LETTERA AD UN PROFESSORE

Non che abbia la presunzione, con questo titolo, di parafrasare uno di quelli che io ritengo uno dei pezzi più importanti (attenzione che ho scritto “importanti” e non “belli”) della letteratura del secolo scorso ma il senso è proprio quello nel senso che la lettura di “Lettera ad una professoressa” di Don Milani e dei ragazzi della scuola di Barbiana mi aveva proprio scioccato. E dunque anche se qui lo scrittore è proprio straccio, anzi non è nemmeno uno scrittore ma un insegnante di educazione fisica il rischio di pensare che mi sia ulteriormente girata qualche rotella e voglia riprendere quello stile c’è. Lo stile non può essere quello, non ce l’ho uno stile ma nell’inventare questo titolo mi è venuto inesorabilmente alla memoria quello ben più importante, non diciamoci balle.

“Lettera ad un professore” è più sintetica (questa è la vera rivoluzione, PTG “sintetico”…) ed è un ringraziamento ad un professore (non lo era “Lettera ad un professoressa”) ed una critica piuttosto disperata alla società attuale ed alla scuola attuale (lo era un po’ anche “Lettera ad una professoressa”).

La mia lettera oltre che un ringraziamento è anche il riscontro di come il  mio splendido professore di topografia (distruggiamo un po’ la privacy…) facendo in modo egregio il suo mestiere (in modo egregio come lo intendo io…) sia riuscito a mettermi nella merda. E dunque è una lettera un po’ strana perché sinteticamente (e dagli con sta sintesi, se ripeti troppe volte che è sintetica alla fine non lo è più…) lo ringrazio di avermi messo nella merda.

Parto da distante (ma basta! Avevi scritto che eri sintetico!). Siamo nei tempi nei quali un politico di quelli da tanti voti che teoricamente non dovrebbe essere un pagliaccio ha il coraggio di andare in televisione a dire che è ora di finirla con questi ideali, basta ideali, bisogna essere concreti e pragmatici e non farsi bloccare dagli ideali. Stiamo vivendo un’epoca di una pochezza, per non dire inesistenza, di ideali storica e questo va a raccontarci che abbiamo troppi ideali. Dove sono gli ideali? Bisogna calpestare i diritti dei cittadini per far andare avanti l’economia? Bisogna tornare alla Servitù della Gleba perché altrimenti questo sistema economico rischia di collassare del tutto?

Gli ideali sono ormai del tutto assenti. Ieri alla cena della classe, quando sono andato via e qualcuno ha chiesto: “Cosa votate alle prossime elezioni?”, andando via e rispondendo a voce alta ho detto: “Io voterò Democrazia Proletaria” e qualcuno centrando il problema ha commentato: “Anche Democrazia Cristiana, al limite!”. Certo anche Democrazia Cristiana ma questo è ciò che ho pensato dopo quando ormai stavo raggiungendo la mia vecchia auto perfettamente inquinante ma comunque meno inquinante di auto costruite 20 anni dopo ma che non hanno avuto il coraggio di far andare con alimentazioni che danno fastidio a questo sistema economico (il riferimento all’elettrico è assolutamente ricercato).

Non penso che sia questo il più grosso degli scompensi che mi ha creato l’indottrinamento del mio professore di topografia. Se fosse per questo tutto sommato non la pago più di tanto. Ho questa auto vecchia che non è alla moda e che non mi consente di passare da “zero a multa” in pochi secondi perché andando con un carburante ecologico (il metano, a parte l’elettrico è l’unico che forse in qualche modo si salva) è necessariamente lenta. Non riesco mai a vincere una sfida ai semafori e non riesco mai ad essere il primo che rischia di ammazzare lo scooterista che è passato con il giallo dall’altra parte. Vabbè se fosse per questo non sarei nemmeno penalizzato più di tanto. No, il problema è proprio a monte, non su questi dettagli. Il problema è sugli ideali che il buon politico contemporaneo ci dice di cacciare dalla nostra testa come messaggio demoniaco nell’intento di salvare questa splendida società del Dio capitale.

