OVETT, COE E… GAMBAROTTO

Ho letto un libro, appena pubblicato, su Steve Ovett e Sebastian Coe, si intitola “I rivali perfetti” ed è stato scritto (bene, a mio parere) da Maurizio Ruggeri. Mi è piaciuto molto e lo consiglio agli appassionati, ai “vecchi” fans di questi due indimenticabili atleti.

Questi duelli sono indubbiamente affascinanti e importanti per lo sport. Sono i duelli che riescono a superare il fatto tecnico e riescono a dare un alone di leggenda alle gesta sportive. Lo sport ha bisogno di queste cose come ha bisogno di una sua narrazione che vada al di là della cifra tecnica.

Per questo motivo ho sempre preferito i grandi duelli (tipo quello mitico fra Ovett e Coe appunto) alla ricerca spasmodica dei records.

Ritengo che sia Ovett che Coe non abbiano espresso il top della loro cifra cronometrica sui 1500 metri. Mentre negli 800 metri Sebastian Coe, con il tempo di 1’41″7 ottenuto a Firenze nel 1981, ha senz’altro ben fotografato la misura della sua grandezza negli 800 metri non sono convinto che né il 3’29” ottenuto dallo stesso Coe sui 1500 e tanto meno il 3’30” ottenuto da Ovett su quella distanza (ottenuti in una fase già calante della loro splendida carriera) abbiano reso giustizia del loro infinito valore sulla distanza dei 1500 metri. Sia l’uno che l’altro non hanno corso per il record nel miglior momento della loro carriera ed hanno perso la possibilità di dimostrare quanto valevano al top su quella distanza. Non penso che un tempo di 3’27” possibile a mio parere ad entrambi i campioni britannici nel loro momento migliore avrebbe cambiato la storia dell’atletica, anche perché sarebbe stato comunque successivamente cancellato dal record del mondo attuale che è stato fissato in 3’26″0 nell’ormai lontano 1998 dal grandissimo atleta marocchino El Guerrouj. Sono assolutamente incancellabili, invece, le poche sfide fra Ovett e Coe e nessun nuovo record potrà cancellarne il ricordo.

Ho sempre preferito i duelli ai records perché sono quelli che tengono su la scena anche quando i records sono irraggiungibili.

Se fosse solo per il record la disciplina dei 400 metri femminili dovrebbe chiudere bottega per qualche decennio e chi propone addirittura la cancellazione di quel record non ha capito niente di atletica, rinnega la storia e va a caccia di ingiustizie colossali. Se dobbiamo criticare un certo modo di fare atletica dobbiamo partire da ciò che succede ancora adesso sotto gli occhi di tutti, invece di andare a prendercela con i protagonisti di trent’anni fa. In questa critica dobbiamo stare molto attenti perché rischiamo di prendere lucciole per lanterne. Mai come ai giorni nostri (molto più che trent’anni fa…) l’artificio è stato reso occultabile, insondabile ed assolutamente difficile da identificare rendendo ogni presunzione di colpevolezza assimilabile ad una vera e propria calunnia. Lasciamo perdere i records e concentriamoci sui duelli, fidiamoci di quelli che almeno pongono a confronto atleti della stessa era e pertanto, almeno teoricamente, ad armi pari anche sotto l’aspetto del “controllo”.

