendimento in campo deve fare i conti con una infinità di altre cose che più che di bilancieri hanno bisogno di parole, parole e parole.