LE “SUPERCICLABILI” AD UN PASSO DALL’UTOPIA

Io spero che i passi fra le “superciclabili” e l’utopia siano molti di più e che accostare il concetto di utopia al bel nome di “superciclabile” sia solo esercizio di cattivo gusto. Purtroppo il titolo che mi viene in mente istintivamente per commentare la terza giornata del bel simposio digitale “Mobilitars”  ben organizzato da www.bikeitalia.it è proprio questo. Ho assistito volentieri anche alla terza giornata del simposio e devo ammettere che la relazione che ha colpito di più la mia fantasia è stata proprio quella sulle “superciclabili”.

Le superciclabili sono obiettivamente un passo un po’ oltre quanto abbiamo la fantasia di immaginare noi in tema di ciclabilità ed istintivamente mi viene da pensare ad un sistema che praticamente è ancora all’anno zero o quasi. Praticamente con le superciclabili riusciremmo a risolvere i problemi dei superproduttori che sono quei soggetti in età compresa fra i 20 ed i 50 anni circa che sono impegnati a lavorare a ritmi frenetici, che sono quelli che si impegnano ad alzare il PIL del paese, in parole un po’ più tristi sono anche quelli che si impegnano a fare in modo che lo stress sia un argomento molto ma molto importante di questo paese. Se vogliamo davvero coinvolgere questa classe di utenza nei problemi di ciclabilità dobbiamo  ragionare in termini di “superciclabili” perché per loro contenere i tempi di spostamento è un obiettivo imprescindibile, altrimenti si rallenta la produttività, il PIL non cresce come dovrebbe crescere e pertanto il paese va allo sfascio.

Con la superciclabile finalmente il ciclista si sposta in città più velocemente dell’automobilista. Fino ad ora questa era una cosa raccontata dai ciclisti per fare in modo che molti automobilisti si convertissero alla bici ma la realtà vera è che purtroppo auto e scooter sono ancora i mezzi più rapidi nella maggior parte delle città italiane. Il motivo è presto svelato, non ci vuole una gran fantasia ad intuirlo: tutte quelle attenzioni che sono rivolte al traffico privato motorizzato non sono concentrate anche sulla viabilità ciclabile e sul trasporto pubblico. Non esistono politiche di rallentamento del traffico motorizzato privato, al contrario si fa di tutto per velocizzarlo, non ostacolarlo ed in molte città le fondamentali zone 30 non sono sufficientemente diffuse.

Ma cos’è questa “superciclabile”? Concettualmente non è una cosa fantastica ma all’atto pratico è forse l’unica mossa che potrebbe far fare un salto di qualità all’uso della bici in Italia. Praticamente la superciclabile è una strada a scorrimento veloce per le biciclette progettata proprio per chi ha fretta, una specie di autostrada per le biciclette costruita più o meno con quello spirito. Come l’automobilista che ha fretta piglia l’autostrada, così il ciclista (io aggiungo “un po’ stressato”…) che ha fretta piglia la superciclabile e può superare tutti i ciclisti lenti (vecchi, bambini, sfaccendati e buontemponi…) che se la prendono comoda.  Ovviamente la superciclabile non è una pista ciclabile o peggio ancora una “corsia ciclabile” di poco più di un metro di larghezza come se ne vedono tante in Italia ma è una vera e propria strada ciclabile bella larga con tanto di corsia per il sorpasso e ampio spazio per un vero doppio senso di circolazione senza intralci. Molti saranno d’accordo con me che accostare questa mega idea al concetto di utopia purtroppo non è molto azzardato, in ogni caso io sono convinto che sia opportuno discuterne. Alla base del concetto della superciclabile c’è comunque un concetto di “competitività” del traffico ciclabile rispetto a quello automobilistico che non può essere ignorato. Purtroppo è terribilmente vero che molti lavoratori anche nell’età della massima efficienza fisica (che non hanno alcun limite “atletico” all’utilizzo della bicicletta) continuano ad usare il mezzo a motore per contenere i tempi di spostamento. La supeciclabile andrebbe a perfezionare la diffusione della bici elettrica che anche grazie al recente bouns ha avuto un buon incremento di vendite e di diffusione sul nostro territorio. Con la superciclabile mi tocca scrivere di bici elettrica in un modo un po’ diverso da quello che sono solito farne io ma comunque è un’opzione da valutare. Io dico sempre che la bici elettrica va considerata per il fatto che ti rende sopportabili fatiche che per soggetti in non perfetta forma fisica potrebbero anche essere un po’ gravose nell’utilizzo comune della bici su certi percorsi con le superciclabili è giusto ammettere che la bici elettrica può essere anche quello strumento che ti può aiutare ad attraversare l’intera città. diciamo dieci chilometri circa, in poco più di venti minuti andando a precedere nettamente un’autovettura pur avvantaggiata dagli arcaici privilegi che molte città le concedono ancora.

Non sono il personaggio più idoneo a caldeggiare questa scelta ma è evidente che se per piazzare bene le bici nelle nostre città è fondamentale coinvolgere quella classe dirigente che non smonta dall’auto fin tanto che non trova un mezzo più veloce allora ben venga anche la superciclabile dove fili scorrevole pure con la bici elettrica senza mettere a repentaglio la salute di vecchi e bambini.

Non posso non aggiungere che in quel modo saremmo certamente riusciti a trasferire la maleducazione dalle strade per le auto a quelle per le bici. Ma mentre la maleducazione nelle strade per le auto  (che usano anche le bici) fa morti, quella sulle piste ciclabili potrebbe fare al più qualche ferito o anche qualche scazzottata da Far West di quelle da cinema. A livello spettacolare sarebbe senz’altro più valida e meno tetra della maleducazione killer.

Fra le varie relazioni del simposio ne ho sentita anche una che rendeva giustizia a molti dei miei pipponi su questo sito. Trattando dei problemi tecnici legati alla costruzione delle piste ciclabili un relatore diceva che sono ben poca cosa. Abbiamo avuto ingegneri che hanno fatto cose incredibili per far fluire le auto dappertutto nel modo più veloce possibile, figuriamoci se non ce ne sono anche di quelli in grado di inventarsi soluzioni razionali e fluide anche per il traffico ciclistico. Il problema, affermava tale relatore, è più che altro politico e non solo politico ma anche filosofico e sociologico. E su questo sono perfettamente d’accordo. Tornando sulla competizione fra auto e bici se il sistema migliore per rendere competitiva la bici è fare in modo che possa girare liberamente dappertutto il sistema indiretto per far comunque vincere la bici anche se non ci sono le strutture per raggiungere l’obiettivo è quello di rallentare il traffico automobilistico e quella è una scelta politica fortemente impattante che una volta che è stata decisa è una fesseria riuscire ad attuare. Pertanto se la volontà politica è forte e la necessità di dare impulso alla ciclabilità è impellente non è necessario attendere che sia pronta tutta una rete ciclabile efficiente che faccia scorrere le bici in città come una palla da biliardo sul tappeto verde ma basta rallentare il traffico automobilistico promettendo a tutti gli automobilisti che quando sarà implementata la rete ciclabile forse si potrà tornare a togliere qualche vincolo al traffico automobilistico (ovviamente solo se questo diminuisce altrimenti ci si trova al punto di partenza…). Non si rallenta il traffico automobilistico per danneggiare gli automobilisti, lo si fa perché c’è la necessità di promuovere una nuova mobilità. Alla fine, anche quelli che proprio non possono usare la bici e sono decisamente costretti ad usare l’auto ne trarranno beneficio ma solo se chi può usare la bici avrà capito che il grande momento è arrivato.