Il problema è che io che idealmente sono davvero un vecchio democristiano rischio di passare per attivista di Democrazia Proletaria (che non esiste più da chissà quanti anni), il problema è che il papa che tenta di far sopravvivere gli ideali cristiani viene definito comunista. Una volta il comunista era chi voleva il potere operaio. Adesso il comunista è chi si appella agli ideali cristiani per far capire che veramente nell’esasperazione della logica del consumismo (che strano che aggiungendo una “s” invece di crollare in tutto il mondo va a gonfie vele…) siamo finiti nella cloaca culturale.

Il professore di topografia mi ha creato grossi problemi nel momento in cui mi ha fatto capire che può esistere una scuola che trasferisce qualcosa in più delle semplici informazioni. Il professore di topografia ha avuto il grosso torto di spiegarci che la topografia non è il problema della vita e che se proprio il problema fosse quello lo risolvi in in fretta, la topografia è una scienza “quasi” esatta (diciamo “quasi” per non rendere torto a nessuno) e pertanto non ci sono grandi discorsi da fare, controlli che tutto vada bene ed il giochino è fatto. E’ molto difficile sbagliare con la topografia, ci vuole una mente un po’ perversa per riuscire a sbagliare con la topografia. Sono altre le scelte alle quali ci chiama la vita nelle quali è molto facile sbagliare e non è certamente necessario avere una mente perversa per sbagliarle. Il torto dell’insegnante di topografia è stato di trovare il tempo per spiegarci che è importante vivere e non sopravvivere e pertanto la topografia era solo un piccolo dettaglio di tutte le cose che dovevamo cominciare a pensare per “scoprire” la nostra esistenza. Il nostro torto è stato quello di ascoltarlo perché durante topografia non volava una mosca ed io stesso, che molto spesso a scuola dormivo perché stavo recuperando l’allenamento un po’ troppo consistente della sera prima, non mi addormentavo un secondo, ci perdevo letteralmente il sonno e non perdevo una battuta. Poteva sfuggire una formula di topografia, l’avrei trovata sul  manuale (come diceva sempre il profe “Se avete dubbi sulle formule le controllate sul manuale, non è che ci siano questi grossi problemi filosofici da risolvere…”) ma non poteva sfuggire la parte portante della lezione del profe di topografia (la lezione del “profe di topografia” non la lezione di “topografia” e basta, questo è il dettaglio importante…) perché non l’avrei mai trovata sul libro.

Il grosso torto del profe di topografia è stato quello di dimostrarci che una scuola così, una scuola che non racconta le bugie, può esistere, basta trovare professori che riescano ad emergere dal fango dei programmi ministeriali e che trovino il coraggio di affrontare l’argomento educazione che è quello che nella nostra scuola pare quasi vietato. Non si può parlare di educazione perché bisogna svolgere i programmi ministeriali. Cosa pretendi, che ci sia spazio addirittura per una cultura degli ideali? Dopo ci stupiamo se arriva il lungimirante a dire che dobbiamo finirla con questi ideali e prende pure gli applausi della platea che è proprio convinta che gli ideali siano solo una rottura di balle e insomma bisogna fare andare avanti l’economia e basta.

Non potrò votare Democrazia Proletaria perché non esiste più. Non l’avrei votata lo stesso perché non sono di quell’area politica. Però davvero siamo a dire che si stava meglio quando si stava peggio. Lasciamo perdere gli estremismi che hanno fatto il loro tempo, ma lo vedete voi sulla scena politica un partito che abbia davvero degli ideali alla base dei suoi programmi? Se lo vedete spiegatemi come si fa perché nel programma di topografia non l’ho imparato e questa è l’ennesima colpa di un profe che si è allargato troppo senza insegnarci la cosa fondamentale e cioè che chi comanda ha sempre ragione. Se chi comanda dice che gli ideali sono idee ingombranti vuol dire che bisogna reprimerle. “Lettera ad una professoressa” era una lettera completamente sbagliata. Molto sinteticamente bisognava solo scrivere “Certo professoressa, ha sicuramente ragione, non c’è nessun dubbio!”. Non esistendo quella lettera non sarebbe esistita nemmeno questa, breve, caotica ma soprattutto intrisa della perfida presunzione che la scuola può e deve assolutamente essere migliorata, oggi molto più di allora.