PAROLE ED ATTIVITA’ FISICA

A  meno che non trattiamo di situazioni limite, tipo un atleta autodidatta e pure poco socievole, le parole nell’attività fisica hanno una grande importanza.

Non esistono nel regno animale anche se un buon addestratore sarà a spiegarvi in modo circostanziato proprio il contrario, però possiamo tranquillamente affermare che un gatto sveglio è capace di gettarsi da un altezza considerevole senza farsi male e senza che nessun addestratore gli abbia mai spiegato nulla a parole.

Fra gli umani invece le parole contano molto, eccome e condizionano indubbiamente anche tutta l’attività fisica innanzitutto nella relazione allenatore-atleta o istruttore-allievo. Tale relazione si fonda sulle parole perché quando il tecnico tenta di dimostrare a gesti  si espone al rischio di clamorosi fraintendimenti. Può essere che a gesti qualche informazione possa anche passare ma se si riescono ad usare bene le parole, sembrerà strano ma la qualità della trasmissione delle informazioni in tema di gesto tecnico è decisamente più elevata, in sintesi il buon allenatore non è un buon dimostratore ma una persona che sa usare bene le parole per descrivere l’attività fisica ed in contenuti tecnici di questa.

Esistono almeno due aspetti di un certo gesto motorio: uno “figurativo” o estetico legato a ciò che si vede da fuori ed è per esempio ciò che l’omino stilizzato delle tabelle dei percorsi della salute vuole tentare di spiegarci in modo maldestro quando tenta di inscenare un certo esercizio fisico e poi esiste un aspetto qualitativo del gesto motorio che è molto complesso che può essere solo coadiuvato da più immagini (e non certamente da una sola…) ma che se vuole essere sviscerato nei suoi aspetti qualitativi deve certamente essere accompagnato da un buon numero di parole.

Per spiegare i limiti delle immagini è possibile che due atleti che stanno svolgendo più o meno lo stesso esercizio da un punto di vista figurativo stiano in realtà facendo due cose qualitativamente molto diverse fra loro. Ciò accade soprattutto nei gruppi di ginnastica per adulti dove per un panorama di situazioni di partenza molto variegato accade che lo stesso esercizio sia interpretato in tanti modi diversi quanto è il numero dei partecipanti al corso. Poco conta far vedere la figura di un certo esercizio se non vengono spese parole sulle modalità di approccio a questo esercizio, e così più che sorvegliare sulla corretta posizione degli angoli di lavoro sarà opportuno vigilare sulla corretta adozione delle idonee intensità di carico pena il rischio di sconfinamento della lezione da un qualcosa di utile ad un qualcosa di potenzialmente dannoso.

E’ chiaro che quando si ha a che fare con gruppi numerosi è molto più facile mettersi fare i dimostratori dimostrando un ipotetica figura più o meno valida per tutti ma se si vuole davvero seguire la classe con un certo senso di responsabilità e senza prenderla in giro bisogna far capire che la figura non c’entra proprio niente, che il lato estetico, trattando di ginnastica per la salute è proprio l’ultimo degli aspetti da considerare e che invece le tensioni muscolari prodotte da un determinato esercizio ne sono il fenomeno caratterizzante e l’elemento decisivo per determinare la minore o maggiore utilità per le capacità di movimento del soggetto che lo va a provare.

E’ con le parole che possiamo tentare di far chiarezza sulla qualità di queste tensioni perché dimostrando non possiamo fare nulla se non generare inutile caos. Noi non siamo nelle fibre muscolari dei nostri allievi e gli allievi non sono nelle nostre e non sono assolutamente in grado di percepire i segnali lanciati dai nostri recettori di tensione perché fanno già fatica a captare i segnali lanciati dai loro recettori di tensione, anzi si può proprio dire che l’intero corso di ginnastica è vincente se solo riesce a fargli capire qualcosa in più sui messaggi lanciati da questi recettori di tensione che sono indubbiamente i loro e non  quelli dell’istruttore.

Dunque la parola come mediatrice di un messaggio che è certamente complesso e che può beneficiare della trasmissione delle immagini solo in modo molto superficiale.

A volte per spiegare l’arte diciamo che possono anche mancare le parole e si può solo mettersi lì in atteggiamento contemplativo per tentare di comprenderla meglio possibile. Ecco, l’attività motoria, che pur è un’ arte anche se molti vogliono farci credere che sia una scienza, è un’ arte che ha bisogno di essere smontata pezzo per pezzo ed in questo senso verrebbe la tentazione di chiamarla scienza perché tentiamo di analizzarla con piglio scientifico, ma anche se la smontiamo nei minimi dettagli per tentare di comprenderla bene resta comunque un’arte e come tale tende a sfuggirci nella totalità dei suoi aspetti e, soprattutto, come tale si presta ad essere interpretata in modi diversi a seconda del modo di interpretare alcuni “colori” da parte di chi la pratica.

Per certi versi le parole che descrivono l’attività motoria possono essere pure poetiche e lo sono soprattutto nel descrivere le gesta epiche degli eroi leggendari ma devono essere più povere, concrete e miseramente riduttive se vogliamo sviscerare degli aspetti tecnici che non possono lasciare molto spazio alla poesia se vogliono essere veramente efficaci nella comunicazione e nel trasferimento di informazioni.

Insomma se per la leggenda tante parole vanno bene e le più poetiche sono pure quelle che vanno meglio, per spiegare un  certo gesto e comprenderlo davvero bisogna invece usare le parole che ce lo smontano e che ci fanno capire che quel gesto in realtà non ha avuto nulla di leggendario ed è stato possibile per questo, questo e questo motivo in modo molto razionale e forse un po’ meno poetico. Il bravo tecnico non ha perso il gusto per la poesia del movimento ma sa che se vuole essere bravo deve andare anche oltre quella.

Il bravo atleta è certamente quello che ha grandi doti genetiche e riesce a fare in modo istintivo anche cose che gli atleti meno dotati geneticamente normalmente non riescono a fare ma è anche quello che usando le parole riesce a capire come fare per riuscire ad andare più in là di quanto la genetica gli consente di fare praticamente senza alcun apprendimento.

Chiunque si ponga dei quesiti sull’attività fisica e, se ci teniamo alla nostra salute dobbiamo farlo tutti, deve agire più o meno nello stesso modo, confidando che la nostra dotazione genetica di base è comunque un buon punto di partenza ma che se vogliamo migliorare almeno un pochino (o… peggiorare in modo più lento) dobbiamo anche metterci a ragionare con le parole attorno ad alcuni discorsi sull’attività fisica.