MENO COMPITI, PIU’ SPORT

I migliori li fanno fuori, evidentemente danno fastidio. Dal governo giallo verde avevano eliminato il ministro dell’Istruzione che si era dato da fare per la spinosissima questione compiti, in grado di cambiare faccia alla scuola italiana, dall’ultimo governo giallo rosso, notizia fresca di ieri sera, hanno fatto fuori il ministro per lo Sport, reo di aver promesso di metter mano con un progetto organico all’importante questione sport. Di questo nell’attuale governo non c’è più nemmeno traccia, non è stato sostituito da nessuno, mi pare di aver capito che in questo momento probabilmente non ci sia tempo per lo sport, non è urgente, si può procrastinare.

Torno a ribadire che le mie sono critiche sterili sui contenuti e non ce l’ho con le varie correnti politiche, da quel punto di vista sono un grandissimo doppiogiochista, incoerente ed inaffidabile, se qualcuno mi propone qualcosa di razionale può essere di qualsiasi colore, anche viola o fucsia che mi sta bene, non mi va bene quando vengono ignorante cose troppo importanti.

Delle due cose, anche se mi occupo di sport, arrivo a dire che la questione compiti era ancora più importante della questione sport. Non si può fare sport se non c’è tempo per farlo e pertanto prima devi creare le condizioni per poter fare sport e poi puoi occuparti di organizzarlo come si deve.

Arrivo a dire che già risolvere la storica questione compiti era un’ottima mossa per dare notevole impulso allo sport. E’ chiaro che una popolazione che affronta in modo convinto lo sport, e non solo come passatempo, finisce per chiedere una miglior strutturazione dello stesso e pertanto, da questo punto di vista, la questione compiti era veramente una bomba innescata la cui esplosione avrebbe prodotto effetti inimmaginabili.

Vedendola dal punto di vista sport comunque rendere più razionale il sistema di distribuzione dell’attività sportiva implica anche una revisione del sistema scolastico, in primis perché la scuola non può continuare ad ignorare lo sport ad oltranza, ma poi anche perché uno studente che pratica con convinzione lo sport è meno incline a sopportare incongruenze gigantesche nel sistema scolastico.

Quando affermo che delle due questioni la prima è anche più urgente lo dico perché, mentre anche se la questione sport, pur onerosissima, è una questione soprattutto organizzativa, la questione compiti va ben oltre la semplice riorganizzazione dei tempi scolastici, è una questione che mina nelle sue fondamenta tutta l’istituzione scolastica, ormai arcaica e che si fonda su un patto perverso fra docenti ed allievi secondo il quale: “Se studi bene ciò che ti dico io stai tranquillo che prendi voti molto alti”. In una scuola dove il voto comanda sovrano e dove si spende un sacco di tempo per clamorose verifiche di stampo decisamente agonistico (alla fine non conta nemmeno il voto ma conta aver battuto il resto della classe o comunque essersi piazzati in ottima posizione un po’ come in una corsa campestre non conta il tempo ma conta essersi piazzati bene…) il patto di intoccabilità dei contenuti non viene minimamente messo in discussione e così programmi ministeriali obsoleti, carichi di informazioni troppo pesanti in “bit” per essere sostenuti in un anno scolastico, continuano a dettare i tempi di una scuola che lo sport non sa nemmeno dove sia di casa e dove la creazione di spazi e tempi per questo è un problema assolutamente inesistente.

Non so perché sia saltato il ministro dello Sport di quest’ultimo governo che per conto mio stava facendo un buon lavoro, è pure possibile che qualcuno riesca a portare avanti il suo lavoro anche se il fatto che non appaia nemmeno la parola sport nell’attribuzione degli incarichi mi mette un po’ in ansia, ma sul fatto che qualcuno abbia i numeri per portare avanti la questione compiti, dal quale pentolone aveva tentato di sollevare il coperchio il ministro del penultimo governo, nutro seri dubbi. Ho come la sensazione che quel ministro sia stato fatto fuori in modo non casuale e la questione non è più stata riportata in campo anche se il Covid poteva essere un’ottima scusa per rivederla.