A tal proposito, da attore dell’atletica delle seconde schiere, non posso fare a meno di citare un tale Gambarotto che gareggiava per la Coin di Mestre a fine anni ’70 (contemporaneo di Coe ed Ovett). Non ricordo nemmeno il suo nome di battesimo (è passato qualche annetto…) ma se legge queste righe fa poca fatica ad identificarsi nelle gesta di quello che per me fu un vero eroe del mezzofondo né più né meno dei campioni televisivi.
Gambarotto era un forte ottocentista a livello regionale di una delle regioni storicamente fra le più forti d’Italia nell’atletica: il Veneto. Correva gli 800 metri in 1’54” nella categoria Juniores e, soprattutto, vinceva molto in virtù di un grande finale e una grande sagacia tattica. Aveva già corso i 1500 metri, dei quali non era specialista, in meno di 4 minuti dimostrando di avere anche delle buone doti di tenuta.
Un giorno, ai Campionati di Società Juniores del Veneto, si presentò al via della gara dei 3000 metri, non si sa se per esigenze societarie o per quale altro motivo. Era una gara che forse aveva già corso qualche volta a casa sua, ma non in campo regionale, non contro i migliori specialisti della regione. Quel giorno era lì alla partenza contro di loro e, da ottocentista, c’è da dire che era già tanto che fosse schierato con i migliori nella prima serie perché a quei tempi bastava avere un tempo di accredito anche di poco superiore a quello dei primi per finire in seconda serie.
Dunque Gambarotto è lì con i migliori Juniores di 3.000 e 5.000 metri del Veneto a giocarsi questa gara strana. La gara parte ad un buon ritmo ma non impossibile, pareva quasi che i migliori avessero fiutato il fatto che non era il caso di gettarsi in imprese particolari per sfidare questo buon ottocentista e poi la gara, ovviamente, era anche fra loro e chi parte a fare un ritmo forsennato rischia comunque di finire in modo inglorioso. Per cui buon ritmo che procede e aumenta di un po’, senza strappi netti. Gambarotto è sempre lì e abbiamo capito che, almeno a quei ritmi, non ha paura dei 3000 metri, ci prova, è sempre incollato ai primi, anche se obiettivamente sembra quello un po’ meno tranquillo degli altri, diciamo che una leggera sensazione di precarietà la da. Passano i giri ma non cambia nulla. Non si capisce se sia la suggestione di vedere un ottocentista che lotta contro i cinquemilametristi ma la sensazione che l’ottocentista deva cedere da un momento all’altro c’è, anche se matura un’altra sensazione che è quella che gli altri hanno capito che, nonostante tutto, questo è ancora attaccato e nessuno ha intenzione di portarselo attaccato agli ultimi 100 metri. Dunque se Gambarotto ha un solo problema che è sopravvivere a quel ritmo crescente ma non furioso gli altri hanno un duplice problema: controllarsi fra loro perché probabilmente anche fra loro ci sarà una volata ed al tempo stesso non portare Gambarotto a questa volata oppure portarlo molto stanco. In tribuna qualcuno dice che adesso quasi di sicuro partirà una volata lunga, quelli meno dotati di sprint finale non solo hanno paura di Gambarotto ma pure di tutti gli altri. A 600 metri dalla fine in effetti parte una volata lunga (600 metri in un tremila sono tanti, non c’è dubbio) e fulminante. C’è un piccolo particolare di questa volata eterna che si concretizzerà in un 600 finale in 1’30”: che è proprio Gambarotto che la lancia che ha deciso che non gliene frega niente di vincere allo sprint finale, vuole vincere con le armi dei corridori di lunghe distanze e va a vincere in 8’40” che anche se non è un tempo stratosferico è comunque una cosa tirata fuori dal cilindro magico per uno che ha già problemi a correre a 3′ per chilometro. Questa gara non passa certamente alla storia per l’8’40” sui 3000 metri (almeno 6 o 7 atleti di quella batteria avevano un personale migliore di quel tempo) ma per il modo beffardo con il quale l’ottocentista ha sfidato e deriso i migliori specialisti dei 3.000 metri del momento.

Sono storie di atletica che fanno un po’ fatica a rinascere ed a riproporsi ma la speranza non è persa del tutto. In ogni caso per apprezzare l’atletica la devi conoscere anche nelle caratteristiche dei vari contendenti, se conosci solo il talento del più forte rischi di non capire quanto avviene a dispetto delle statistiche e delle previsioni di partenza. La statistica conta ma l’atletica non è solo statistica e la leggenda, della statistica, se ne fa proprio un baffo. Gambarotto docet…