LA MOTIVAZIONE AGONISTICA NELLO SPORT VERAMENTE DILETTANTISTICO

Intanto una precisazione doverosa. Per agonismo veramente dilettantistico intendo quello dove l’atleta non percepisce il becco di un quattrino dalla sua attività agonistica e dove di conseguenza l’esito della competizione, il “risultato”, non cambia assolutamente il suo portafoglio qualsiasi sia l’esito della stessa, né in modo diretto (premi che arrivano conseguentemente al risultato) né indirettamente (possibilità di gareggiare in un certo ambito dove prima o poi in qualche modo un certo compenso arriva anche senza vincere). In breve, per esempio,  non ritengo veramente dilettanti tutti quegli atleti appartenenti alle squadre sportive militari che pur percependo compensi assolutamente razionali e adeguati al loro impegno (nessuna follia da divi osannati dalle masse) non possono comunque essere definiti dilettanti perché sulla loro attività agonistica ci campano.

Detto questo voglio trattare di motivazione agonistica riferita allo sport veramente dilettantistico perché questa, proprio nel momento in cui non ha a che fare con logiche legate alla sussistenza del soggetto, ha natura completamente diversa.

Premetto anche che, tanto per cambiare, le considerazioni che seguono mi sono state suggerite da osservazioni di una filosofa che se non fosse per il corona virus (che mi concede un sacco di tempo per divagare nell’informazione) quasi certamente non avrei avuto modo di ascoltare. Questa in sintesi ed in modo interessante afferma: “Fate molta attenzione alla motivazione perché ai giorni nostri è molto di moda, c’è pieno di motivatori in giro, tutti che dicono che “devi” essere motivato perché senza motivazione non si va da nessuna parte, la motivazione è fondamentale e se non sei motivato sei un emerito pirla”.

Allora, tale discorso ha solleticato la mia fantasia, lo trovo molto sensato e come minimo interessante e con un moto istintivo mi ha fatto sentire appartenente alla categoria dei motivatori. In breve mi sono sentito un pirla anch’io ed è per questo che ne sto scrivendo. Quante volte io ho affermato che la motivazione è fondamentale, probabilmente avrò pure scritto che “la motivazione è tutto”.

Non sono qui a rinnegare quanto scritto fino ad ora ma è giusto analizzare un altro aspetto della motivazione. E’ proprio perché la motivazione è importantissima che deve essere analizzata con circospezione, a fondo e non in modo superficiale.

Devo fare il solito esempio scemo per risparmiare parole. Anche il sale è importantissimo, senza sale non si campa, se sparisce il sale dalla terra sopravviviamo gran poco. Però il sale non ci va nel caffè. Il sale nel caffè fa schifo.

La motivazione anche nello sport dilettantistico è fondamentale, arrivo a dire che è quasi più importante che nello sport professionistico. Nello sport professionistico non è necessaria questa grande motivazione, se vuoi portare i soldi a casa devi vincere, altrimenti devi cambiare mestiere. Semmai è un po’ curiosa questa motivazione perché può essere più forte per i campionissimi che prendono cifre stratosferiche dai loro successi ma, per certi versi, potrebbe essere essenziale per il professionista mediocre che se non ottiene risultati urgentemente non sta a galla.

Nello sport veramente dilettantistico la questione è molto diversa eppure c’è una forte motivazione agonistica, se fosse necessario dimostrarlo basta rilevare che la maggior parte degli atleti che vengono pescati positivi all’antidoping sono dilettanti veri.

Per non prendervi in giro è necessario che faccia una precisazione su questa cosa. In realtà la percentuale degli atleti professionisti che fanno uso di farmaci è probabilmente venti o trenta volte superiore a quella dei dilettanti solo che mentre l’antidoping smaschera quasi tutti i dilettanti non smaschera quasi nessun professionista per evidenti e clamorosi limiti dell’istituto dell’antidoping. Detto questo è pur vero che ci sono anche tanti dilettanti che fanno uso di farmaci per incrementare la prestazione sportiva (e forse l’antidoping esiste solo per questi visto che di professionisti non riescono a pigliarne che la minima parte) e questo fa capire che oltre che un gran numero di pirla c’è anche una forte motivazione al risultato anche nello sport dilettantistico. Chiariamo anche un altro aspetto per non screditare il mondo dello sport dilettantistico (che, piccolo inciso, per conto mio è il  “vero” sport, quello che rispetta di più l’etimologia della parola) e diciamo che i soggetti fortemente motivati al risultato sono tantissimi, decisamente molti di più di quelli che arrivano alla insana cretinata di assumere farmaci per incrementare il rendimento sportivo.