Che i compiti siano troppi è la matematica a dirlo, non è una questione filosofica. Girate per le case italiane di pomeriggio e guardate cosa succede. Osservate se nella maggior parte delle case i ragazzi sono assenti perché sono giustamente a praticare sport da qualche parte o notate se per caso non sono a casa a fare compiti infiniti in grado di occupare un intero pomeriggio. E’ chiaro che è anche una questione di genitori. E non sto assolutamente dicendo che i genitori devono intromettersi nelle questioni scolastiche, al contrario questo è uno dei cardini del mio modo di vedere una scuola nuova. I genitori devono stare fuori dalla scuola, solo in questo modo ci può essere qualche speranza che i ragazzi prendano il coraggio a due mani e provino a riformarla, provino a fare ciò che i giovani di 50 anni fa non sono riusciti a fare perché si sono schiantati contro ideologie politiche che non potevano farli crescere.

Il genitore che si mette personalmente a trattare la questione compiti con i docenti è devastante perché ammette implicitamente la liceità di quell’ aborto culturale che è il registro elettronico che è una cosa pazzesca, contraria ad ogni principio di privacy e che sarebbe da telefono azzurro perché se un ragazzino non è nemmeno libero di rimediare una sana insufficienza che a casa lo sanno subito siamo veramente in un clima di repressione degno della miglior dittatura. Ti credo che quel ragazzino poi senta il desiderio di fare qualche cretinata di nascosto per rivendicare un suo diritto personale all’esplorazione, all’autonomia nei confronti del mondo dei grandi. Così si baratta il controllo sui voti scolastici con cose pericolose che forse sono anche un po’ più aberranti della classica canna dei tempi andati.

Il genitore deve fare il genitore e basta e deve aver cura della salute di suo figlio. Se vede che il ragazzo sta a casa troppo tempo e non pratica sport deve solo aiutarlo in quel senso e fare in modo che il ragazzo possa praticare sport nel  modo più razionale possibile. Se non ci sono soldi per fargli praticare una qualche attività sportiva perché al giorno d’oggi lo sport difficilmente è gratuito, quello è un problema grosso come una casa e comunque deve essere affrontato in qualche modo in famiglia, l’opzione non è certamente che il ragazzo resti a casa a rimbecillirsi di compiti tutti i pomeriggi aspirando a diventare un nuovo Leopardi. O meglio, ci saranno anche i ragazzi con quell’aspirazione e non possiamo certamente costringerli a fare sport e cacciarli fuori di casa ma, insomma, ai miei tempi i “secchioni” erano al massimo due o tre per classe, non erano certamente 12 o 15 e venivano oserei dire giustamente (diciamo almeno “fisiologicamente”) emarginati ed i normali erano gli altri e non certamente loro. Adesso un ragazzo che pratica sport tutti i giorni, è un “secchione” dello sport (come se fosse una cosa assurda allenarsi tutti i giorni) ed a scuola è emarginato perché non ce la fa a tenere il ritmo degli altri che si ammazzano regolarmente di compiti tutti i pomeriggi.

Solo se i genitori stanno fuori dalle questioni scolastiche e si occupano davvero dell’attività sportiva dei loro figli (e non del registro elettronico) c’è qualche possibilità che questa scuola possa evolversi ed allora un ministro che si occupa della questione compiti può anche essere elegantemente sollevato dal suo incarico ma a quel punto i ragazzi hanno avuto l’appoggio per affrontare la questione. Tale problema deve essere risolto dai ragazzi a scuola e se loro non hanno il coraggio di affrontarlo è una questione molto grave perché vuol dire che hanno perso la speranza di creare una loro via alla costruzione del futuro ed invece accettano in modo acritico, come oro colato, un futuro che noi abbiamo costruito per loro, illusi del fatto che possa essere il futuro ideale.

Sono questi ragazzi che, una volta che hanno imparato a pensare, poi possono anche accorgersi che un governo è incappato in una clamorosa svista: si è dimenticato di accennare alla delega allo sport nell’assegnazione degli incarichi. Se, fra un compito e l’altro, hai anche il tempo di pensare ti accorgi anche di queste cose e se sei giovane, sano e pieno di energie le sottoponi anche all’attenzione di chi, meno sano, meno giovane e meno pieno di energie, può anche commettere qualche errore.

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