LE MAPPE CEREBRALI NON SI CANCELLANO MA BISOGNA INVENTARSI QUALCOSA PER FARLE EVOLVERE

La fantasia, la grande assente nei nostri tempi di telefonino ed informazione preconfezionata con lo stampino.

Facciamo fatica ad inventare, a metterci qualcosa di veramente nostro nelle cose, bombardati da una miriade di stimoli ai quali siamo costretti a reagire per difesa in modo automatico, senza pensarci e così siamo disallenati a pensare a creare con le nostre capacità perché dobbiamo sempre esclusivamente reagire a stimoli esterni invece che creare. I veri creativi finiscono per essere quei pochi eletti che comandano gli stili di vita in base a scelte di mercato perché tutti gli altri sono costretti a reagire per risposta.

E così accade anche nell’attività fisica dove i veri creativi sono una razza in estinzione e si ragiona in base a protocolli e dogmi ufficialmente riconosciuti.

Se c’è una cosa fantastica nell’attività motoria è l’assoluta indeterminatezza dunque incontestabilità di ogni scelta metodologica, La teoria dell’allenamento sportivo non è una scienza ma un’arte e come tale può essere apprezzata o meno ma non contestata e/o delegittimata.

L’allenamento sportivo come ogni altra attività umana marca le mappe cerebrali e più che i vari adattamenti muscolari che sono anche abbastanza facilmente modificabili nel corso della carriera sportiva sono proprio queste mappe a determinare la qualità della prestazione. Marcare le mappe cerebrali per creare gli adattamenti necessari al perfezionamento sportivo è senz’altro la via più efficace e più breve per innescare nuovi miglioramenti. C’è un piccolo problemino, che queste mappe tendono a consolidarsi e vista nell’aspetto positivo è una cosa vantaggiosa perché non sono come il muscolo che si gonfia o si sgonfia in un amen a seconda della quantità di allenamento, vista in senso meno positivo se vuoi modificarle per migliorare ulteriormente il gesto sportivo devi inventarti qualcosa anche perché per quanto sopra esposto la soluzione non la trovi scritta sui libri.

Senza fantasia non si mappano in modo nuovo e vincente le mappe cerebrali e allora è proprio il caso di riappropriarsi di quello spirito pionieristico che animava le scelte dei tecnici di un tempo, sempre curiosi ma meno rispettosi di un certo tipo di letteratura sportiva che si sapeva benissimo che veniva messa su carta da tecnici che a volte avevano anche una striminzita esperienza di campo.

Adesso le cose sono cambiate e anche se un tecnico ha poca esperienza di campo basta che pubblichi qualcosa di conforme alle direttive dei grandi sistemi organizzativi che diventa un luminare degno di grande attenzione.

Come molte volte accade si tratta di scegliere se percorrere strade già percorse o se cercarne di nuove, meno sicure ma non meno entusiasmanti. Se vogliamo la via del pionierismo non è nemmeno molto nuova perché era la più in voga e la più di moda mezzo secolo fa, prima che la via del doping prendesse il sopravvento grazie ad investimenti colossali che hanno avuto il torto di inquinare in modo drammatico le metodologie di allenamento.