Allora io, confermandomi autentico pirla, sono qui a sostenere la ragionevolezza di questa forte quanto diffusa motivazione e sostengo pure che se è ancora più forte non c’è nulla di male. Le esagerazioni devono essere sempre evitate e per esempio io mi arrabbio con quei master, magari molto su con l’età, che con un eccesso di agonismo creano la problematica delle non idoneità alle visite mediche. Se l’Italia, in modo assurdo, è il paese che blocca più atleti alla visita agonistica in tutto il mondo invece che incentivare alla sana pratica agonistica la maggior pare dei cittadini di tutte le età, penso che ciò dipenda dalle gesta di una minoranza di atleti di queste categoria che con un atteggiamento un po’ irresponsabile rischiano di screditare la filosofia della gran parte del movimento. A mio parere il movimento sportivo agonistico master è un inno alla salute e se qualcuno non l’ha capito non è giusto che procuri ostacoli a chi si serve di questa fantastica attività  nel modo migliore. Nel calcio ogni tanto qualche giocatore entra a gamba tesa commettendo un pericoloso fallo che spesso viene sanzionato con l’espulsione. Non per questo si buttano fuori tutti gli atleti che potenzialmente sono in grado di commettere tale pericoloso fallo.

La motivazione è opportuno che sia elevata compatibilmente con le proprie possibilità prestative. Se il novantenne per vincere comincia ad allenarsi un po’ più intensamente non ha capito nulla, se lo fa il quarantenne il discorso è molto diverso e, sempre che questo non inizi ad allenarsi due volte al giorno come non ha mai fatto in vita sua, la mossa può essere anche azzeccata. Quando l’agonismo forte motiva il ventenne che si allena tutti i giorni questa è una cosa sanissima ed auspicabile perché il ventenne non può accontentarsi di fare attività sportiva due volte alla settimana come la può fare un quarantenne con la panza. A vent’anni l’agonismo non è solo consigliato ma direi necessario per praticare una giusta attività fisica. Sono anche convinto che un ventenne che non pratica sport agonistico sia potenzialmente pericoloso nel mondo del lavoro perché entra nello stesso con una foga agonistica che è addirittura imbarazzante. L’eccesso di competizione nel mondo del lavoro dipende anche dal fatto che troppi giovani si buttano dentro tralasciando tutto e rinunciando a vivere, tale atteggiamento, se in un primo tempo può essere vantaggioso, in un secondo tempo tende a creare una forma mentis secondo la quale il mondo del lavoro è quel mondo dove se ti distrai un attimo tutti sono pronti a fregarti. Non si capisce se è nato prima l’uovo o la gallina. I giovani sono così arrembanti perché il mondo del lavoro cerca solo giovani così motivati oppure sono loro che con il loro atteggiamento troppo “agonistico” hanno reso eccessivamente competitivo il mondo del lavoro?

Il problema forse nasce a scuola e in tal senso confermo il mio anatema quando sostengo che a scuola c’è un eccesso di competizione che andrebbe trasferito dai banchi alla struttura sportiva. Ma la scuola italiana è strutturata così, lo sport si e no che esiste perché praticamente non è organizzato dalla scuola e lo studente italiano è un soggetto che va a scuola per rimediare i migliori voti più che per imparare più possibile. L’istituto della valutazione scolastica è talmente potente che è sopravvissuto addirittura all’attacco del corona virus. Sì e no che riescono a far lezione ma trovano ancora il tempo per dare una valutazione. Pare quasi che fare scuola sia dare una valutazione più che insegnare ed insegnare a pensare.

Tornando sulla motivazione dopo questi voli pindarici che per quanto pindarici a questo punto potrebbero avere il merito di aver inquadrato in modo più chiaro tutta la problematica, io sostengo che sia fondamentale per qualificare l’attività sportiva e renderla importante quanto deve essere. Importante a 90 anni perché è importante trovarsi per vedere chi è sopravvissuto, non per vincere, importante a 20 anni perché a 20 anni è importante anche vincere non per diventare dei professionisti ma per vivere, altrimenti le uniche emozioni di successo saranno confinate in ambito scolastico o lavorativo dove possono essere anche un po’ utili ma non devono essere esasperate per non stritolare la società.

Non sta scritto da nessuna parte che “bisogna” essere motivati, però se si è motivati all’attività sportiva è molto meglio, la motivazione è il motore dell’attività sportiva e quella che consente di svolgerla con entusiasmo. Siccome (e questo è il punto centrale di tutto il discorso) muoversi è importante se riusciamo a muoverci grazie allo sport ci muoviamo in modo divertente. L’alternativa è scaricare tutta la motivazione sulla professione, a quel punto motivazione per lo sport ne resta poca e resta possibile andare a chiudersi in una palestra per buttare giù la panza. Piuttosto che stare fermi va bene anche quello, ma la motivazione di un ventenne non può essere la stessa di un quarantenne perché allora vuol dire che c’è qualcosa che non torna. Soprattutto quando ci accorgiamo che ci sono molti quarantenni che improvvisamente si rendono conto di aver sbagliato qualcosa e sono pure capaci di tornare in pista con lo spirito che non hanno avuto a vent’anni. Ad ogni frutto la sua stagione. Lo sport va bene a tutte le età sempre con una bella motivazione che ad ogni età avrà la sua connotazione e forse dopo tutte queste parole mi permetto di dire che la motivazione più che forte deve essere bella. E’ bella la motivazione del ventenne che vuole vincere anche se non è un professionista e per far questo si allena di più, è bella la motivazione del novantenne che vuol far vedere che c’è ancora e per questo va alle gare anche se sono in tanta malora. Vanno incentivati entrambi perché la salute si cerca anche in questo modo.