LA MAGIA DI SPARWASSER

Televisioni e politica si autotutelano e anche se noi crediamo che siano degli strumenti per farci vivere meglio in realtà sono dei sistemi che vivono di luce propria, a volte altamente prevedibili e che alcune volte se ne fanno proprio un baffo delle esigenze della comunità perseguendo essenzialmente fini di autotutela. Molte volte avremmo bisogno di un altro tipo di informazione, di un altro tipo di politica ma non sono disponibili perché passa essenzialmente ciò che garantisce la miglior sopravvivenza di questi sistemi che si autoperpetuano.

Lo sport anche se vive dinamiche molto complesse è un po’ diverso e talvolta può lasciare spazio alla magia dell’imprevisto. Tale cosa può accadere un gran numero di volte nello sport autentico delle periferie e talvolta anche nello sport spettacolo che ha numerosi passaggi televisivi. Un episodio un po’ datato, per certi versi irripetibile, riguarda un calciatore della ex Germania Est e risale nientepopodimeno che al 1974.

Per contestualizzare l’episodio bisogna premettere che i tedeschi dell’Est erano i cugini sfigati di quelli dell’Ovest, erano quelli che dopo la seconda guerra mondiale erano finiti sotto la protezione dell’Unione Sovietica e pertanto erano quelli che avevano avuto uno sviluppo un po’ più lento rispetto a quelli dell’Ovest divenuti in breve la “locomotiva” d’Europa. I tedeschi Est, per dire, erano quelli che non potevano fuggire ad Ovest perché c’èra il famoso muro e se qualcuno ci provava in qualche modo un po’ fantasioso a scappare poteva anche essere abbattuto a mitragliate.

Nel contesto della guerra fredda fra sistema capitalista e sistema comunista si gioca anche una guerra sul piano sportivo. Lo sport è una grande propaganda ed il blocco sovietico ci si tuffa con grande slancio offrendo un sfida di altissimo livello al blocco occidentale. Tale sfida è particolarmente accentuata nell’ambito degli sport olimpici dove gli sforzi di programmazione del blocco sovietico per offrire un grande numero di campioni sono abilmente pianificati e producono una corsa ai record ed al miglioramento delle prestazioni sportive che forse non ha eguali nella storia dello sport. Non è così in tutti gli sport e per esempio il grande calcio resta un po’ fuori da questa lotta in quanto viene ritenuto sport tipicamente occidentale e pertanto meno interessante per questo tipo di propaganda. E’ come se ci fosse un tacito accordo secondo il quale la grande sfida sportiva viene giocata solo in certi ambiti ma non in altri. E’ tale lo spirito che bisogna comprendere per ricreare il clima dell’incontro di calcio Germania Ovest contro Germania Est dei mondiali di calcio disputati in Germania Ovest nel 1974. Il 22 giugno di quell’anno si sfidano ad Amburgo le due nazionali in un incontro che tutto sommato poteva anche avere uno scarso significato perché entrambe le squadre erano già qualificate per il turno successivo. Il condizionale è d’obbligo perché a volte nello sport le classifiche, i piazzamenti, l’essere qualificati o no non conta proprio nulla, ci sono ben altre cose a far da sfondo, i parametri non sono quelli della televisione e della politica dove l’audience ed il risultato elettorale sono determinanti, qui il risultato passa in secondo piano perché le dinamiche sono di tutt’altro tipo. E con questo spirito che la partita Germania Ovest – Germania Est scorre indolore per oltre un’ora ed un quarto. Poi però succede qualcosa che ha a che fare con la politica, pure con l’oppressione, potremmo anche chiamarla sfiga per certi versi, ma in una parola sola ci tocca definire magia dello sport.

Il calcio non rientra negli sport per i quali la DDR, la Germania Est, ha programmato di stupire il mondo, non rientra in quegli sport dove il blocco sovietico ha deciso che la propaganda è molto importante e bisogna far vedere al mondo intero l’efficienza del sistema comunista. Pertanto il calcio è lasciato un po’ ai margini in tale contesto, ad una sana improvvisazione, la partita si gioca ma si può dire che non vive il classico clima della guerra fredda, è una formalità che la squadra del blocco occidentale (che dopo, non a caso vincerà il titolo mondiale) si appresta ad espletare con poco clamore. Ma il clamore fra due nazioni simili è inevitabile perché qui ci sono i cugini sfigati, quelli comunisti che non possono scappare dalla DDR contro i cugini ricchi che in pochi anni si sono rimessi in modo splendido dalle ferite della guerra, interpretano il sistema capitalista alla grande e stanno facendo vedere al resto del mondo con che efficienza funziona questo sistema. Accade che al 77° minuto di quell’incontro particolare tale Jurghen Sparwasser mezz’ala della DDR segni un bel gol e quel gol è forse uno dei momenti più importanti della storia dello sport di tutti i tempi. C’è uno stadio quasi tutto muto a vedere quel gol, i tedeschi dell’Est sono si e no la decima parte di quelli dell’Ovest in quello stadio, si gioca ad Amburgo. E però quei pochi impazziscono come impazziscono i giocatori in campo in un tripudio incontenibile come impazzisce una intera nazione davanti alla televisione a vedere quella partita che doveva contare poco.

Quel gol è il simbolo di un riscatto sociale, anni di oppressione che si riscattano in un gol e qualcuno potrebbe dire che tutto doveva confluire in quel gol. Perché è esistita una DDR che ha commesso errori storici clamorosi e che ha fallito clamorosamente un piano sociale che doveva portare a ben altri obiettivi? Perché doveva arrivare quel gol. E’ chiaro che questa è pura follia e non potrà mai esistere un gol che riscatta un popolo ma se nelle disgrazie emergono anche i momenti di gioia profonda in quella oppressione epocale quel goal è un bagliore accecante che ha scosso i sentimenti di una intera nazione.

Lo sport ha di queste magie e si trovano ancor più nei campi di periferia che negli incontri che vanno in televisione. Trattando di un qualcosa che la televisione ha avuto il merito di trasmettere a tutto il mondo il gol di Sparwasser è quell’imprevisto che si concretizza in una situazione più unica che rara.

E’ successo quasi 48 anni fa e mi va di raccontarne stasera che è una triste serata di televisione e politica autoreferenziali. Mi consolo con vicende dello sport di 48 anni fa, si vive anche di ricordi.